Rivista di Scienza - Vol. I/Die Mneme

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Eugenio Rignano

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Einführung in die Deszendenztheorie Rassegna di Chimica
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Richard SemonDie Mneme als erhaltendes Prinzip im Wechsel des organischen Geschehen. Leipzig, Engelmann, 1904.

L’idea di paragonare lo sviluppo ontogenetico ad un fenomeno mnemonico è, si può dire, contemporanea alla scoperta della legge biogenetica fondamentale dell’ontogenesi ricapitolazione della filogenesi; legge, che di per sè stessa dava allo sviluppo l’aspetto come d’un processo mnemonico, rievocante i successivi stadi per cui la sostanza vivente è passata nella serie delle generazioni trascorse.

Così Haeckel stesso già parla della memoria dei suoi plastiduli; Orr tenta di spiegare la ricapitolazione ontogenetica della filogenesi colla legge psichica dell’abitudine; e Cope ritiene l’ontogenesi un ricordo incosciente della filogenesi.

Ma fino dal 1870, nella sua celebre conferenza: «Ueber das Gedächtniss als eine allgemeine Funktion der organischen Materie», l’Hering già svolgeva la tesi ancora più generale che la memoria fosse la funzione fondamentale di tutta quanta la sostanza vivente. Ora, il Semon, in questa sua «Mneme», riprende la tesi dell’Hering, sviluppandola e illustrandola con una copia ricchissima di fatti.

Egli osserva, nella sostanza vivente in genere, che se un dato stimolo a in quanto stimolo originario provoca soltanto l’eccitazione α, e un altro stimolo b l’eccitazione β, l’eccitazione complessa (α + β), in quanto eccitazione originaria, non può venire provocata che dall’azione contemporanea dei due stimoli, cioè da (a + b); ma in quanto eccitazione o rievocazione mnemonica, essa può invece venire «svincolata» anche da a soltanto o da b soltanto.

Parimente, uno stimolo troppo debole per provocare un’eccitazione originaria può bastare per svincolarla come mnemonica.

Da ciò la funzione conservatrice della memoria, perchè stimoli esterni qualitativamente e quantitativamente diversi possono tuttavia svincolare eccitazioni mnemoniche uguali; ciò che fa sì che la sostanza organica, appunto in quanto immagazzinamento di ricordi di tutte le eccitazioni subite nel passato, si muti, sotto l’influenza degli stimoli del mondo esterno di continuo cangianti e non ripetentisi forse mai del tutto identici, molto più a rilento di quello che farebbe se priva di facoltà mnemonica.

Inutile è portare degli esempi di queste «disposizioni di irritabilità» nei fenomeni mnemonici propriamente detti: Un odore caratteristico, che aveva colpito il Semon proprio nel momento che gli si era presentata ad un tratto dinanzi la vista del [p. 348 modifica]golfo di Napoli, gli rievocava sempre in seguito, ogni volta che lo risentiva, la stessa bella veduta.

Ora, l’autore insiste su questo, che consimili «disposizioni di irritabilità», certamente non acquisite durante la vita dell’individuo, si manifestano in tutti gli organismi viventi. Gli esempi più caratteristici ci sono offerti degli istinti: In una gazza di cinque settimane, che non aveva ancora mai fatto un bagno, il semplice beccare per la prima volta l’acqua d’una ciotola rievocò la sensazione e provocò gli stessi effetti d’un bagno completo; infatti essa si mise a fare tutti quei gesti di rannicchiare il capo, sbattere le ali, e via dicendo, che gli uccelli usano di eseguire appunto nel bagnarsi.

Ma non solo nei fenomeni ontogenetici d’ordine psichico, quali gli istinti, bensì anche nei morfogeni propriamente detti si hanno manifestazioni di «disposizioni di irritabilità», pure non acquisite in vita: Così, p. es., in certi anfibi, il semplice contatto coll’aria atmosferica basta a provocare la loro metamorfosi da organismi branchiati a pulmonati; se impediti di uscire dall’acqua e di venire a contatto neppure parzialmente coll’aria, essi restano branchiati tutta la vita.

