Rime (Vittoria Colonna)/Sonetto LXXI

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Sonetto LXXI

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Sonetto LXX Sonetto LXXII


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SONETTO LXX


Alma felice, se ’l valor, ch’ eccede
   Nel mondo ogn’ altro, ancor nel Ciel sublima,
   Come avesti tra noi la palma prima,
   Esser de’ tua la più pregiata sede.
Fin che l’ immagin viva, e l’ occhio riede,
   La bella tua memoria in alta cima
   Di quei chiari pensier, ch’ an vera stima,
   Farà dell’ opre degne immortal fede.
Che nè invidia qua giù, nè là su merto
   Di fam’ al mondo, e al Ciel di gaudio eterno,
   Il primo pregio la tua gloria tolse.
Ragion l’ afferra, e Amor lo mostra aperto,
   Che ’l tuo vivo splendor riluce interno
   Nel petto, ov’ ogni error prima disciolse.


SONETTO LXXI


Miser, che debbo altro, che pianger sempre?
   S’ io miro la beltà, ch’ in terra adoro,
   Le stelle, i bei rubin, le perle, e l’ oro,
   Perchè la vaga luce il duol contempre;
Raddoppia il mio martir, non par che ’l tempre,
   Ch’ io senza speme miro ’l bel tesoro,
   Onde n’ acquisto danno, e non ristoro,
   Sicchè convien piangendo io mi distempre.
L’ oro il laccio nel cor, i rubin fiamma,
   Lagrime amar le perle, e i dolci lumi
   Strali, ch’ al petto anno infallibil segno:
Sicchè ’l novo mirar di nuovo infiamma,
   E mirando convien, che mi consumi:
   Morir non posso, e tal viver disdegno.