Quattro Milioni/XIII

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XII XIV

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D
ieci minuti dopo, Stambecchi entrava nel gabinetto del questore, dopo essersi fatto annunziare come il marechese di Filadelfia.

— Già di ritorno? - disse questi, invitandolo a sedere e ridendo per averlo subito ravvisato sotto que’ peli.

— Già di ritorno, e con splendidi risultati rispose Stambecchi togliendosi i baffi.

E lì si mise a raccontare al questore il dialogo avuto colla levatrice, tacendogli pero sempre il nome della contessa Rocca-Serena.

— E dove sarebbe andato a finire questo bambino? - domandò il questore. [p. 226 modifica]

— Questo è ciò che ella deve permettermi di non svelare per ora.

— Sempre segreti? - fece ridendo il capo della sicurezza pubblica - Si direbbe che il questore è lei e che io sono il referendario.

— Io le faccio osservare, signor commendatore, che ora il più è fatto, e che con questo filo toccherà alla giustizia a scoprire i correi. Se io le dicessi quell’altro nome sarei un delatore, ed io non voglio essere delatore. Nondimeno io le ho dato in mano i mezzi di venir a capo della verità.

— Rispetto questa delicatezza - rispose il questore con una piccola punta di ironia nella voce, della quale avrebbe fatto volentieri di meno - Ora si tratta di trovare il modo migliore per cogliere la rea in flagranti.

— Questo è facile - notò Stambecchi - Domani alle due siamo intesi che io dovrò essere nascosto nell’armadio della levatrice, per sentire, dalla bocca stessa della madre del bambino ceduto, che ella non conosce dove esso sia andato a finire. Basterà che i due testimoni, da lei delegati, stiano fuori sul pianerottolo, per sentire come dovrò sentir io, giacchè la levatrice mi promise che avrebbe saputo alzando la voce mettere il diapason del dialogo in un tono molto alto e molto [p. 227 modifica] chiaro, acciocchè io senta bene dietro le imposte. Il resto toccherà a lei.

— Va bene - disse il questore. Prese una annotazione, e poi, ritvolto a Stambecchi e col più lusinghiero dei suoi risolini, soggiunse:

— Dunque, ormai, ella è dei nostri?

— Si spieghi, signor questore.

— Fors’ella non ha ancor avuto il tempo di pensar sopra a ciò di cui abbiamo discorso nella sua prima visita. Io capisco che lei sarebbe un prezioso... ausiliario per me...

— Un momento... Io non sono al punto da avere bisogno per vivere di buttarmi a fare un mestiere che... il pregiudizio sociale condanna... Però, siccome, dice lei, io sono diventato per necessità uno dei suoi, ed ella crede che io potrei giovare all’ordine pubblico, non vedo che utilità avrei a rifiutare, quando la convenienza... capisce bene... è questione di puro interesse... non potrei avere altra spinta...

— Varrebbe dunque come dire che a seconda di ciò che io potrei proporle...?

— Ecco!

— Se io potessi farle ottenere dal ministero un assegno sui fondi segreti e sulla mia cassa di trecento lire al mese, crede lei di potermi... assecondare?

— È una miseria! - disse coraggiosamente Stambecchi. [p. 228 modifica]

— Bene, lo porteremo a quattrocento; e in seguito poi, a seconda dei servizi, diventeranno seicento, ottocento, e sempre più. Ella capisce che il noviziato è necessario. Io l’applicherei specialmente alla parte politica. Spero che lei avrà in politica delle idee d’ordine, di rispetto alla legge e alla nostra gloriosa monarchia costituzionale.

— Non se ne parla neanche. Ho veduto in America che cos’è la repubblica!

— Ah, lei è stato in America?

— Tre anni.

— E là non ha avuto occasione...? Io so che la polizia americana fa molto caso degli Italiani emigrati, per tener d’occhio i loro connazionali turbolenti.

— Sì - disse Stambecchi con disinvoltura qualche cosa ho lavorato anche là nel genere, quando mi son trovato completamente rovinato, facendo il comico.

— Tanto meglio, tanto meglio! Allora il suo noviziato riuscirà assai più breve.

— Lo spero. E, dico, signor commendatore, io spero di non avere a comunicare che con lei, non è vero?

— Con me, e con sua eccellenza, se farà bisogno.

— Chi è sua eccellenza? [p. 229 modifica]

— Il signor prefetto.

— Ah, sicuro. Bene, bene!

— Io la presenterò, e non dubito ch’ella sarà bene accetto, giacchè in questi tempi la sorveglianza sulle teste esaltate e sui mestatori si fa sempre più necessaria.

— Allora io posso contare da quest’oggi sopra i quattrocento franchi al mese?

— La mi lasci il tempo di parlare col prefetto e le darò una pronta risposta.

— Ottimamente. Intanto per domani alle due ella prenderà le sue disposizioni.

— Ho già preso tutte le note necessarie.

— Allora io le levo l’incomodo. Quando dovrò tornare?

