Quattro leggende (Jacopo da Varazze)/Leggenda IV

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Leggenda della Invenzione della Croce

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Jacopo da Varazze - Quattro leggende (1849)
Traduzione dal latino di Anonimo (XIV secolo)
Leggenda della Invenzione della Croce
Leggenda III Tavola I
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LEGGENDA

DELLA INVENZIONE DELLA CROCE




La Invenzione della santissima Croce si celebra per ciò che in cotale dìe fue ritrovata. Onde prima fue ritrovata da Seth nel paradiso terrestre; e da Salamone nel Libano; e dalla reina Saba nel tempio di Salamone; e dalli Giudei nella pescina. Oggi fue trovata da Elena nel monte di Calvaria, e fue fatta questa invenzione dopo la morte di Cristo CC anni. Leggesi nel vangelio di Niccodemo, che essendo infermato Adam, lo suo figliuolo Seth andòe alla porta del paradiso terrestre, ove era l’Angelo, e chiese medicina, cioè dell’olio della misericordia per ugnere il corpo del padre suo Adam, acciò che ricevesse sanitade. E Santo Michele Angelo disse: Non andare caendo1 olio di misericordia, e non piagnere, imperciò che none potrai trovare misericordia, se non quando saranno passati cinquemila cinquecento anni, avvegna che da Adamo insino alla Passione di Cristo fuorono pur anni cinquemila quattrocento novantanove. E leggesi in un’altra storia, che l’Angelo gli diede uno ramo, e disse che ’l ponesse e piantasselo in Monte Libani. E in una storia di Greci si legge, che l’Angelo diede del legno, nel quale Adamo peccò, a Seth, e disse: Quando questo farà frutto, allora sarà liberato lo tuo padre. E Seth quando tornava, trovò morto lo padre suo, e sotterrollo, e sopra ’l suo corpo puose quello ramo, lo quale crescette2 in arbore grande, e durò infino al tempo di Salamone. E Salamone vedendo così bello arbore, fecelo tagliare, e fecelo recare per mettere in uno suo edificio; e per nessuna condizione vi si poteva adoperare. anzi o era troppo corto, o era troppo lungo. e quando ne faceva mozzare, secondo che pareva che fosse bisogno a quello luogo, ove lo volea porre, rimaneva sì corto che non era buono a quello lavorío. Onde indegnati li maestri rifiutarollo3, e puoserlo in uno luogo per ponte a coloro che passavano una fossa d’acqua. La reina di Saba essendo venuta per udire la sapienza di Salamone, quando [p. 18 modifica]volle passare per quello ponte, vide per ispirito, che ’l Salvatore del mondo doveva essere morto e sospeso in quello legno; e non volle passare sopr’esso, anzi l’adoròe. E quando fue tornata alla sua contrada, mandò dicendo4 a Salamone, che in su quello legno dovea morire uno, per la cui morte sarebbe distrutto lo reame de’ Giudei. E Salamone lo prese e fecelo sotterrare in luogo profondissimo, e fecelo coprire con la terra. E dopo alquanto tempo in quello luogo si fece una grande ragunanza d’acqua, e cavaronvi, acciò che vi stesse l’acqua, e chiamavasi probatica piscina; nella quale li ministri del tempio andavano a lavare le bestie morte, onde si faceva il sacrificio. ciò era agnelli, castroni, becchi, e altre carni. E in quella piscina venía una fiata l’Angelo, e movea l’acqua, e qualunque infermo prima v’entrava, allora era sanato: e non solamente per lo movimento dell’Angelo, ma per la vertude di quello legno riceveva sanitade quello infermo, che prima vi discendeva entro. E approssimandosi il tempo della Passione di Cristo, dicesi che quello