Saggio di curiosità storiche intorno la vita e la società romana del primo trentennio del secolo XIX/La Duchessa del Chiablese in Roma
Questo testo è completo. |
◄ | La fontana di Montecavallo | Un processo per falsificazione di rescritti | ► |
La duchessa del Chiablese in Roma.
A ridestare in Roma alla luce tante preziose opere d’arti, sparite e sotterrate, ebbe non poca parte, nel primo trentennio nel secolo XIX, una principessa Sabauda. Anche il Re Carlo Felice fece compiere a proprie spese con molta fortuna gli scavi, incominciati prima da Luciano Buonaparte alla Ruffinella in Tuscolo, sotto la direzione del Marchese Luigi Biondi, ma una speciale riconoscenza deve Roma serbare a Marianna Carolina, figlia del Re Vittorio Amedeo III, moglie di Benedetto Maurizio, duca del Chiablese.
Ella aveva accompagnato il marito, costretto a fuggire le sue terre per l’occupazione francese, in tutto il suo esilio, dapprima in Sardegna, poscia seguendo le orme dello sfortunato Carlo Emanuele IV, in Roma. Nel 4 di Gennaio 1808 il Duca moriva in questa città e veniva sepolto nella chiesa di S. Nicolò de’ Cesarini1, e qua l’orbata consorte decise di restare, divenendo sin da quel giorno Romana per elezione. Riavutasi dal dolore della grave perdita, ella si rivolse all’arte in cerca di consolazione: la sua abitazione nel Palazzo Paganica, sull’omonima piazza, venne adornata con ogni arte e ridotta ad un vero e magnifico Museo. Il suo Mecenatismo, ed i lavori, che quasi in permanenza faceva eseguire, l’avevano resa rispettata e riverita fra la classe intellettuale e fra gli operai.
Nel 1817, ottenuto il necessario permesso, dette incarico al suo maggiordomo, marchese Luigi Biondi, di far degli scavi nel suo tenimento di Tormaranci, fuori porta di S. Sebastiano e questi li eseguì con arte e con amore per un lungo periodo d’anni. Gli scavi furono fortunatissimi; numerosi e preziosi monumenti vennero ritrovati in quelle località, e rimessi all’onore della luce nel bel Museo di Piazza Paganica, e più se ne sarebbero ancora trovati; ma il Re Carlo Felice, suo fratello, la richiamò nel 1823 a Torino e quivi ella morì un anno dopo, lasciando tutti nell’afflizione e nel dolore.
Nel suo testamento già con nobile atto aveva deciso che a mostrare il suo grato animo verso il Governo Pontificio, che per tanti anni l’aveva ospitata, tutti gli oggetti antichi, trovati in Tormaranci ed accumulati in Roma, nel Palazzo Paganica, venissero rimessi al Museo Pio Clementino.
Nel 1825 fu presentato a Leone XII l’articolo del testamento e l’elenco dei monumenti lasciati al Museo, e poco dopo questi venivano consegnati al Sig. Marazzani, Maggiordomo dei Sacri Palazzi Apostolici, con preghiera che li ponesse uniti con una lapide onoraria2.
Note
- ↑ Vedi Forcella. Iscrizioni delle Chiese e d’altri edifici di Roma. Vol. IV p. 397 N. 735-36.
- ↑ Vedi Luigi Biondi. Monumenti Amaranziani in vol. 3° del Museo Chiaramonti.