Poesie della contessa Paolina Secco-Suardo Grismondi/Nell'occasione delle nozze del nobile signor conte Alberto Pompei e della nobile signora contessa Teodora Lisca

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Nell'occasione delle nozze del nobile signor conte Alberto Pompei e della nobile signora contessa Teodora Lisca

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Nell'occasione delle nozze del nobile signor conte Alberto Pompei e della nobile signora contessa Teodora Lisca
Alla serenissima real principessa Maria Carlotta di Sardegna per le augustissime sue nozze col serenissimo principe Antonio di Sassonia Per le nozze del signor conte Petrucci piacentino colla signora marchesa Belisomi di Pavia

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NELL’OCCASIONE DELLE NOZZE

DEL NOBILE SIGNOR CONTE

ALBERTO POMPEI

E DELLA MOBILE SIGNORA CONTESSA

TEODORA LISCA


Quella che l’alme a suo voler trasporta
     Sacra forza de’ carmi, e che a remote
     Terre scorgendo il fervido pensiero
     Co’ vivi ascrei color spesso a lui gode
     5Mille dipinger varïate scene;
     Quella che puote degli affetti altrui
     Scuoter, come più vuol, le arcane molle,
     Ed or destar la gioja, or la tristezza
     Chiamar su volti, e trar dagli occhi il pianto,
     10O caro amico, quella forza stessa
     Tutta sentii da tuoi maestri carmi,
     Che soave amistà dettar ti volle,
     Movere a un tratto e ricercarmi il core.
     Ecco repente io mi trovai lunghesso
     15Il bell’Adige tuo, parvemi lieta

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     Te al mio fianco veder, scherzar con teco,
     Con teco ragionar, udir tuoi detti
     Con cui solevi a’ miei tremanti passi
     Spirar coraggio e lena, allor ch’io presi
     20Il dirupato, e troppo erto sentiero
     Che guida in Pindo, ove non corre un rio,
     Selva, o speco non porge a’ Vati asilo,
     Non verdeggia un ali or che a te sia ignoto.
     Ed oh! splendido tetto, oh amiche mura
     25Che m’accoglieste allor, e che cortesi
     Non isdegnaste udir della mia lira
     Le varie prove ed i primieri accenti
     Che al vostro Genio di sacrare osai!
     Ma di qual nuova insolita allegrezza
     30Or v’odo, o care avventurate mura,
     Tutte piene eccheggiar? qual nuova luce
     Or vi circonda? ond’è che a voi dintorno
     Sulle tremole penne aleggiar veggio
     Stuolo di Amori, e di leggiadri Augurj?
     35Ah! ben sent’io per ogni lato il nome
     Volar di Teodora, il dolce nome
     Dell’amabil Donzella che a bearvi
     Guidano insieme uniti Imene e Amore.
     S’odon cantar già mille voci a gara
     40Qual entro l’alma di costei discese
     Ad albergar da la natìa sua stella

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     Rara virtude, e quale a far de l’alma
     Tutti più grati ancora i maggior pregi
     S’unìr le Grazie a Lei, s’unìo beltade,
     45Beltà celeste Nume, che dovunque
     Piega i giocondi rai, l’aere, la terra,
     Il mondo tutto di piacere innonda!
     Forse così come in mirar la vaga
     Novella Sposa or la tua Patria esulta,
     50Gli spumanti esultar cerulei regni
     Del mare allor, che sovra argentea conca
     Aggirarsi fu vista in grembo all’acque
     L’alma Ciprigna Dea, cui piano il calle
     Rendean placide i venti innamorati.
     55Tacer lasciando intanto il rauco suono
     De le ritorte trombe, a quella intorno
     D’amor caldi i Triton mettean sospiri.
     E voi, Figlie di Teti, a l’improvviso
     Lume di tal beltà maravigliando
     60Il capo ergeste fuor de l’onde, e poi
     Ratte a celarvi il paragon vi astrinse.
     Fortunato Garzon, cui degli egregi
     Costumi suoi, delle virtudi in premio
     Che risplendono in Lui con aureo nodo
     65Stringono i Numi a sì gentil Donzella!
     Ben è ragion, che Tu di eletti ingegni
     Fin da le prische età madre, e nudrice

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     O superba Verona, oggi i tuoi Vati
     Sì rara Coppia a celebrare accenda.
     70E tu che in dolci modi e lusinghieri
     Tutte scorrendo del mio cor le vie,
     Spirto gentil, me pur al canto inviti,
     Tu ministro d’Apollo or di negl’Inni
     A’ duo candidi sposi offri tesoro.
     75Ma non voler ch’io teco accordi ardita
     Una languida voce, ahi! troppo usata
     Spesso a lagnarsi col destin che lunge
     Tanto mi tien da le Pïerie cime.
     Sai che fuggono i versi ognor ritrosi
     80Di là, dove non ride in lieto aspetto
     Salute amica, e dove erran soltanto
     Irrequieti e torbidi pensieri.
     Tempo verrà, che a le mie lunghe preci
     Non sempre sorda l’Epidauria Dea
     85Su’ giorni miei volga uno sguardo alfine
     Di dolcezza spargendoli, e di pace.
     Non così allegro, poichè infranse il laccio
     Crudel che il tenne avvinto, augello spiega
     Liberi i vanni, e con diritto volo
     90Tragge veloce a riveder le selve,
     Ricordevoli forse ancor del canto
     Ch’ei nell’ombre lor chete un dì sciogliea:
     Com’io festosa allor godrò da questi

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     Varcar Orobii colli alle beate,
     95Mio dolce obbietto, tue paterne rive.
     M’udranno quelle ali or con franca mano
     Della mia cetra ritentar le corde
     Sotto gli auspicj tuoi temprate e tese;
     E teco a pruoya in cento guise e cento
     100Ridir d’Alberto, e Teodora il nome.