legno venne a galla sopra l’acqua, e gli Giudei lo tolsero e fecerne la Croce di Cristo. E dicono alquanti che la Croce di Cristo fue di quattro generazione5 legni, cioè palma, cipresso, olivo, cedro, come si contiene in questo verso: Lignum Crucis palma, cedrus, cypressus, oliva. Onde nella Croce fue lo stipite, cioè lo legno ritto, e quello attraverso, e la tavola sopra ’l capo, ov’era la scrittura, e ’l ceppo da piede, ov’era commessa la Croce. o vero, secondo che dice Santo Gregorio, una tavola attraverso sotto li piedi. Questo legno prezioso della santissima Croce di Cristo, poi che fue crocifisso Cristo e andato in cielo, rimase in quel monte sotterrato e coperto con la terra anni CC e più. Ma in questo modo fue ritrovato da Elena madre di Costantino imperadore: che venne una grandissima moltitudine di barbari infino al Danubio, e volevano passare per prendere e per soggiogare le terre de’ Romani. Alli quali Costantino imperadore andò incontro, e puose l’oste sua allato al [p. 19 modifica]fiume. E crescendo la moltitudine de’ barbari, e già passando il fiume, fue molto ispaventato Costantino, perciò che conveniva che l’altro dìe seguente combattesse con loro. E la notte seguente fue destato dall’Angelo, e fugli detto che guatasse in suso. Ed egli guatando insuso vide una Croce in cielo fatta d’uno lume chiarissimo, nella quale era questa scritta: In hoc signo confide, et vinces. Confidati e abbi speranza in questo segno, e vincerai. Allora Costantino, confortato di quella visione, fece fare un simigliante segno della Croce, e portavalo dinanzi alla sua gente, e percuotendo nelli nemici, sì gli ruppe e miseli in fugga, e grandissima moltitudine n’uccise. Allora Costantino fece raunare dinanzi a sè tutti li pontefici de’ templi, e domandògli di quale Iddio era quello segno. E li pontefici dicendo che nol sapeano, vennero alquanti de’ cristiani che v’erano, e dissero pienamente ogni grandezza e vertude di quello segno santissimo della Croce. Ed egli incontanente credette in Cristo, e ricevette il battesimo da Eusebio papa; o vero, secondo il detto d’alquanti, dal Vescovo di Cesarea. E non fue questi quello Costantino, che fue battezzato da Santo Silvestro, anzi fue suo padre. Onde quello Costantino si convertìe in altro modo alla fede, secondo che si contiene nella Leggenda di Santo Silvestro. Morto dunque questo Costantino, che ebbe la vittoria per lo segno della Croce, lo suo figliuolo, fatto imperadore, non dimenticò la vittoria del padre, ma incontanente mandò la madre a Gerusalem a ritrovare la santissima Croce. La istoria ecclesiastica narra in altro modo questa vittoria di Costantino. Onde dice che uno tiranno, c’avea nome Massenzio, vogliendo per forza tenere e acquistare lo ’mperio romano, Costantino imperadore, vogliendosi difendere, andòe a uno fiume, dove dovea combattere con lui; e Massenzio, essendo uomo astuto e malizioso, fece in quello fiume uno ponte di navi, lo quale era sì fatto, che incontanente che Costantino vi salisse suso sì perirebbe. E Costantino, spessamente levando a cielo li occhi, chiedendo aiuto da Dio, vide in sogno dalla parte d’oriente in cielo uno segno di Croce risplendente di fuoco, e Angeli che6 stavano presso di lui, e dicevano: In questo segno vincerai tu Costantino. Allora Costantino rallegrandosi, et essendo già sicuro della vittoria, fece nella fronte sua lo segno della Croce, e nelli gonfaloni fece simigliantemente lo segno della Croce, e