Dunque si ha qui, dice il Semon, anche in tale fenomeno ontogenetico morfogeno, una vera e propria «disposizione di irritabilità», che il contatto dell’aria non fa che «svincolare». E con gran numero di altri esempi consimili l’autore cerca di dimostrare che, non questo o quel fenomeno particolare soltanto dello sviluppo, ma tutta quanta l’ontogenesi altro non sia che una serie di svincolamenti successivi di altrettante disposizioni specifiche di irritabilità.

Tale in strettissimo riassunto la tesi del nostro autore. E ben si può dire egli sia riuscito, se non a dimostrarla, a darle per lo meno, in modo molto suggestivo, l’aspetto di grande probabilità. Quanta importanza tale risultato abbia per sè stesso e per la questione strettamente connessavi della trasmissibilità dei caratteri acquisiti non occorre qui rilevare espressamente.

Invece, certo non si può dire altrettanto riuscito il tentativo da lui fatto di spiegare questa proprietà mnemonica della sostanza vivente in generale e dello sviluppo ontogenetico in particolare.

Infatti, mentre per i comuni fatti della memoria si osserva una vera e propria localizzazione, egli si crede invece costretto a negarla pei fenomeni di memoria filogenetica determinanti l’ontogenesi, visto che non già il soma nella sua integrità, ma solo una minima sua parte, il solo germe, può esserne il trasmettitore. E così, al principio della localizzazione sostituisce quello di una irradiazione e diffusione, — via via decrescente in intensità ma [p. 349 modifica]qualitativamente invariabile, — dell’azione di ciascun stimolo, tanto psichica che morfogena, tanto semplice che complessa; di modo che dalla rispettiva ristretta zona, in cui tale azione verrebbe ad avere l’intensità massima, essa potrebbe così pervenire ad imprimersi in tutte quante indistintamente le cellule del soma, le sessuali comprese, anzi in tutte quante indistintamente le singole più piccole particelle viventi o «protomeri» di ciascuna cellula.

Protomeri o plastiduli, è questa l’antica concezione metafisica dell’Haeckel, che non spiega niente, che costituisce un vero non senso. Che significato può avere, infatti, p. es., il trasmettersi d’una data impressione complessa visiva ai protomeri di fibre muscolari, di cellule glandolari, e via dicendo, oppure il diffondersi d’un dato adattamento funzionale locale per tutto quanto l’organismo?

Se l’analogia, che tanti ha colpito, fra lo sviluppo e la rievocazione mnemonica, dipende veramente da qualche proprietà sostanziale che i due fenomeni hanno in comune, la localizzazione anche della serie infinita dei fenomeni mnemonici, cui sarebbe dovuta l’ontogenesi, s’impone non meno di quella dei fenomeni mnemonici propriamente detti. Nel tempo stesso, se il riavvicinamento comparativo fra memoria psichica e memoria morfogena rappresenta veramente qualche cosa di più che una semplice innocua metafora ambedue questi fenomeni devono essere suscettibili d’una medesima spiegazione fisiologica.

È forse l’assimilazione stessa, questa proprietà precipua del fenomeno vitale finora del tutto inscrutabile pel chimico, questa misteriosa facoltà della sostanza vivente di riprodursi, dopo ogni processo d’usura accompagnante l’attività funzionale, sempre identica a sè stessa, sempre pronta col decomporsi di nuovo a riprodurre le medesime attività specifiche funzionali, che potrà fornire un giorno la spiegazione fisiologica desiderata tanto della memoria morfogena dello sviluppo che della memoria propriamente detta e quindi di tutti i fenomeni psichici in genere?

Quale si sia la risposta che l’avvenire riserba sopra una questione così essenziale, a noi premeva qui porre in rilievo quanto la concezione della proprietà mnemonica di tutti quanti in genere i fenomeni vitali, su cui torna ad insistere il Semon in un modo ben più suggestivo di tutti i suoi predecessori, possa essere promettitrice di nuovi orizzonti dischiusi e di nuove fondamentali scoperte.

Milano.