Risposta dell'ingegner Giovanni Milani al dottore Carlo Cattaneo/Parte I

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Parte I

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Introduzione Parte II


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I.


Seminatore di discordie anche prima di avere preso parte nell’impresa.


Rivista di vari scritti, ecc., pag. 14.


8.° Il dottore Cattaneo scrive:

La Commissione veneta, senza prender concerto con l’altra, aveva offerto la direzione di tutta l’impresa all’ingegnere Milani, e il 21 febbraio 1837 gli scriveva di avere definitivamente stabilito, pregandolo a sollecitare il suo arrivo in Italia. Ma dopo tre settimane gli dava l’annunzio che la Società fondatrice era divisa nelle due sezioni di Venezia e di Milano; e il loro mandato contemplava i rispettivi territorii; e che la sezione di Milano aveva per sua parte nominato un proprio ingegnere, nello stesso tempo che aveva approvato e aggradito la scelta del signor Milani per la parte veneta.

L’ingegnere rispondeva di non voler accettare un incarico diviso per territorii e ristretto per lui al solo territorio veneto.

Qui si ommise di notare alcune date, e tutti i luoghi dove queste proposte fatte all’ingegnere Milani gli furono dirette, e da dove egli rispose. Ciò può giovare forse all’oscurità, ma non alla chiarezza; sicchè noi, che amiamo le cose chiare, vi aggiugneremo quello che manca.

Il 19 aprile 1836 una Commissione fondatrice, che mi si dichiarava regolarmente costituita, mi offerse la creazione di una strada a ruotaie di ferro da Venezia a Milano, caso che dovesse aver luogo.(Allegato A.)

L’offerta mi fu diretta a Lubecca ed a S. Pietroburgo. La ritrovai a Lubecca, e l’accettai da Lubecca, il 3 giugno 1836. (AllegatoB.)

A questo mio foglio di accettazione la Commissione fondatrice non rispose che dopo cinque mesi, il 9 novembre 1836; ed anzi la lettera non mi giunse che il 4 dicembre 1836 a Berlino, dove erami ridotto dopo un giro fatto nella Russia, nella Svezia, nella Norvegia, nella Danimarca.

Il ritardo ed il tenore della risposta (Allegato C) mi destarono il sospetto che le cose s’intorbidassero, e che si volesse mutarmi la parola datami; ma il dubbio mi parve oltraggioso alla Commissione, e lo posi da parte. Risposi ringraziando di nuovo. (Allegato D.)

Tre mesi dopo, il 21 febbraio 1837, mi si invitò a recarmi, il più presto che fosse possibile, a Venezia, onde dar mano all’opera. (Allegato E.) [p. 2 modifica]

L’invito non era più di una Commissione fondatrice in genere, ma di una Commissione fondatrice veneta, e nel resto tutto poteva e doveva far credere che si trattasse della intiera strada da Milano a Venezia, perchè non mi si parlava punto di mutamenti avvenuti dopo l’offerta del 19 aprile 1836, e da me accettata il 3 giugno 1836 anzi mi si diceva chiaramente che si aveva definitivamente stabilito di valersi dei miei lumi e talenti per la redazione del progetto della strada ferrata da Venezia a Milano.

Pure, per quella nuova intestazione di Commissione fondatrice veneta, i dubbii destatimi dall’altro foglio 9 dicembre 1836 mi si accrebbero; e quindi, prima di muovermi da Berlino, dove era, chiesi, il 5 marzo 1837, alla Commissione fondatrice, se l’incarico, di cui allora mi parlava, era poi quello stesso che mi aveva offerto il 19 aprile 1 836. (Allegato F.)

Allora, il 16 marzo 1837, ma allora soltanto, mi si raccontò la storia della Commissione fondatrice divisa in due sezioni, ec., e mi si disse, che l’incarico che mi si riserbava, giunto che fossi a Venezia, dietro la promessa del tutto, e sulla fede del tutto, non era più quello di tutta la linea tra Venezia e Milano, ma soltanto quello della parte che si stende tra Venezia ed il Mincio. (Allegato G.)

Ho risposto, il 26 marzo 1837, che mi era stato offerto il tutto e non la parte, che aveva accettato il tutto e non la parte, e che non voleva accettare un incarico diviso per territorii, e ristretto, quanto a me, al solo territorio veneto. (Allegato H.)