nella mano ritta portò una Croce d’oro. Poi fece orazione a Dio, che non permettesse maculare del sangue delli Romani la mano sua, con la quale portava lo segno della [p. 20 modifica]santissima Croce; ma concedesseli vittoria sanza ispargimento di sangue. E Massenzio comandò alli suoi, che facessero uno ponte di navi per ingannare Costantino, facendo lui salire suso, acciò che perisse nel fiume. E Costantino approssimandosi al fiume, Massenzio con pochi gli venne incontro, e comandò all’altra sua gente che venisse dopo lui, e per giudicio di Dio, dimenticandosi del ponte delle navi, c’avea fatto per ingannare Costantino, prima elli vi salìo suso, e incontanente andòe nel fondo del fiume, e affogòe. Allora tutta l’altra gente di Massenzio allegramente fecero le comandamenta di Costantino; e non perciò Costantino ricevette pienamente la fede di Cristo, e non si battezzò: ma poco tempo passato ebbe la visione di Santo Pietro, e di Santo Paolo, come si contiene nella sua Leggenda, e fecesi battezzare a Santo Silvestro, e fue curato della lebra; e perfettamente credendo, mandò la madre in Ierusalem per ritrovare la santissima Croce del Salvatore. Santo Ambruogio dice che Costantino fue battezzato nella fine sua; imperciò che voleva per divozione andare a ricevere lo battesimo nel fiume Giordano. Onde dovemo così credere che da Santo Silvestro ricevette pienamente la fede, ma non si battezzò allora, per andare a battezzarsi nel fiume Giordano. E avvegna che la Leggenda di Santo Silvestro dica altrimenti, cioè che Santo Silvestro lo battezzò, più dovemo dar fede al detto di Santo Ambruogio; imperciò che quella Leggenda di Santo Silvestro, quanto ad alquante cose, è dubbiosa. Dunque Elena essendo pervenuta a Ierusalem, comandò che tutti li più savi delli Giudei venissero dinanzi a lei, ch’erano in quella provincia. E li Giudei, avendo grande paura, dicevano insieme: Perchè pensate che la imperadrice ci faccia ragunare dinanzi da sè? E uno di loro, c’avea nome Giuda, disse: Io so ch’ella vuole sapere da noi7. guardate che nessuno gliele dica; imperciò che siate certi, quando sarà trovato, la nostra legge perirà. Onde io vi dico che Zaccheo, avolo mio, lo predisse al mio padre Simone, e ’l mio padre lo disse a me quando morìo. E disse così: Vedi, figliuolo mio, quando saràe ita caendo8 la Croce di Cristo, manifestala incontante, anzi che sie tormentato o distretto: e sappie9 che da quella ora innanzi la gente giudea non regnerà; ma quelli che adoreranno lo Crocifisso; imperciò ch’elli è Figliuolo di Dio. Al quale io dissi: O [p. 21 modifica]padre mio, se li nostri antichi padri seppono10 certamente ch’elli era Figliuolo di Dio, perchè ’l crocifissono? Ed egli mi disse: Dio, lo sa, ch’io non mi raunai mai in loro consiglio; anzi contradissi loro spesse fiate. Onde imperciò ch’elli riprendea li vizii delli Farisei, perciò lo fecero crucifiggere. Ed egli risucitò nel terzo dìe, e andòe in cielo, vedendolo tutti li Apostoli suoi. E ’l tuo fratello Stefano credette in lui, cui li Giudei istolti lapidarono. dunque, figliuolo mio, guardati che tue non bestemmi nè lui nè li suoi discepoli. E li Giudei dissono a Giuda: Noi non udimmo mai queste cose che tue hai ora dette; ma guarda che tu non confessi alla reina dove sia la Croce, s’ella ce ne domanderà del luogo, ove fue crucifisso. Ed essendo li Giudei davante alla reina, e domandandoli ella del luogo, ove Cristo fue crucifisso11, e non volendo rispondere la