— Dopodomani a quest’ora, se non le dispiace. Io avrò già parlato a sua eccellenza e potrò stringere la convenzione con lei.

— Signor questore stimatissimo, i miei rispetti.

Il giorno dopo, prima delle due, Stambecchi mascherato da marchese di Filadelfia, che anche un comico esperto ci si sarebbe ingannato, nascondevasi nell’armadio della levatrice non [p. 230 modifica] appena questa lo ebbe avvisato che la donna montava le scale.

Questa era seguita, senza ch’ella se ne accorgesse, da un delegato e da un appuntato che s’era travestito da sorvegliante municipale e che doveva aiutare il marchese di Filadelfia a cavarsela a tempo opportuno. Essi si fermarono sul pianerottolo appena fuori dell’uscio.

— Io l’ho fatta chiamare - disse la levatrice - per darle notizie di suo figlio.

— È forse ammalato? - domandò la madre con molto interesse.

— No - rispose l’altra - ma deve partire da Milano forse per qualche anno. E va a star bene. Lo vogliono adottare.

— Che mi dice? - sclamò la madre - Ma questi però non sono i nostri patti!... Potrò almeno dargli un bacio per l’ultima volta?

— Non so se me lo lasceranno venire.

— E non c’è proprio modo di sapere dov’è andato a finire? - domandò la madre.

— Impossibile! - rispose la levatrice alzando la voce - Quelli che l’hanno levato dall’Ospizio sono pronti a dar dei danari, ma non vogliono far sapere il loro nome.

— Però i nostri patti erano che il bambino dovesse star qui nei contorni e non partire per paesi lontani. [p. 231 modifica]

— Mai più! Come avrei io potuto garantirle che quelli che lo tengono ora dovessero sempre star qui? Lei mi ha promesso che non sarebbe andata a cercare cinque ruote in un carro, se io le dava del danaro.

— Oh, io non cercavo nulla! E lei che mi ha mandata a chiamare.

— L’ho mandata a chiamare per vedere se lei ci teneva a rivederlo per l’ultima volta.

— Sicuro che ci tengo. Ma se lei mi dice che non sa se lo lasceranno venir qui e che io non posso andare nella casa dove oggi si trova...

— Io non le ho detto che assolutamente non me lo vogliano dare da condur qui; ho detto che non e tanto facile; ma però, siccome io ho buon cuore e mi doleva di sapere che lei non l’avrebbe forse mai più veduto per un pezzo, così ho pensato di avvisarla che partiva per l’America....

— Vergine Santa! - disse la madre scoppiando in lagrime - E a - qual’ora crede che in caso potrò vederlo?

— Venga domani a quest’ora, che se mai non ci fosse il bambino, ci sarà qualche cosa d’altro per lei.

— Cioè?

— Eh, non capisce?

— Ah! Dio volesse! Li accetterò volentieri. Ma il mio povero bambino fino in America!... [p. 232 modifica]

La levatrice, che non vedeva l’ora di levarsela dai piedi, pensando che il marchese di Filadelfia doveva star un po’ a disagio nell’armadio e sopratutto che uscendo le avrebbe dato un biglietto di duecentocinquanta lire, stava per congedarla, quando le imposte dell’uscio d’ingresso si schiusero e una guardia municipale si affacciò chiedendo della signora Marchisella.

— Sono io - disse la levatrice, e voltasi alla donna: - Dunque domani, a questa stessa ora. Stia bene.

La madre uscì.

Allora lo sconosciuto, che s’era fatto in disparte per lasciarla passare, disse alla Marchisella:

— Potrebbe favorir qui fuori un momento?

— A far che? - domandò questa.

— Debbo constatare una piccola contravvenzione ai regolamenti municipali sul campanello - disse il finto sorvegliante.

— Bene, la si fermi un momento, che vengo subito - replicò la levatrice, e richiuse le imposte dell’uscio corse all’armadio e lo aprì.

— È contento, signor marchese?

— Contentissimo - rispose questi avviandosi verso l’uscio, intanto che estraeva il portafogli - Ecco ciò che le ho promesso. [p. 233 modifica]

E messa in mano alla donna una busta suggellata, salutò e discese le scale.

La levatrice nascose la busta in tasca e uscì sul pianerottolo dove stava il finto sorvegliante municipale.

— Il filo del campanello è spezzato e non suona più - diss’egli.

— Ma chi è quel birbante che me lo può avere spezzato? - esclamò la levatrice desolata - Questa notte era ancora buono!

— Io non vado a cercare chi l’ha rotto... Constato che esso non serve più.

— E c’è da pagare la multa per questo?

— Lo faccia subito accomodare e per questa volta non farò rapporto - rispose il funzionario avviandosi per scender le scale.

— Grazie tante, e che Dio la benedica! - gli gridò dietro la donna.

Poi tornò lesta in cucina, estrasse di tasca la busta che le aveva dato poco prima il marchese, l’apri e cadde come tramortita sur una seggiola.

Essa non conteneva che un pezzo di carta qualunque.