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Saggio di curiosità storiche intorno la vita e la società romana del primo trentennio del secolo XIX/La fontana di Montecavallo

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La fontana di Montecavallo

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Il Potere Temporale - Sua prima caduta nel secolo XIX La Duchessa del Chiablese in Roma

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La fontana di Montecavallo.


L’Italia, aveva detto un giorno Napoleone a Canova, deve essere indennizzata dei monumenti perduti; io farò in Roma degli scavi e riporrò in onore gl’inestimabili monumenti, che ora dormono indegnamente sotto terra, io rialzerò Roma e la renderò grande e potente. Le parole del glorioso trionfatore ebbero un principio d’applicazione quando Roma fu riunita all’impero francese. Il prefetto Tournon fece subito metter mano ai lavori di scavi e restauri del foro Romano e del Foro Traiano, e, dopo un anno appena dall’occupazione francese, pubblicò il piano regolatore della città, stabilendo altri grandiosi lavori e destinandovi vistosissime somme. Purtroppo le vaste imprese non poterono essere compiute per la breve durata dell’impero Napoleonico, ma il cardinale Consalvi, mente aperta all’idee nuove, fece ben presto suo questo programma.


[p. 45 modifica]Egli, dopo la restaurazione del Governo Pontificio, per opera del Congresso di Vienna, iniziò delle trattative diplomatiche per la restituzione dei preziosi Capi d’Arte, ceduti a Napoleone colla pace di Tolentino, e, mercè l’opera illuminata dell’Illustre Canova1 ed il prezioso aiuto morale e materiale prestato dall’Inghilterra,2 questi gloriosi monumenti, nel Gennaio e nel Giugno del 1816 rientrarono in Roma, accompagnati da un numero infinito di artisti di varie nazioni, che erano andati ad incontrarli a molte miglia dalle città. Dopo questo trionfo, il gran Segretario non volle dormire sugli allori, e, comprendendo tutto il fascino di seduzione, che poteva esercitar Roma sul mondo intero, se venissero completati i lavori ideati dai francesi, con vero slancio riprese l’opera interrotta.

Sono frutti di questo glorioso artistico risveglio la Protomoteca del Campidoglio formata coll’Erme che prima ingombravano la bella chiesa del Pantheon, sono frutti di questo, il nuovo braccio del Museo Vaticano, detto Chiaramonti, l’obelisco del Pincio, dimenticato prima nei giardini Vaticani, i restauri del Colosseo, dell’arco di Tito, del foro Romano e Traiano, la piazza del Popolo, e molti altri lavori; ma non è [p. 46 modifica]delle mie forze nè mio intento di rifare la storia delle grandiose opere artistiche, compiute in questo secondo periodo del Segretariato del Consalvi, mi fermerò soltanto a ricordare qualche cosa relativamente alla bella fontana del Quirinale.

Il fiocco maestoso d’acqua non esisteva allora in questa piazza. Sisto V vi aveva trasportato i due cavalli con i loro cavalieri come nell’atto di fare una corsa per la via fiancheggiante il Quirinale, Pio VI vi aveva innalzato l’obelisco, nel mezzo dei due colossi, dopo di averli fatto slargare, divergere e rivoltare, e vi aveva costruito una piccola fonte. Pio VII ed il suo Segretario vollero compire in modo più degno il lavoro del predecessore.

