Rime (Vittoria Colonna)/Sonetti spirituali/Sonetto XXXII

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SONETTO XXXII


Mossi dai grandi effetti alzaron l’ali
   A la prima Cagion quei primi ingegni,
   Ed a noi tanti e sì possenti segni
   De la bontà di Dio son nudi e frali;
Ma, se non puote gli occhi egri e mortali
   Aprir nostra natura, almen si degni
   Mirar se stessa, e converrà che sdegni
   Di sentirsi intricata in sì gran mali.
Vedrà come il Signor n’aspetta, e sempre
   Tiene al nostro girar più salda e ferma
   La stabil pietra de la Sua bontade,
E scorge l’opre nostre con l’inferma
   Natura insieme, e vuol che la pietade
   Sua dolce il nostro amaro error contempre.


SONETTO XXXIII



<poem>
Vedremmo, se piovesse argento ed oro,
   Ir, con le mani pronte e i grembi aperti,
   Color che son de l’altra vita incerti
   A raccor lieti il vii breve tesoro,
E sì cieco guadagno e van lavoro
   Esser più caro a quei che son più esperti,
   Ché le ricchezze danno e non i merti
   Oggi le chiare palme e ’l verde alloro.
Ma non si corre a Dio, che dal Ciel porta
   Dentro la piaga del Suo dextro lato
   D’infinito tesor perpetua pioggia,
E se spirito alcun Gli apre la porta
   Dicon che inganna il mondo, o ch’è ingannato
   Dal suo pensier, che troppo in alto poggia.