9. Il dottore Cattaneo prosegue:

«Poi mandava a Milano copia di tutto il carteggio da pubblicarsi; ed io fui richiesto di farlo inserire negli Annali di statistica. Mi parve dannoso consiglio che avrebbe promosso la discordia e alienata l’opinione generale, e perciò ritenni il carteggio coll'acerba lettera che lo accompagnava, e lo conservo tuttora».

Qui non solo si offusca la verità, ma s’introduce la menzogna. Chi sta alla esposizione, alle parole del dottore Cattaneo, deve credere che io abbia spedito il carteggio a Milano, perchè si pubblicasse: e questa è una menzogna.

Intanto, quando io era a Berlino non aveva l’onore di conoscere il dottore Cattaneo; è un onore che ho guadagnato più tardi; ignorava anche che vi fosse un giornale intitolato Annali di statistica. Il fatto vero è questo:

In Isvezia, a Gottenburgo, ebbi la fortuna d’incontrarmi col nobile signor Giuseppe De-Cristoforis, di bella fama, di onorata memoria. Fummo insieme a Copenaghen, ad Amburgo. Ad Amburgo ci siamo separati, volgendo egli all’Inghilterra, io alla Prussia. Questo incontro mi procurò l’onore della sua amicizia, della quale io fui e sarò sempre superbo. Prima di lasciarci gli ho detto che ci rivedremmo a Milano, perchè la Commissione fondatrice di una strada a guide di ferro da Venezia a Milano me ne aveva offerto la costruzione, ed io aveva promesso di costruirla.

Quando il mio ritorno in Italia sembrò svanire per le ragioni suddette, temetti che il De-Cristoforis, vedendo non me, ma altri, all’opera nella strada di ferro da Venezia a Milano, potesse sospettare che io avessi mentito, od almeno leggermente creduto, e quindi mi risolsi, il 30 marzo 1837, di spedirgli a Milano in copia tutto il carteggio corso tra la Commissione fondatrice e me, accompagnandoglielo colle seguenti parole:

"Non verrò per ora più in Italia; la strada di ferro da Venezia a Milano non sarà fatta da me: ma non mentiva quando le diceva:

Che una Commissione della Società una Commissione regolarmente costituita me ne aveva offerto, scrivendomi a Lubecca ed a S. Pietroburgo, il progetto e la direzione, e che io aveva accettato l'offerta.

E siccome desidero ardentemente due cose: di giustificare cioè il detto mio in faccia a [p. 3 modifica] lei, e che di questo amaro fatto accadutomi il vero si sappia anche a Milano, oso supplicarla di scorrere l’intiero carteggio corso tra me e la Commissione, e di farlo conoscere a quanti altri credesse che il conoscerlo fosse per essere utile alla difesa del compromesso onor mio».

In seguito trascrissi il carteggio, poi seguitai:

«Che le pare? Poteva temer io tutto questo? Io che ho chiesto nulla? Io che ho accettato, perchè una Commissione regolare mi fece l’offerta, perchè sperava di tornar utile alla mia patria dedicandovi il poco che ho appreso, e quanto mi resta di attività, di assiduità, di vita? Io, che in quel duro e penoso affare altro non voleva cogliervi che onore! ed ora, quand’anche le cose così divise potessero andar a bene, che non lo credo, come potrei por me e l’onor mio in simili mani?

II dolore che provo mi sarà di molto alleviato s’ella potrà e vorrà dirmi: «il buon dritto è per te, e tu avrai sempre la stima e l’amicizia mia». In queste speranza oso ancora pregarla ad avermi per il di lei, ec.».

Le parole del dottore Cattaneo, superiormente citate, non si possono riferire che a questa mia lettera, perchè io non ho mandato ad altri il carteggio, e non ho scritto ad altri, su questo proposito, da Berlino a Milano.

Non è dunque vero che io abbia mandato il carteggio a Milano perchè si pubblicasse, chè il mandarlo ad un amico della prudenza e dell’onore del signor Giuseppe De-Cristoforis, perchè se ne servisse con chi credesse a difesa del compromesso onor mio, non è mandarlo perchè si pubblichi, meno poi perchè si pubblichi colle stampe, e negli Annali di statistica.

Non ho dunque tentato di seminare discordie. Ho fatto quello che ogni uomo d’onore ha non solo diritto, ma dovere di fare: ho chiarita la verità delle mie parole, compromessa non pel fatto mio, ma pel fatto altrui. E quanto alla acerbità della lettera, lascio al benigno lettore il decidere, se quella lettera di un uomo d’onore, astretto a giustificarsi di menzogna in faccia ad un amico, per colpa della Commissione, possa dirsi acerba.