Pescatori d'Islanda/Parte I/Capitolo VI

Da Wikisource.
Capitolo VI

../Capitolo V ../../Parte II IncludiIntestazione 23 luglio 2017 75% Da definire

Pierre Loti - Pescatori d'Islanda (1886)
Traduzione dal francese di Carlo De Flaviis (1911)
Capitolo VI
Parte I - Capitolo V Parte II

[p. 32 modifica]qualunque pensando ad un'altra cosa: dopo, lasciandole ricadere, si mise molto pronto a disfarle per divertirsi, per allungarle, ben presto ne fu coverta fino ai reni avendo l'aria di qualche sacerdotessa di foresta.

E avvertendo il bisogno del sonno, malgrado l'amore, malgrado il desiderio di piangere, si gettò bruscamente nel letto, nascondendo la faccia nella massa distesa dei suoi capelli, che ora erano spiegati come un velo....

Nella sua casupola di Ploubazlanec, la nonna Moan, aveva anche finito per addormentarsi, del sonno gelido dei vecchi, pensando al suo nipotino ed alla morte. E a questa medesima ora, a bordo della La Mari sul mare Boreale, che quella sera era molto mosso, Yann e Silvestro cantavano delle canzoni, pescando allegramente la loro pesca alla luce senza fine del giorno.

Capitolo Sesto.


Circa un mese più tardi su l'Islanda gravava quella specie di tempo raro che i marinai chiamano calma bianca. Tutto immobile nell’aria, come se tutti fossero morti. Il cielo si era coverto di un grande velo biancastro, che si ammassava nel basso verso l'orizzonte e passava dal grigio piombo alle sfumature sbiadite dello stagno. Eterno sole, o eterno mattino, sarebbe stato impossibile dirlo; un sole che non indicava alcuna ora; restava là sempre per presiedere a questo splendore delle cose morte.

Yann e Silvestro pescando l’uno a fianco dell’altro, cantavano Jean-Francois de Nantes, la canzone che non I finisce più — e guardandosi sott’occhi per ridere della vigoria quasi infantile con cui ripetevano i couplets, -le loro guance erano rosee sotto la grande freschezza salata; quest'aria che respiravano era vergine e vivificante; essi la respiravano a pieno petto alla medesima sorgente del vigore e della vita.

Intorno ad essi sembrava estendersi uno spettacolo ultra [p. 33 modifica]umano, la luce non aveva colore; le cose si tenevano immobili e come raffreddato per sempre, sotto lo sguardo del sole che sembrava un grande occhio spettrale.

La Maria proiettava sulla stesa delle acque, un'ombra lunga come la sera, e sembrava verde, in mezzo, alla superficie tersa, riflettendo le bianchezze del cielo, si poteva distinguere ciò che avveniva sotto l’acqua; miriadi d pesci tutti uguali scivolavano dolcemente nella stessa di direzione, come avendo uno scopo nel loro perpetuo viaggio. Erano i merluzzi che si muovevano tutti insieme nel medesimo senso, parallelamente, facendo l’effetto di tagli grigi e agitati da un tremolio rapido che dava una aria di fluidità a questo ammasso di vite silenziose. Qualche volta con un brusco colpo di coda si voltavano nello stesso tempo mostrando il loro ventre brillante ed argenteo, e poi lo stesso colpo di coda, lo stesso rivoltarsi si propagava per tutti i pesci a ondulazioni lente, come se migliaia di lame di metallo gettate nelle acque brillassero per lucenti riflessi di luce.

Cadeva lentamente la sera. Il sole, scomparendo nel mare, diventava giallo ed il suo cerchio si disegnava più netto, più reale. Si poteva fissare con gli occhi, come fa per la luna. Esso ancora proiettava una debole luce: forse andandogli incontro con un naviglio ci si sarebbe incontrato con quel grosso pallone triste, galleggiante nell’aria a qualche metro al disopra delle acque.

La pesca procedeva assai lesta, i merluzzi venivano a mordere con ansia golosa; poi si scuotevano un poco, sentendosi presi, come per meglio farsi attaccare il muso. E di minuto in minuto, presto, a due mani, i pescatori ritiravano le loro canne, gettando la bestia a chi doveva sventrarla e appiattirla. La flotta dei Paimpolesi era sparsa su lo specchio tranquillo, animando questo desiderio. Quel giorno il mestiere di pescatore d’Islanda sembrava facilissimo, quasi un mestiere di signorina....

· · · · · · · · · · · · · · · · · · · ·
[p. 34 modifica]

Jean-François de Nantes;
     Jean-François!
     Jean-François!

Cantavano i due grandi fanciulli.

E Yann si occupava molto poco di essere così bello e di avere l’aria così nobile. D'altra parte, fanciullo solamente con Silvestro, non cantando e non giuocando che con lui, era riserbato al contrario con gli altri e piuttosto fiero e taciturno, molto dolce pertanto quando si aveva bisogno di lui, sempre bello e servizievole quando non lo si irritava. Essi cantavano quella canzone, gli altri due qualche passo più lontano cantavano un'altra nenia anche passionale e malinconica.

Non si annoiavano ed il tempo passava. Abbasso nella cabina bruciava sempre del fuoco, covando in fondo nei fornello di ferro, ed il coverchio della entrata era mantenuto chiuso per procurare delle illusioni di notte a quelli che avevano bisogno di sonno. Si coricavano dopo il quarto, per capriccio, in qualunque momento; le ore non contavano in quel chiarore continuo. Ed erano sempre dei buoni sonni senza agitazioni e senza incubi. Quando, per caso pensavano alle donne, allora dormivano più agitati consolandosi all'idea che tra sei settimane la pesca sarebbe finita e che essi ne avrebbero possedute ben presto delle nuove, o delle vecchie già amate. Sognando l'amore, aprivano e sbarravano del tutto i loro occhi.

