Rime varie (Alfieri, 1912)/X. Dinanzi ad una statua di Venere

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X. Dinanzi ad una statua di Venere

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X. Dinanzi ad una statua di Venere
IX. Non cesserà mai di amare la Contessa XI. Meraviglie prodotte dall'apparire della sua donna

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X [xxvi].1

Dinanzi ad una statua di Venere.

O di terreno fabro2 opra divina,
Pario spirante marmo, immagin viva,3

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Che di favella, ma non d’alma, priva,
4Finor sedevi di beltà reina:
Cedi il regno, che il cielo omai destina
A mortal donna, a cui null’altra arriva;
Chi forse invidia la tua stessa Diva
8Nata fuor dell’azzurra onda marina.4
Arte, audace assai troppo,5 ogni sua cura
Posta in formar di te cosa perfetta,
11Già parea di sua palma irne sicura;
Ma, lunga etade a soggiacer costretta,
Dal suo letargo è sorta al fin Natura,
14E fa questa mirabile vendetta.6


Note

  1. Il presente sonetto ha nel ms. la data dell’8 febbraio 1778, e poiché in quell anno l’A. fu a Firenze la Venere a cui egli allude è forse quella attribuita a Cleomène, detta dei Medici.
  2. 1. Fabro nel significato di scultore è anche in Dante (Purg., X, 97 e segg.):
    Mentr’io mi dilettava di guardare
    Le immagini di tante umilitadi
    E per lo fabbro loro a veder care...
  3. 2. Che respiri, che hai vita.
  4. 7-8. Venere, che la statua rappresenta.
  5. 9. Assai troppo è usata dall’A. anche in prosa: cosi nell’Aut., (I, 1): «[La mia vivacità] fu tanta, che allo Zio parve assai troppa.
  6. 14. Ricorda il verso del Petrarca (Rime, II):
    Per fare una leggiadra sua vendetta....