Prose (Foscolo)/III - Scritti vari dal 1799 al 1802/II. A Bonaparte - Dedica

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II. A Bonaparte - Dedica

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II

A BONAPARTE

dedica

[novembre 1799]

Io ti dedicava questa oda quando tu, vinte dodici giornate e venticinque combattimenti, espugnate dieci fortezze, conquistate otto province, riportate centocinquanta insegne, quattrocento cannoni e centomila prigionieri, annientati cinque eserciti, disarmato il re sardo, atterrito Ferdinando quarto, umiliato Pio sesto, rovesciate due antiche repubbliche e forzato l’imperatore alla tregua, davi pace a’ nemici, costituzione all’Italia e onnipotenza al popolo francese.

Ed ora pur te la dedico, non per lusingarti col suono delle tue gesta, ma per mostrarti col paragone la miseria di questa Italia, che giustamente aspetta restaurata la libertá da chi primo la fondò.

Possa io intuonare di nuovo il canto della vittoria, quando tu tornerai a passare le Alpi, a vedere ed a vincere!

Vero è che, piú che della tua lontananza, la nostra rovina è colpa degli uomini, guasti dall’antico servaggio e dalla nuova licenza. Ma, poiché la nostra salute sta nelle mani di un conquistatore, ed è vero (purtroppo!) che il fondatore di una repubblica deve essere un despota, noi, e per li tuoi benefici e pel tuo genio che sovrasta tutti gli altri dell’etá nostra, siamo in dovere di invocarti, e tu in dovere di soccorrerci, non solo perché partecipi del sangue italiano, e la rivoluzione d’Italia è opera tua, ma per fare che i secoli tacciano di quel trattato che trafficò la mia patria, insospettí le nazioni e scemò dignitá al tuo nome. [p. 210 modifica]

E’ pare che la tua fortuna, la tua fama e la tua virtú te ne abbiano in tempo aperto il campo. Tu ti se’ locato sopra un seggio, donde e col braccio e col senno puoi restituire libertá a noi, prosperitá e fede alla tua repubblica e pace all’Europa.

Pure, né per te glorioso né per me onesto sarebbe s’io adesso non t’offerissi che versi di laude. Tu se’ omai piú grande per i tuoi fatti che per gli altrui detti: né a te quindi s’aggiugnerebbe elogio, né a me altro verrebbe che la taccia di adulatore. Onde t’invierò un consiglio, che essendo da te liberalmente accolto, mostrerai che non sono sempre insociabili virtú e potenza, e che io, quantunque oscurissimo, sono degno di laudarti, perché so dirti fermamente la veritá.

Uomo tu sei, e mortale, e nato in tempi ne’ quali la universale scelleratezza sommi ostacoli frappone alle magnanime imprese e potentissimi incitamenti al mal fare. Quindi o il sentimento della tua superioritá o la conoscenza del comune avvilimento potrebbero trarti forse a cosa che tu stesso abborri. Né Cesare, prima di passare il Rubicone, ambiva alla dittatura del mondo.

Anche negli infelicissimi tempi le grandi rivoluzioni destano feroci petti ed altissimi ingegni. Ché, se tu aspirando al supremo potere, sdegni generosamente i primi, aspirando alla immortalitá, (il che è piú degno delle sublimi anime), rispetterai i secondi. Avrá il nostro secolo un Tacito, il quale commetterá la tua sentenza alla severa posteritá.

Salute.

 Genova, 5 agghiacciatore, anno viii.

Ugo Foscolo.