veritade, comandò che fossero arsi. Egli12 temendo diedolle13 Giuda, e dissono: Questi è figliuolo di profeta, e di giusto uomo, e sa bene la legge, e dicerà ciò che voi volete. Allora ella, licenziando tutti, sostenne Giuda, e disse14: La morte e la vita ti sono apparecchiate. prendi qual vuogli più tosto. Mostrami lo luogo c’ha nome Calvaria, ove fue crucifisso Cristo, acciò ch’io possa ritrovare la sua Croce. E Giuda disse: Come posso io sapere lo luogo, che sono già passati CC anni, e io non era nato? Ed ella disse: Per Cristo crucifisso, io ti farò perire di fame, se tu non mi dicerai la veritade. E incontanente lo fece mettere in uno pozzo secco, e stare [p. 22 modifica]sanza mangiare. E stando sei dì sanza cibo, chiese lo settimo d’uscirne fuori, e promise d’insegnare la Croce di Cristo. E quando fue fuori, andòe al luogo ove era la Croce, e incominciò a fare orazione devotamente; e subitamente tutto il luogo si commosse e sentirono tutti quelli, ch’erano presente15, odore maraviglioso; e maravigliandosi Giuda incominciò a fare grande letizia, e disse: In veritade Cristo tu se’ Salvatore del mondo. E in quello luogo era il tempio d’uno idolo, che si chiamava Venus, lo quale Adriano imperadore v’avea fatto fare, acciò che se alcuno cristiano andasse ad adorare in quello luogo, credesse la gente che andasse ad adorare l’idolo: e per questa cagione non era questo luogo visitato, anzi era quasi dimenticato dalli fedeli. E la reina incontanente fece disfare quello tempio infino alle fondamenta, e fece arare quello luogo. E dopo questo incominciò Giuda vigorosamente a cavare, e cavando xx passi, trovòe tre croci, e portolle alla reina. E non discernendo quella di Cristo dall’altre de’ ladroni, puosele tutte e tre nel mezzo della cittade, e aspettavano la gloria di Dio. E nell’ora di nona, uno giovane morto essendo portato a sotterare, Giuda tenne lo cataletto, e ambo le croci de’ ladroni puose sopra ’l corpo del morto, e non si levò. E ponendovi l’altra croce, incontanente si levò suso vivo. Nella istoria ecclesiastica si narra che una donna, la principale della cittade, giaceva tramortita; alla quale lo Vescovo ponendo sopra la prima e la seconda croce, neente per ciò si mutava: e ponendovi la terza, incontanente aperse gli occhi. Ancora si poterono discernere per lo titolo, lo quale Pilato fece porre sopra ’l capo, lo quale si ritrovò, secondo che dice Santo Ambruogio. E ’l diavolo gridava nel aere, e diceva: O Giuda, che hai fatto? A! Giuda mio, hai operato il contrario; imperciò ch’elli, per mio conforto, ordinò il tradimento contra [p. 23 modifica]Cristo, e tu, contrastandoti io, hai ritrovata la croce sua: abbo16 guadagnato per colui molte anime; e per te perdo quelle che io avea guadagnate. per colui regnava io nel popolo; e per te sono cacciato del regno. Ma io te ne renderò bene cambio, e leverò contra te un altro re, lo quale con tormenti ti constrignerà a negare lo Crocifisso. E quello disse lo diavolo di Giuliano appostata imperadore, lo quale uccise poi Giuda con molti tormenti, e fecelo martire di Cristo. Ma Giuda udendo gridare lo diavolo, e dicere quelle parole, non ebbe paura; ma arditamente lo maladiceva, dicendo: Cristo ti mandi nello abisso del fuoco eternale. E dopo questo fatto, Giuda si fece battezzare, e fue chiamato Quiriaco. E morto lo Vescovo di Ierusalem fue egli fatto Vescovo di Ierusalem. Ma Santa Elena, non avendo li chiavelli di Cristo, pregò lo Vescovo