Renovatione della Chiesa/Lettere dettate in estasi/I

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Lettera I

../../Renovatione della Chiesa ../II IncludiIntestazione 01 ottobre 2009 75% Cristianesimo

Renovatione della Chiesa Lettere dettate in estasi - II

All R.do frate Angelo [Pientini], dell’Ordine de Predicatori

Molto R.do in Christo Padre e tutti e coaiutori della in trinseca opera; salute nella dolce Verità, e increata sapientia.

Io indegna ancilla dell’humanato Verbo, constretta dalla dolce Verità, scrivo a vostra Reverentia, eletto per mezzano instrumento da essa Verità ad aiutare l’intrinseca opera ab eterno ordinata.

E hora venuto il tempo che vuole da servi sua si metta in essecutione, dico di riunire a sé le disunite spose sua con tutti gli altri religiosi che hoggi vivono ne monasteri tanto contrari alla vocatione a cui Dio gli ha chiamati, non osservando e voti che gli hanno promesso. Gli scrivo adunque facendogli intendere come essa Verità l’ha eletto non come propriamente operatore di essa opera, ma come coaiutatore a disporre il proprio e principale Operatore. E però da parte dell’humanato Verbo costringo voi, insieme con gli altri coaiutatori, a spogliarvi d’ogni amor proprio, d’ogni rispetto humano e simulatione, andando sempre con ogni rettitudine, con nuda verità e sincera parola, mettendovi innanzi lo svenato Agnello, Christo Jesu.

Sovvenga a tutti di quella parola che disse il Verbo che darebbe la vision sua a puri di cuore; beati mundo corde quoniam ipsi Deum videbunt (Mt. 5,8); massimo voi che havete il nome di quelli puri spiriti, e eterni appetto alla creatura.

La purità non può stare dove non si procede con rettitudine e verità. Non si voglin privare e puri di cuore della vision tua per un risguardo del volto irato di uno, se bene in dignità.

E sappi vostra Reverentia, charissimo Padre in Christo Jesu, che la purità non è altro che non havere pur un pensiero, un desiderio, una minima intentione contro la rettitudine e sincerità. E però bisogna camminar sempre con ogni stiettezza, e dir la verità.

E facci che non sia manco l’opere che il nome angelico. E proceda co’ sua padri e fratelli che concorreranno a essa opera, con quella sapientia e prudentia che Dio gli ha data.

Sovvengagli ancora le parole dell’innamorato Paulo che si gloriava di esser separato da Dio e esser tenuto pazzo per dir la verità, che gliene ricordo; e proceda con la dottrina che ha, facci che questa sia la prima offerta che faccia nel sacrificio della santa Messa, che lo frequenta, e non tema poi se troverrà qualche contrarietà, mettendosi innanzi lo svenato Agnello.

E se gli verrà occasione nell’avvisare il suo christo e dirgli la verità, di vedere in lui muovere la potentia irascibile, ricordigli con dolcezza quelle parole del vergineo Giovanni che chi si crede esser senza peccato s’inganna (cf. 1 Jo. 1,8); non temendo però di dirgli la verità sempre, né gli scoprendo però a un tratto tutti gli errori in che esso si trova che danno sì grande impedimento a tale opera. Dhe, vestasi il mio Padre di quello che ha lasciato per noi la vesta e spoglia, dico lo svenato Agnello! Dhe vestasi, dhe vestasi, dhe vestasi! E non tema di dir la verità, non manchi in lui il zelo di chi fa professione di seguire.

Non si raffreddi in lui il fervore de primi immitatori della verità, e consideri bene l’opera di Dio.

Ricordisi del santissimo Moise che per una sola transgressione non si condusse in terra di promissione.

A dunque non regni in lui, né in quelli a chi sarà concesso questo lume, negligentia in questa opera tanto grata a Dio quanto è grato Dio a se stesso.

Ma veggo nel mio r.do Padre venire un timore di tutta la sua congregatione, e però tace. Non che non habbi tal conoscimento dell’error suo e bontà di Dio, ma manca in lui la confidentia.

E che rimedio à pigliare di tal timore, se bene n’ha alcune cagione? Pigli per aiuto, di quelli di chi à timore, dico de sua medesimi padri, ma di quelli che sono più fondati nel zelo del loro innamorato Padre. Pigli per consiglio di quelli che conosce esser già ammaestrati dalla somma verità, più illuminati.

Dhe, non mi trovi scuse il mio Padre! dhe, non mi trovi scuse! Perdonimi il grado che tiene di quel gran Sacrifitio che offerisce. Non piacciono le scuse a Dio, non le vuole, non l’accetta; però non si scusi, ma mettasi innanzi e risguardi lo svenato Agnello in croce, dove vedeva il suo eterno Padre dis’ honorato, e per questo non ritardò dall’opera ma la seguì, havendone a riuscire maggior honore di esso eterno Padre. Così interverrà in questa opera, che se ben parrà venga in dis’ honore della sua Religione, non sarà dis’ honore ma alquanta confusione, della quale ne risulterà poi maggior honor di Dio e di essa Religione.

Non s’adormenti, non s’intepidisca, non venga a negligentia e non dispregi e non giudichi le parole dello svenato Agnello, se ben proferite da quella che è cagion d’ogni ingnorantia.

E ricordisi e ben consideri quelle parole che esso legge nel discorrere che fa nel giardino delle Sacre Scritture, che quello che sta nel throno sempre fa cose nuove: Ecce nova facio omnia (Apoc. 21,5). Se ben questa opera è proceduta e procede dall’antica e nuova Sapientia, proferita da chi lui si compiace, ricordisi che Dio fa tal cose nuove ogni volta che tal cose sono sopra la terra, come sono hoggi le molte iniquità e infiniti peccati.

