Rime (Cavalcanti)/Le Rime di Guido Cavalcanti/Le rime posteriori al 1290/Perch'io non spero di tornar già mai
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Ballata.[1]
Perch’io non spero di tornar già mai,
ballatetta, in Toscana,
va tu leggera e piana
dritt’a la donna mia,
che per sua cortesia
6ti farà molto onore,
Tu porterai novelle di sospiri
piene di doglia e di molta paura;
ma guarda che persona non ti miri.
che sia nemica di gentil natura:
chè certo per la mia disaventura
tu saresti contesa,
tanto da lei ripresa
che mi sarebbe angoscia:
dopo la morte poscia
16pianto e novel dolore.
Tu senti, ballatetta, che la morte
mi stringe sì che vita m' abandona,
e senti come ’l cor si sbatte forte
per quel, che ciascun spirito ragiona.
Tant’è distrutta già la mia persona
ch’io non posso soffrire.
Se tu mi voi servire
mena l’anima teco,
molto di ciò ti preco.
26quando uscirà del core.
De! ballatetta mia, a la tu’ amistate
quest’anima che trema raccomando:
menala teco nella sua pietate
a quella bella donna a cui ti mando.
De! ballatetta, dilli sospirando,
quando li se’ presente:
— questa vostra servente
ven per istar con voi,
partita da colui,
36che fu servo d’amore. —
Tu, voce sbigottita e deboletta,
ch’esci piangendo de lo cor dolente,
co’ l’anima e con questa ballatetta
va ragionando de la strutta mente.
Voi troverete una donna piacente,
di sì dolce intelletto,
che vi sarà diletto
starle davanti ognora.
Anim’, e tu l’adora
46sempre nel suo valore.
- ↑ Questa ballata fu male tradotta in tedesco da K. M. Sauer in Geschichte der italienischen Litteratur von ihren Anfängen bis auf die neueste Zeit - Leipzig - Verlag von Wilhelm Friedrich 1883 (8°, pp. VI. 629)
Autorità massima Mart di fronte ai pur primari Cap1, Ca, Va. Le differenze però si riducono in generale a modificazioni grafiche.