Quiriaco che procurasse di trovarli. Et egli andòe al luogo di Calvaria, e fece divotamente orazione a Dio. Et incontanente li chiavelli, come fossero d’oro chiarissimo, risplenderono e apparirono in terra. e Quiriaco li tolse e portògli a Santa Elena. ed ella puose in terra le ginocchia, e chinato il capo, sì gli ricevette con molta devozione. Poi tolse una parte della Croce, e recolla al figliuolo, e l’altra parte, coperta d’argento, lasciò in Ierusalem, e li chiavelli, con li quali fue confitto lo corpo santissimo di Cristo, portò al figliuolo. Dice Grigorio Vescovo di Turona, che quattro chiavelli fuorono17 confitti nel corpo di Cristo, delli quali Elena mise due nel freno del figliuolo imperadore: e ’l terzo mise nella imagine di Costantino, la quale è posta ad alti18 a Roma; e ’l quarto gittò nel mare [p. 24 modifica]adriano19, lo qual mare era infino a quel tempo consumamento di quelli che vi passavano20. Delli chiavelli dice Santo Ambruogio così: Elena andò caendo21 li chiavelli di Cristo, e trovògli. Dell’uno fece fare lo freno; e dell’altro una corona con altre cose preziose mescolata e commessa. E fece Santa Elena comandare che questa festa della Invenzione si celebri dalli fedeli ogni anno in questo dìe, a laude e a riverenza della Santa Croce.





Note

  1. Cioè cercando. Questo verbo non ha che questa voce oggi affatto dismessa, la quale si trova quasi sempre accompagnata col verbo Andare.
  2. Cioè crebbe, desinenza regolare, ma antiquata, della quale vedine altri esempi nel Mastrofini.
  3. Cioè rifiutaronlo. Negli antichi è assai frequente l’uso dell’L in luogo dell’N in casi consimili.
  4. Cioè mandò a dire. Nota, mio bel lettore, questa vaga proprietà del verbo mandare, d’accompagnarsi volentieri con que’ che i grammatici chiamano gerundi. Il Boccaccio disse. nov. 34. Mandò significando ciò, che far intendea. E il Petr. son. 305. E mi par d’ora in ora udire il messo, Che Madonna mi manda a sè chiamando.
  5. Se altri credesse che generazione, per generazioni fosse trascorso di penna, o fallo di stampa, anderebbe errato; da che gli Antichi ebbero in costume di terminare in E, così nel singolare come nel plurale, molte voci, massime quelle che appartengono in latino alla terza declinazione; di che vedi la nota 10. facc. 1. alle Pistole di S. Bernardo. Fir. Passigli, 1848.
  6. Questo che manca al codice.
  7. Nel latino vi è anche detto la cosa che voleva sapere, cioè: Ubi nam sit lignum crucis, in quo Christus crucifixus fuit.
  8. Cioè cercando. Vedi la nota 1. a facc. 17. Il lat. ha: quando inquiretur crux Christi:
  9. Sie per sii, o sia, seconda voce del congiuntivo; e sappie, per sappi, seconda voce dell’imperativo, sono desinenze dismesse, ma primitive, e non infrequenti negli antichi, tutto che la seconda non sia avvertita dal Mastrofini. Della prima eccone esempio in Dante Inf. 35 10. Io non so chi tu sie. E dell’altra nei Poet. 1.° sec. 2. 491. E se gravato sie d’infertà rea, Sol ch’hai farneticato, sappie, intendo. E nella Vita di S. Margh. 148. E sì mi piace tua bellezza, Che sappie bene, ch’io n’ho gramezza.
  10. Antica desinenza per seppero usata anche dall’Ariosto Fur. 13. 92. Non vi seppon però far resistenza. La desinenza in ono, in luogo di quella in ero, nelle terze persone plurali del perfetto dell’indicativo dei verbi della seconda coniugazione, era molto in uso appo gli Antichi; onde leggiamo qui appresso crocifissono, dissono e a pag. 7. ebbono.
