Prose della volgar lingua/Libro terzo/XXII

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Terzo libro – capitolo XXII

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Né pure in queste voci solamente, ma ancora nelle particelle Ci, che Ce eziandio si disse, e nella Vi alcuna volta, e nella Ne molto spesso cosí si fece dal medesimo Boccaccio, che disse: Natural ragione è di ciascuno che ci nasce, la sua vita, quanto può, aiutare; e ancora: Deh, se vi cal di me, fate che noi ce ne meniamo una colà su di queste papere; e medesimamente: In tanto che né in tornei, né in giostre, né in qualunque altro atto d’arme niuno v’era nell’isola che quello valesse che egli; e parimente ancora: Avisando che questi accorto non se ne fosse che egli fosse stato dallui veduto. Perché fie bene che voi, messer Ercole, eziandio a questi modi di ragionari poniate mente, e oltre questi ad un altro ancora sopra la medesima voce, che in vece di Lui e di Lei e di Loro si pone, molto usato dalla mia lingua, che può parere per aventura piú nuovo, il quale è questo: che quando a porre avete due volte seguentemente la detta voce dinanzi o dopo ’l verbo a qualunque persona si danno esse voci, solamente che piú che ad una non si diano, e in qualunque numero esse a por s’hanno o di qualunque genere, sempre nelle prose diciate a questa maniera, Gliele, e altramente non mai. Il che si vede in questi ragionamenti del Boccaccio: Anzi mi pregò il castaldo loro, quando io me ne venni, che se io n’avessi alcuno alle mani che fosse da ciò, che io gliele mandassi, e io gliele promisi; e altrove: Paganino da Monaco ruba la moglie a M. Ricciardo di Chinzica, il quale, sappiendo dove ella è, va e diventa amico di Paganino; raddomandagliele, et egli, dove ella voglia, gliele conciede; e altrove: Avenne ivi a non guari tempo, che questo catalano con un suo carico navicò in Alessandria, e portò certi falconi pellegrini al Soldano, e presentógliele. Ma perché vi vo io di questo scrittore essempi sopra ciò raccogliendo? Egli ne sono tutte le sue prose sí abondevoli, che mestier non fa il piú ragionarne. Ma come che io v’abbia gli essempi di questa usanza solo dal Boccaccio recati, non è tuttavia per questo che ella incominciamento dallui avuto abbia, perciò che egli la trovò già vecchia. Con ciò sia cosa che non pur Dante la ponesse nelle sue prose, o ancora Giovan Villani, ma eziandio Pietro Crescenzo per tutti i libri del suo Coltivamento della villa, e Guido Giudice di Messina per tutta la sua istoria della guerra di Troia la si spargessero. Il qual Guido Giudice, come che ciciliano fosse, scrisse nondimeno toscanamente, sí come in quella età che sopra Dante fu, nella quale esso visse, si potea. Fassi in parte questo medesimo, quando dopo la voce Gli si pon la Ne, ché si dice Gliene diedi, Gliene portarono, e somigliantemente.