Poesie della contessa Paolina Secco-Suardo Grismondi/Da Parigi ove Lesbia trovavasi al signor Girolamo Pompei

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Da Parigi ove Lesbia trovavasi al signor Girolamo Pompei

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Da Parigi ove Lesbia trovavasi al signor Girolamo Pompei
Al signor De La Lande Lettera scritta sul finir dell'autunno a Girolamo Pompei

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DA PARIGI OVE LESBIA TROVATASI

AL SIGNOR

GIROLAMO POMPEI


EPISTOLA


Mentre il dolce terren che ambizïosa
     Bacia la regal Senna, in grembo a mille
     Piacer mi tiene che qui han vita, e regno,
     Sicchè più rammentar non so i periglj
     Del cammin lungo, ed i sofferti oltraggi
     Dalle brine crudeli, e dalle nevi
     Che ognor per l’ardue balze ebbi d’intorno;
     Pur quindi al mio pensiero impazïente
     Spesso il vol sciolgo, e il caro Ausonio Cielo
     Oltre la Sonna, e il Rodano, e il nevoso
     Giogo de l’Alpi a riveder ritorno.
     Ma più che in altra parte errar io godo
     Del bell’Adige tuo lungo le rive,
     Lungo le amate rive, ove sì lieti
     Trassi i miei giorni negli amati tetti
     De’ cari Cugin mïei, e de la mia
     Diletta Zia fra le amorose cure,
     E di pregiati amici infra lo stuolo,

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     E di te spesso, o mio Pompei a lato.
     O quante volte con piacere ancora
     Ben mi rimembra, la difficil via
     Tu mi additasti che alle cime adduce
     Del sacrato Elicona, e con tua dotta
     Voce a la mia porgesti e spirto, e lena!
     Ed oh perchè la tua sonante lira
     Oggi non ho, perchè i tuoi pronti versi
     Figli di viva fantasìa pittrice
     Pur non spiegano a me l’agili penne,
     Mentre sì varj e dilettosi obbietti
     Mi fanno al canto un lusinghiero invito?
     Ma invan ciò spero. Nè a me lice sciorre
     Qui le inesperte labbra a un debil canto,
     Ove mille ad Apollo alme dilette
     Scuoton le cetre d’or, l’epiche trombe
     Destano al suono, e d’ogni eterno lauro
     S’ornan la fronte, e de’ più vaghi fiori
     Cui l’onda irrighi del Castalio fonte.
     Or le cetere tutte, e tutte a gara
     Le voci udresti a celebrar rivolte
     Voltaire illustre, che su queste rive
     Sì lungo tempo desïato invano
     Alfin sen venne a ravvivar le scene,
     Che fremere e sonar di alteri evviva
     Alla nuova, sua Irene io stessa udii