  11. Le parole in corsivo, mancanti al codice, si sono aggiunte colla scorta del latino, che dice: Cum ergo illi ante reginam stetissent, et illa interrogasset eos de loco ubi fuerit Dominus crucifixus.
  12. Egli, per eglino nel plurale, l’usò anche Dante Purg. 2. 127. Se cosa appare, ond’egli abbian paura, Subitamente lasciano star l’esca.
  13. Cioè diedonle. Vedi la nota 3. a facc. 17.
  14. Le parole in corsivo mancano al codice, che ha: Allora ella temendo. Il latino dice così: Tunc illa omnes dimittens tenuit Iudam, cui dixit.
  15. Vedi la nota 2. a facc. 18. Del resto presente, nel numero del più, si ha anche nella Vita di S. Elisabetta facc. 45. (Modena 1848). Ed ella, insieme con tutti quelli che v’erano presente, rendero laude e grazie a Dio, e a Santa Elisabet. Dove il dotto editore M. A. Parenti ha apposta la seguente nota: “Non si creda scorrezione di costrutto. Presente fu adoperato altre volte, come particella indeclinabile, a forma di preposizione, o d’avverbio; nè per avventura è modo estinto nella miglior lingua parlata. Chi non intese quest’uso in quel luogo di Dante, Parad. 17. 93. E disse cose Incredibili a quei che fien presente, sostituì quest’altro verso, mostruoso pel costrutto e pel senso: Incredibili a quei che fu presente. E così non v’ha copiatore, o tipografo ignorantissimo che pareggiar si possa in trascorsi ad un correttore presuntuoso».
  16. Cioè ho. Abbo, assai frequente ne’ più antichi, l’usò anche Dante Inf. 15. 86. E quant’io l’abbo in grado, mentr’io vivo, Convien, che nella lingua mia si scerna.
  17. Vedi la nota 2. a facc. 9.
  18. Cioè in alto. I nostri Antichi costumarono talora di terminare in I nel singolare molti nomi che noi terminiamo sempre in O. Così nella Leggenda dell’Ascensione pag. 1. abbiamo Uliveti, per Uliveto; e in questa medesima Leggenda alla pagina 17 Libani, per Libano. Così in altre Scritture tardi add. per tardo; falli, per fallo; ec. E di alti, per alto le Prediche di Fr. Giordano ne son piene. Non è mancato chi ha creduto essere avvenuto il simile della voce Guado, e ne ha allegato in prova i seguenti esempi. Serd. Stor. 2. 83. Egli per non perdere una tanta opportunità invano, vi mise tutte le forze; e non potendo omai Naramuino sostener l’impeto, passò l’esercito, le bagaglie, e l’artiglieríe parte con barchette e parte a guadi. E 88. Ma il Zamorino.... tentò primieramente di varcare Repellino e a guadi per terra e sopra barche messe insieme in lunghe schiere. Ma, con sua buona pace, questi esempi non sono testimoni validi, dovendosi ivi leggere (e il contesto lo dice aperto) a’ guadi, e non a guadi. In fatti poco prima dell’ultimo esempio vi è detto: Si fece di nuovo forte con ripari sul passo de’ guadi di Repellino. E a pag. 89. Calò a’ luoghi, dove non erano tanti guadi. Onde corsi io medesimo, quando, sull’innanzi de’ miei predecessori, senza por mente più che tanto, li accolsi nel mio Vocabolario, dove sono da espungersi.
  19. Il codice con manifesto errore ha: e ’l quarto gittò Adriano nel mare. Il latino dice: et quartum in mare adriaticum proiecit. Adriano poi, per adriatico, è voce fuor d’uso, adoperata anche da un celebre scrittore moderno, Pietro Giordani, in una sua bellissima iscrizione istorica, dove di Leopoldo Secondo dice: imprese di congiungere Toscana al mare adriano.
  20. vorago navigantium ha il latino.
  21. Vedi la nota 1. a facc. 17.