Poesie (Carrer)/Ballate/Marchese Arnoldo

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MARCHESE ARNOLDO.


Nel buio de’ fati
     Chi aguzza lo sguardo
     Profeta bugiardo
     Non chiamisi più.

5Ne’ secoli andati
     Già visse un marchese,
     Di cui più scortese
     Al mondo non fu.

Ne’ chiusi ripari
     10Dell’ermo castello
     Verun menestrello
     Non pose mai piè.

Cantori e giullari
     Ne stanno lontani,
     15Di sgherri, di cani
     Gran copia sol v’è.

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Di danza o convito
     Non mai si ragiona:
     Non ama persona
     20Il crudo signor.

Al solo bandito,
     Che rapido passa,
     Il ponte s’abbassa
     Con cupo fragor.

25Il bronzo eminente
     Che numera I’ore
     È il solo romore
     Che s’oda lontan.

Ma d’alma vivente
     30Respir non s’intende,
     Per quanto si stende
     Vastissimo il pian.

Arnoldo tal vive
     Da quando geloso
     35Il petto amoroso
     D’Idalba squarciò.

Lasciate le rive
     Del Serchio natio,
     Consorte men rio
     40Perchè non trovò?

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Ma il giorno pur venne
     Che Arnoldo la figlia
     Legar si consiglia
     A prode guerrier;

45Renato, che ottenne
     Bel vanto di prode,
     Pugnando con lode
     Su lido stranier.

Più giovin, la mano
     50Gualtier ne chiedea;
     Ma fiera n’avea
     Risposta dal sir.

Giugnea di lontano,
     E vista Golcosa,
     55Di farla sua sposa
     S’accese in desir.

Non cede Gualtiero,
     E armato, a cavallo,
     A piedi del vallo
     60Disfida il rival.

Al giovin guerriero
     Funesto è il conflitto,
     E cade trafitto
     Di piaga mortal.

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65Le nozze bandite
     Con danze, con suoni,
     Di conti e baroni
     Ripieno è il castel.

Le sale romite
     70S’adornan di fiori,
     E traggon cantori
     In lieto drappel.

A capo la stanza
     Si mostra un ignoto,
     75E in sito remoto
     Si pone a seder.

Ha fosca sembianza,
     Non forma domanda,
     Non tocca vivanda.
     80Sta tacito e altier.

A mezzo il banchetto
     Arnoldo a dir prende:
     — Signori, chi pende
     Da labbro indovin?

85L’avreste mai detto?
     D’Arnoldo mirate
     Le sorti cangiate,
     Mutato il destin.

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Quest’uomo che spenti
     90Ha sposa e rivale,
     Che un odio immortale
     In petto covò,

E i figli innocenti
     Di nodo esecrando
     95A vivere in bando
     Perpetuo dannò;

Quest’uomo non fia
     Che pace mai trovi;
     Avran sempre novi
     100Affanni suoi dì,

Finchè pieno sia
     Suo fiero destino.
     Il dotto indovino
     Parlava così.

105E aggiunse: La sola
     Leggiadra fanciulla,
     Che tenera, in culla,
     Uccider non sa;

(Udite parola
     110Tremenda ma vera!)
     In lutto l’intera
     Sua stirpe porrà.

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O dotto profeta,
     Perch’oggi al convito
     115Non siedi, che invito
     Arnoldo ten fa?

Ventura più lieta
     Verresti cantando,
     La festa mirando
     120Che intorno mi sta. —

Ciò detto la tazza
     In mano prendea
     — E viva, dicea,
     Il dotto indovin! —

125— E viva! — schiamazza
     La turba gioconda,
     Cui fa invereconda
     Lo strepito e il vin.

Ma l’ospite strano,
     130Che rigido e muto
     Non rese saluto
     Nè cibo gustò,

Porgendo la mano
     Com’uom che minaccia,
     135Mutatosi in faccia,
     In piè si levò.

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All’atto scortese
     Attonito resta
     Qualunque la festa
     140Godea convival.

Ma l’altro al marchese
     In fronte mirava:
     — Conosci, gridava,
     L’antico rival?

145Vendetta! vendetta!
     Marchese ti desta:
     Rodolfo la testa
     Levò dall’avel.

Vendetta! vendetta!
     150Arcani di morte:
     La suora è consorte,
     Marito il fratel.

Vendetta! Di sangue
     È l’atrio bagnato;
     155Fratello a Renato
     È l’uomo che muor.

Marchese, l’esangue
     Contempla ben fiso;
     T’è figlio l’ucciso,
     160Figliuol l’uccisor.

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Vendetta! vendetta!
     La colpa è matura;
     Il tetto, le mura
     Minaccian crollar.

165Vendetta! vendetta!
     Al lume del giorno
     Fan l’ombre ritorno
     Arcani a svelar. —

— S’insegua, s’uccida
     170Quell’ospite indegno! —
     Briaco di sdegno
     Arnoldo gridò.

Accorso alle grida
     Drappel di scherani
     175La torma de’ cani
     All’ospite aizzò.

Ma il cane non tocca
     All’ospite il manto,
     E indietro, da un canto
     180S’accoscia a fremir.

Spirò sulla bocca
     D’Arnoldo l’oltraggio,
     E tutto il coraggio
     Sentissi fuggir.

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185Portento novello!
     Rodolfo disparve,
     E pallide larve
     Si veggono entrar.

Risuona il castello
     190D’un tetro ululato;
     Un feretro è alzato,
     La mensa scompar.

Con gemiti lenti
     L’antica campana
     195Infonde una strana
     Temenza nei cor.

Di là tutte genti
     Si fuggon lontane,
     E solo rimane
     200Il fiero signor.

Ha il feretro presso,
     A’ piedi un estinto,
     Un canto indistinto
     Pegli atrii suonò.

205Annoda un amplesso
     Fratello e germana:
     L’antica campana
     Di gemer cessò.