Ricordisi ancora, e ben penetri, quelle parole che forse a questa hora nel Mattutino debbe haver detto per la debolezza del suo corpo: Calicem Domini biberunt et amici Dei facti sunt. Non prima dice amici che beuto il calice, ma prima beuto il calicei e poi amici. Non mi faccia scuse il mio Padre, non mi faccia scuse con dire: io non sono apostolo, non gli paia gran cosa che io lo faccia simile alli apostoli che so che non è; ma so bene che ha la medesima potestà di ministrare e dare il Sangue dello svenato Agnello come gli apostoli, per virtù del qual Sangue tutto quello che legherà e sciorrà in terra promette la mia Verità che sarà sciolto e legato in cielo: Quodcumque ligaveris super terram erit ligatum et in caelis: et quodcumque solveris super terram, erit solutum et in celis (Mt. 16,19). O bontà, o bontà, o bontà della mia Verità!

Non gli harebbe dato Dio tal grado di gratia se non havessi voluto servirsi di lui a disporre con la parola il cuore del suo Christo a far tal opera.

Dhe, penetri il Sangue e faccia sì che esso Christo si disponga. O, se Christo in cielo si contenta di sciorre e legare tutto quello che voi legate e sciogliete in terra, o come non si contenterà il Christo suo di riunire in terra a esso Christo in cielo le sua spose? Anzi credo, se fussi possibile, n’andrebbe cercando come la sposa dello Sposo se conoscessi quanto gli è grata tal opera.

Se bene tiene il mio Padre serrate le pretiose gioie nel suo petto, contentisi di conferirle, mostrarle e darle ancora a sua fratelli e figliuoli. E se possiede in sé la pretiosissima e riccha povertà, contentisi di comunicare la sua ricchezza agli altri simili a se per vocatione, però che tutta questa opera che s’à da fare si contiene in quelle parole: Vos qui reliquistis omnia et secuti estis me, centuplum accipietis et vitam eternam possidebitis (cf. Mt. 19,28 s).

Voi lo sapete meglio di me per dottrina, ma il Verbo si contenta che io lo dica a voi. Che ci promette? Dhe, attendete: che ci promette il mio Christo? Che ci promette? Non la gloria humana, che è vanità e non è nulla. Non le ricchezze, che non possono satiare l’appetito nostro, ma con Paulo si hanno a reputare come sterco (cf. Fil. 3,8), ma dice: cento per uno (cf. Mc. 10,30). Uno non è nulla; ma cento è numero compìto, col quale si può numerare in infinito. Quando il Verbo disse di dare cento per uno, volse dire per quel cento la comunication della vision sua; e anche quell’uno non vuol lasciare il mio Verbo. Se ben a lui non è nulla, a noi è qualcosa; e è questo uno le cose terrene che posseggono in questo mondo, quale ci sono in aiuto a condurci a possedere que beni eterni e quel cento compìto di essa visione. Dhe noti, dhe noti che non dice habebunt ma possidebunt; dunque havere e possedere non è una cosa medesima. O, se io ho una cosa nelle mane, non la posseggo io. Dhe, noti questo il mio Padre. La cosa che io posseggo è sottoposta a me e non mi può esser tolta; ma la cosa che io ho alcuna volta nelle mia mane è equale a me, perche può esser mia per haverla acquistata, e può esser d’altri, e mi puo esser tolta; le cose equale sono e premi, li quali premi li possiamo perdere e acquistare, esser nostri e non nostri, secondo che operiamo e non operiamo, e secondo che Dio si compiace dargli o non dargli alla creatura. La cosa che si possiede, è vita eterna, e che è la vita eterna se non tu, vera Vita, che ti sei fatto sotto di noi, e non puoi fare che non ti possediamo? Ti possediamo, ti possediamo, sì, perché sei nostro; né ti possiamo perdere se non vogliamo, sendoti sottoposto a noi. E se perdessimo te, vera Vita, saremo privi del paradiso quale ci ha aperto col tuo Sangue, o innamorato, svenato e inchiovellato Agnello!

Mi son trattenuta con la Charità vostra, dilatandomi in alcune cose. Ma ritorniamo hora al primo principio della mia Verità. Stievi bene in mente quelle parole che disse essa prima Verità, che si conoscerebbe se fussimo sua amici, dhe, ditemi, a che? Alla dilettione (cf. Jo. 13,35). E che maggior dilettione può essere che metter la vita pel prossimo? E se non è maggior dilettione che questa, non è anche maggior opera che aiutare ritornare le creature a Dio.

Ancora vi vuò dare un altro sprone, e poi ritornar con voi al primo principio. Voglio, anzi la Verità vuole fare a voi come si fa a parvolini che hanno bisogno del latte e come si fa a servi troppo timorosi che si promette loro il premio. Ricordatevi che la Verità disse che chi lo confesserebbe dinanzi agli huomini lo confesserebbe essa Verità dinanzi al suo Padre e agli Angeli sua (cf. Mt. 10,32; Lc. 12,8), e pel contrario chi non lo confesserebbe, e basta.

Permanga nel ministro del mio Verbo la verità, e sempre conferisca e referisca verità della Verità.

Mi raccomando strettamente alle sante oratione di V. R.tia con domandargli humilmente la santa beneditione.

Amoroso mio JESU, increata Sapientia, dolce Verità, tranquillo Amore, JESU, JESU, JESU.

Del nostro monasterio di Santa Maria degli Angeli presso a San Fridiano, il dì 25 di luglio 1586.

L’humile Ancilla dell’humanato Verbo

S.or M.a Maddalena de’ Pazzi