Poesie (Fantoni)/Scherzi/IX. Per malattia dell'autore

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IX. Per malattia dell'autore

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IX. Per malattia dell'autore
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IX

Per malattia dell’autore

Al matematico Pio Fantoni.

( 1779 )

     Morte, mi attendi al varco,
e ferreo stral dall’arco
tenti scoccarmi al cuor!
     Giá il fatal nervo tendi,
5sospendi, oh Dio! sospendi
il braccio feritor.

     L’ottavo lustro ancora,
per me, dal carcer fuora
del tempo non uscì.
     10Deh, con un colpo infame,
deh, non troncar lo stame
de’ miei fuggenti diì!

     Segno sarò piú tardo,
non paventar, del dardo
15che tu mi vuoi vibrar.
     Poco tardar che nuoce?
Tutti la stigia foce,
tutti dobbiam varcar.

     Ma tu mi guardi e ridi!
20Forse, crudel, deridi
l’inutil mio dolor?
     Sazia l’ingorda sete;
ma non vedrammi Lete
preda del tuo furor.

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     25Ove piú d’elci è fosco,
appenderá nel bosco
la mia zampogna Amor,
     che intrecceran di fiori,
che cingeran d’allori
30le ninfe ed i pastor.

     Al susurrar del vento,
con flebile lamento,
il pianto imiterá;
     e su la muta sede
35albergheran la fede,
la gloria e l’amistá.

     Qual mi ricopre il ciglio,
nunzio del mio periglio,
caliginoso vel!
     40Qual per le pigre membra
tardo sentir mi sembra
serper nemico gel?

     Per meste strade ignote,
d’aura e di luce vuote,
45mi sento trasportar,
     e il legno inesorabile
per l’onda irremeabile
m’invita a navigar.

     Pende sul guado estremo
50curvo il nocchier col remo,
che lento mai non è,
     e, indifferente, seco
guida nel regno cieco
la plebe ignota e i re.

     55Quante, di nebbia avvolte,
sul lido anco insepolte
ombre non veggio errar!
     Su la sorda palude
tendon le braccia ignude,
60ma non la pòn solcar.

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     Odo il latrar, che suole
con le trifauci gole
l’ingresso custodir.
     Ove le ancelle a Dite
65sorelle anguicrinite,
corron gli empi a punir...

     Ma qual raggio improvviso
su lo smarrito viso
aleggiando mi va?
     70Piú non mi guata Morte
losca, le luci torte;
piú l’arco in man non ha:

     veggo, all’usato lume,
che su l’inferme piume
75salma ancor viva io son.
     Voi difendeste, o dèi
pietosi, i giorni miei:
conosco il vostro don!

     Tu di votiva fronda,
80d’arabo odor circonda,
Fantoni, il sacro altar:
     vo’, benché tardo e stanco
se t’avrò meco al fianco,
i numi venerar,

     85e da l’eburnea cetra
spinger devoto all’etra
un inno alla pietá.
     Tessendo a morte inganni
deluderá degli anni
90l’ingorda crudeltá.