Nel 1816 si dette ordine al chiarissimo archeologo Fea di scavare la bella tazza di granito, posta in Campo Vaccino come abbeveratoio e resa quasi invisibile dalla terra che vi si era accumulata, per formarne una fontana sulla piazza del Quirinale, davanti ai due colossi. Levata di sotterra la tazza con gran cura (in questi scavi si trovarono altri frammenti dei Fasti consolari) e trovatala rotta in due pezzi, fu trasportata al tempio della Pace per gli opportuni restauri. I lavori andarono molto per le lunghe, ma finalmente nel settembre 1817 si potè fare il trasporto della tazza, dal tempio della Pace al Quirinale, trasporto difficoltoso e pericoloso, per le innumerevoli viuzze che si dovettero attraversare. La tazza però giunse felicemente sul luogo ed allora si dette l’incarico all’architetto Stern affinchè ne costruisse una fontana; nel novembre essa era già collocata sul suo basamento, scoperto nello stesso scavo. Lo Stern molto genialmente v’ideò e vi costrusse il superbo getto o saliente, che ora ammiriamo, prendendo tutta l’acqua Felice, che passa di là per andare al Campidoglio, nel fontanone del Palazzo Senatorio; il 30 giugno 1818 finalmente, tra un gran concorso di gente, la fontana del Quirinale potè essere inaugurata3. [p. 47 modifica]


Note

  1. Non poca gloria per questa restituzione spetta meritamente al pubblicista Luigi Angeloni di Frosinone. Egli, già da anni esiliato, trovandosi in Parigi, col suo senno e lume, colle sue amicizie e con l’opera sua indefessa, dette valido aiuto ai Commissari pontifici, e con gli alti suoi reclami ottenne che non poche opere d’arte, a bella posta nascoste, venissero restituite ai nostri Commissari. Il Consalvi in data del 4 Marzo 1816, gli mandava per lettera pubblico attestato di riconocenza a nome del Governo per l’opera sua prestata. Lo ricordo a tutto onore della mia Regione.
  2. Nelle famose discussioni, tenute a Parigi, dopo la definitiva caduta di Napoleone, per il trattato di pace, quei che altamente e coraggiosamente sostennero le ragioni della restituzione di tutti i monumenti tolti ai Musei italiani furono il generalissimo Wellington ed i regi ministri Lord Castelreagh e Lord Hamilton. Grandi interessi coalizzati si opponevano ai legittimi desideri degl’Italiani, ma i patrocinatori vinsero ed i monumenti furono restituiti. Né a questo si fermò la munificenza del governo inglese: il Principe reggente d’Inghilterra, sapendo esauste le casse dello Stato pontificio, volle egli stesso fornir la somma necessaria per l’imballaggio ed il Naviglio per il trasporto di mare da Anversa a Civitavecchia.
  3. Trovo opportuno ricordare quanto scriveva a questo proposito il Diario di Roma nel numero del 4 luglio 1818.
          «Martedì scorso alle ore 23 la S. di Pio VI nell’atto che ritornava al Palazzo del Quirinale ebbe la grata sorpresa di vedere sbarazzata la nuova fontana e sorgere dal centro dell’ampia tazza un gran volume d’acqua che ricadendo d’attorno alla tazza stessa nella controtazza di marmo bianco di Carrara, forma un colpo d’occhio meraviglioso da non cedere a qualunque altro di Roma nel suo genere. Invece di questo grazioso cratère vi era negli anni scorsi una piccola tazza di marmo alta assai da terra, con un getto di cinque once d’acqua. La sa · me · di Pio VI, quando vi fece collocare l’obelisco, estratto dal Mausoleo d’Augusto, compagno di quello di S. M. Maggiore, voltati i colossi, aveva appunto destinato nel mezzo, avanti a questi tre ometti una gran tazza in terra con vari getti d’acqua, annunziato nell’iscrizione alla base dell’obelisco. Ma restato sospeso questo disegno ora è piaciuto a S. Santità di farlo compire, in modo assai più grandioso. A tal destino fece collocare la tazza suddetta di raro granito Egizio, originalmente in un sol blocco di quasi palmi 28 di diametro, la quale giaceva per vile abbeveratoio nel Foro Romano, ora Campo Vaccino. profittandosi del vicino condotto che da Termini deve portare 129 oncie d’acqua sul Campidoglio si è potuto far pompa di un volume d’acqua di 80 oncie, che ritorna nel primo condotto. Il concorso di popolo di giorno e di notte fu continuo con ammirazione ed applauso generale».