Ma ciò avveniva raramente. Con l'abitudine dell’astinenza anche i sensi si addormentano per lunghi periodi.

· · · · · · · · · · · · · · · · · · · ·

Jean-François de Nantes;
     Jean-François!
     Jean-François!

.... Essi guardavano ora in fondo al loro limpido [p. 35 modifica]orizzonte qualche cosa d’impercettibile: Un piccolo fumo che saliva dalle acque come una coda microscopica, di un colore grigio, un poco più scuro di quello del cielo. Con i loro occhi abituati a sondare la profondità l’avevano presto visto.

— Un battello là basso!

— Credo — disse il comandante — sia un incrociatore ehe viene a fare la sua ronda...

Questo vago fumo portava ai pescatori notizie della Francia e — tra le altre — la lettera della vecchia nonna, scritta da una mano di fanciulla. Esso si avvicinò lentamente; ben presto si vide il suo guscio nero; era proprio l’incrociatore che veniva a fare un giro nei mari dell’ovest.

Nel medesimo tempo una leggiera brezza cominciava a muovere leggermente la superficie delle acque morte; essa tracciava sul lucente specchio dei disegni di un azzurro verde, che si allungavano come dei ventagli dove si ramificano in forma di polipi. Ciò succedeva molto presto con un fragore! era come un presagio di risveglio dall'opprimente torpore. Ed il cielo, sbarazzato dal suo velo, diventava chiaro, i vapori ricaduti sull’orizzonte si ammucchiavano in tumuli di ovatta grigia, formando come delle muraglie molli intorno al mare. — I due ghiacci senza fine tra i quali erano i pescatori — quelli di alto e quelli di basso — riprendevano la loro trasparenza. Il tempo cambiava ma troppo rapidamente. E dai differenti lati della grande estensione, arrivavano dei navigli di pescatori, tutti quelli della Francia che gironzavano in quei paraggi dei Bretoni e dei Normanni! Invece di lasciarsi trascinare verso la riva essi avevano tese le vele alla fresca brezza e sveltamente si avvicinavano. L'Islanda molto lontana, era anche apparsa come se volesse avvicinarsi con essi; mostrava però le sue grandi montagne di pietre nude.

L’incrociatore appena fermato fu circondato dagli [p. 36 modifica]Islandesi. Dai loro navigli si distaccavano delle barche in conchiglie di noce, conducendo bordo degli uomini rudi dalle lunghe barbe, in acconciatura abbastanza selvagge. Tutti avevano qualche rosa da domandare, un poco cme i fanciulli, dei rimedi per delle piccole ferite, dei viveri, delle lettere.

Altri venivano da parte del loro comandante a farsi mettere ai ferri, por qualche colpa da espiare. Essendo tutti stati al servizio dello Stato trovavano la cosa molto natrale. Quando lo stretto ponte dell’incroeiatore fu ingombrato da quattro o cinque di questi forti giovani stesi con la catena al piede il vecchio nostromo che li aveva incatenati disse loro: «Coricatevi dunque, figli miei in modo che si possa passare». Ed essi ciò fecero dolcemente, obbedendo quasi con un sorriso.

Questa volta vi erano molte lettere per gli Islandesi. Tra tutti, due per la Maria comandante Guermeeur, una al signor Gaos, la seconda al signor Moan (quest’ultima arrivata per la Danimarca a Reickavick, dove l'incrociatore l’aveva presa). Il quartier-mastro, pescando nel suo sacco di tela, faceva loro la distribuzione qualche volta leggendo appena gl’indirizzi che non erano tutti scritti da mani molto abili.

— Ed il comandante diceva:

— Sbrigatevi, sbrigatevi che il barometro si abbassa.

Egli si annoiava un poco a vedere tutte queste piccole conchiglie di noci, e tanti pescatori riuniti in questa regione poco sicura. Yann e Silvestro avevano l’abitudine di leggere insieme le loro lettere.

Questa volta lessero col sole di mezzanotte, che rischiarava dall’alto sempre con lo stesso aspetto di astro morto.

Seduti tutti e due da parte, in un angolo del ponte, leggevano lentamente per meglio penetrare le cose del paese lontano.

Nella lettera di Yann, Silvestro trovò notizie di Maria Gaos la sua piccola fidanzata, in quella di Silvestro, [p. 37 modifica]Yann lesse le storie graziose della vecchia nonna Yvonne, che era l’unica per divertire gli assenti, e poi l’ultima frase che lo riguardava «Il mio saluto al figlio Gaos».

E finito di leggere le lettere, Silvestro timidamente mostrò la sua all’amico per tentare di fargli notare la mano che l’aveva scritta:

— Guarda — è una bellissima scrittura — non è vero Yann?

Ma Yann che sapeva bene quale era questa mano di fanciulla, voltò la testa, scotendo le spalle come per dire che lo si annoiava alla fine con questa Gaud.

Allora Silvestro ripiegò accuratamente il povero, piccolo pezzo di carta disdegnato, lo rimise nella sua busta e lo strinse nella sua maglia contro il petto dicendosi tristamente:

— Certamente non si sposeranno. — Ma che cosa può avere contro di lei?

..... Mezzanotte suonò alla campana dell’incrociatore. E essi restavano sempre là, seduti, pensando al paese, agli assenti, a mille cose, come un sogno...

A questo momento, l’eterno sole, che aveva un poco bagnato il suo orlo nelle acque, ricominciò a salire lentamente.

E fu il mattino...



arabesco