Saggio storico sulla rivoluzione napoletana del 1799/Capitolo XX

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XX

PROGETTO DI GOVERNO PROVVISORIO


Nello stato in cui era la nazione napolitana, la scelta delle persone che formar doveano il governo provvisorio era piú importante che non si pensa. Noi riferiremo a questo proposito ciò che taluno propose a Championnet ed a coloro che consigliavano Championnet.

«Il primo passo in una rivoluzione passiva è quello di guadagnar l’opinione del popolo; il secondo è quello d’interessare nella rivoluzione il maggior numero delle persone che sia possibile. Queste due operazioni, sebbene in apparenza diverse, non sono però in realtá che una sola; poiché quello istesso che interessa nella rivoluzione il maggior numero delle persone vi fa guadagnare l’opinione del popolo, il quale, non potendo giudicar mai di una rivoluzione e di un governo per princípi e per teorie, non potendo ne’ primi giorni giudicarne dagli effetti, deve per necessitá giudicarne dalle persone, ed approvare quel governo che vede commesso a persone che egli è avvezzo a rispettare.

«Tra gl’impiegati del re di Napoli molti ve ne sono, i quali non hanno giammai fatta la guerra alla rivoluzione; amici della patria perché amanti del bene, ed attaccati al governo del re sol perché quel governo dava loro un mezzo onesto di sussistenza. Molti di costoro meritano di esser impiegati per i loro talenti e possono guadagnare alla rivoluzione l’opinione di molte classi del popolo.

«Il fòro ne somministra moltissimi; e la classe del fòro, una volta guadagnata, strascina seco il quinto della popolazione. Moltissimi ne somministra la classe degli ecclesiastici, e vi è da sperare altrettanto di bene: il resto si avrebbe dalla nobiltá (uso per l’ultima volta questa parola per indicare un ceto che piú non deve esistere, ma che ha esistito finora) e dalla classe de’ negozianti. I nobili si crederanno meno offesi, quando si vedranno non del tutto obbliati; ed i negozianti, finora disprezzati da’ nobili, saranno superbi di un onore che li eguaglia ai [p. 110 modifica]loro rivali, e può la nazione sperar da loro aiuti grandissimi ne’ suoi bisogni. In Napoli questa è la classe amica del popolo, poiché da questa classe dipende e vive quanto in Napoli vi sono pescatori, marinai, facchini e di altri tali, che formano quella numerosa e sempre mobile parte del popolo che chiamansi ‛lazzaroni’. Utili anche sarebbero molti ricchi proprietari delle province, i quali possono colá ciò che possono i negozianti in Napoli, e potranno dare al governo quei lumi che non ha e che non può avere altrimenti sulle medesime.

«Per effetto della nostra mal diretta educazione pubblica, la cognizione delle nostre cose si trova riunita al potere ed alla ricchezza: coloro che hanno per loro porzione il sapere, per lo piú, tutto sanno fuorché ciò che saper si dee. Allevati colla lettura de’ libri inglesi e francesi, sapranno le manifatture di Birmingham e di Manchester, e non quelle del nostro Arpino; vi parleranno dell'agricoltura della Provenza, e non sapranno quella della Puglia; non vi è tra loro chi non sappia come si elegga un re di Polonia o un imperatore dei romani, e pochi sapranno come si eleggono gli amministratori di una nostra municipalitá; tutti vi diranno il grado di longitudine e di latitudine d’Othaiti: se domandate il grado di Napoli, nessuno saprá dirlo. Un tempo i nostri si occuparono di tali cose, ed ebbimo scrittori di questi oggetti prima che le altre nazioni di Europa ancora vi pensassero. Oggi ciascuno sdegna di occuparsene, vago di una gloria straniera, quasi che si potesse meritare maggior stima dagli altri popoli ripetendo loro male ciò che essi sanno bene, che dicendo loro ciò che ancora non sanno. Queste cognizioni intanto sono necessarie, e, per averle, o convien ricorrere ai libri senza ordine e senza gusto scritti due secoli fa, o convien dipendere da coloro i quali, per avere maneggiati gli affari del Regno e viste diverse nostre regioni, conoscono e gli uomini e lo stato degli uomini. Per difetto della nostra educazione, la scienza che noi abbiamo è inutile, e siam costretti a mendicare le utili dagli altri.

«Ma, affinché le cognizioni delle cose patrie non siano scompagnate dai lumi della filosofia universale di Europa, ed affinchè coloro de’ quali abbiam bisogno per opinione non diventino i [p. 111 modifica]nostri padroni per necessitá, affinché gli antichi interessi (se pure costoro avessero interesse per l’antico governo) non opprimano i nuovi, a costoro si unirá un doppio numero di savi e virtuosi patrioti: cosí avremo il vantaggio del patriotismo nelle decisioni, ed il patriotismo avrá il vantaggio delle cognizioni patrie nell’esame e dell’opinione pubblica nell’esecuzione.

«Invece di fare l’assemblea, che chiamar si potrebbe ‛costituente’, di venticinque persone, far si potrebbe di ottanta, e combinare in tal modo insieme tutti questi vantaggi. Un’assemblea provvisoria di ottanta non è troppo grande per una nazione che dee averne una costituzionale piú che doppia: all’incontro una di venticinque può sembrare troppo piccola, specialmente non essendosi ancora pubblicata la costituzione. Il popolo potrá credere che si voglia prender giuoco di lui e che si pensi ad escluderlo da tutto. Un generale estero, che venisse egli solo a darci la legge si tollererebbe come un re conquistatore, e l’oppressione, in cui ciascuno vedrebbe gli altri tutti, gli renderebbe tollerabile la propria; ma, subito che chiamate a parte della sovranitá la nazione, conviene che usiate piú riguardi: o conviene dar a tutti o a nessuno; i consigli di mezzo non tolgono l’oppressione e vi aggiungono l’invidia».