Scherzi morali/Vo' fare all'amore

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Vo' fare all'amore

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Besta
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VO’ FARE ALL’AMORE


AD

ANTONINO SPECIALE

BARONE S. ANDREA


Barone mio le piaccia, o non le piaccia,
     Del suo nome fregiar vo’ i versi mici.
     Ma non le piaceran? Che vuol ch’io faccia?
     Meglio potessi far, meglio farei.
     Via, non apprezzi il don, sibben l’amore
     Che nel donar palesa il donatore.



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VO’ FARE ALL’AMORE


Le mie care ragazze, io vi saluto,
     Eccomi un’altra volta insiem con voi.
     Oh! se sapeste ormai che ho risoluto!
     Ho risoluto di far d’oggi in poi,
     (Di non averlo fatto ho dolore)
     Di far sin d’oggi in poi sempre all’amore.
No, nol vo’ far con voi, non mi ci metto,
     Non mi ci metto a stuzzicar le belle,
     Che son piene d’orgoglio e dispetto,
     E spesso, spesso fan le sgarbatelle,
     Perchè, fidando nella lor beltà,
     Van sicure che ognun le adorerà.
Perdonate, le mie care donnette,
     Se dissi qualche cosa, che vi spiace,
     Ma da mia parte non ci ho messo un’ette.
     E a mentir, daddover, non son capace,
     Amante caldo della veritate
     Ho detto quel, che tutto dì voi fate.
Or dunque ad ascoltar qui resti ognuna,
     Nella scuola d’amor tento educarvi,
     E se m’ajuta un poco la fortuna,
     L’amor vero qual sia cerco mostrarvi.
     Scandalizzar non vo’, tolgalo Iddio!
     Madri venite, qui vi voglio anch’io.
Bella, ma di beltate sovrumana,
     È questa donna, che m’ha preso il core.
     Come che in ver non sia cosa assai strana
     Che accenda in me qualunque donna amore,
     Non crediate però che non sia rara
     La beltà della donna a me sì cara.

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È a sapersi bensì, che non si mostra
     Nello splendor delle sue grazie intera,
     A chi non l’ama, e al piè non le si prostra
     Con riverenza e fedeltà sincera.
     Ama chi l’ama, è ver, ma non è questa
     Civettoria, anzi un’agır da onesta.
Poffaremmio! madri che cosa fate?
     Le ragazze menar volete via?
     Oh! ma vi par! chè ad aspettar non state
     La fin di questo dir qual mai si sia?
     Eh! giuro al ciel, sarò crudele e vandalo
     Verso chi ordisce dir che ho dato scandalo.
A’ falsi amanti questa mia donnetta
     Si mostra ognor così, che ugual portento
     Di bruttezza veder nessun s’aspetta.
     Com’è piccina! la si vede a stento!
     Com’è tarda ad andar! che lento passo!
     Eppur sin’or non l’ho raggiunta, ahi! lasso!
Non ha capegli, poichè a ciocche a ciocche
     Tutti gliel’han strappati i falsi amanti.
     (Ahi! quanto siete spesso, o donne, sciocche,
     À lasciarvi ingannar da tanti e tanti,
     Non credete all’amor d’un coro audace,
     O quello è scherzo, od un’amor fugace.
E col dar tuttodì e a questi e a quegli,
     Senza ritegno e con un far sincero,
     Piccole ciocchettine di capegli,
     Povere a voi, credetelo davvero,
     Un dì senza un sol fil ne resterete,
     Nè amanti allor, nè più capegli avrete.)
In picciol foro il picciol occhio è chiuso,
     Picciolo è ’l naso e tardo all’odorato,
     Però grande è la bocca ove rinchiuso
     Giammai non è quel dir tanto sfrenato,
     Ha un pancion, che servir ben puote a tre,
     Pari del resto all’altre donne ell’è.

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Inlendiamoci ben così la mira,
     Colui, che per amor patir non osa,
     Ella non altro fuor che ’l ver sospira,
     Detesta il falso e la menzogna esosa;
     Gli amanti, che ammirar la sua bellezza
     Vogliono da lontan, non cura e sprezza.
Se la sua man nella lor man tremante
     Oggi per cortesia stringer concede,
     Lor mette un tal prurito e sì bruciante,
     Che chi mai nol provò, no, non ci crede.
     Punge, donnette, punge.... e che? voi altre
     Non pungete in amor, donnette scaltre?
Il bacio in fronte è pien di castitate,
     Bacio d’amore è ’l bacio in sulla bocca,
     E segnal sulle guancie è d’amistate,
     Nunzio d’amor se sulla man si scocca.
     Nelle labbra ella bacia ognor coloro,
     Che san dell’amor suo far gran tesoro.
E quegli amanti, che per lei soffriro
     Ama, protegge e in lor soccorso vola.
     Ma acconciamente qui dirvi non miro
     Con che affetto li guida e li consola;
     Quanto li ajuta nel periglio, e quanto
     Vigorosi li rende a sè d’accanto.
D’ogni più vivo amor quest’è la degna
     Donna, e l’affetto è sacrosanto e puro;
     Chi cerca il vero a lei presto ne vegna;
     Il cammin, ch’ella accenna è ’l più sicuro;
     Errar mai non si può s’ell’è con noi;
     Fare all’amor con lei vo’ d’oggi in poi.
Con lei, che splende di beltà celeste,
     Che ci ammalia col guardo e col sorriso
     E con la voce e le bell’opre oneste,
     Con lei, che dentro al cor ci ha un paradiso,
     Oh! lasciatemi amar, solo con lei
     Sin d’oggi in poi fare all’amor vorrei.

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Eh! ma vi par che sia cosa da nulla
     Vincere un cor di donna così bella?
     Mai no, con questa qui non si trastulla,
     Che non è pari a ogni altra damigella.
     Con lei non giova il protestarle affetto,
     Che se finto è l’amor lo legge in petto.
E veder sa pur anco in fondo al core
     S’unqua Superbia il marchio suo v’impresse;
     Se mai la Vanitate, a cui l’Errore
     Dietro sen va, ivi sua stanza elesse;
     Se d’altra donna v’è l’imago, e se
     Il suo solo pensiero ella non è.
Quindi batter convien tutt’altra strada
     Di quella, che si tien comunemente,
     Tanto più che a bellezza ella non bada,
     E della nobiltà sen cura un niente;
     In ogni amante questo sol richiede:
     Non curanza a patír, coraggio e fede.
A chi veder la vuol più da vicino
     Gli è giocoforza, se pur è da tanto,
     Andar per sotterraneo cammino,
     Pien di rovi nell’uno e l’altro canto,
     Malagevol così, stretto e sì basso,
     Che camminar bisogna a lento passo.
A tratto a tratto per lampi di face
     Ci si vede un pochino a tratto a tratto,
     Sola guida è l’amor, maestro e duce,
     Null’altro messaggier rinviensi affatto.
     Oh! misero colui, che, pien d’orgoglio,
     Alza la fronte e grida: Ir solo io voglio.
Perchè, nel sollevar l’altera testa,
     Fra le spine dibatte e ’l terrapieno,
     E andrà, se in tanto ardir mai non s’arresta,
     Lordo di sangue e di vil fango pieno.
     Se l’urto è forte casca, e ben mi pare,
     Che ’l sangue lorderà fin quell’affare.

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E allora il poverin tutto piagato,
     Vittima dell’Orgoglio, a terra spinto,
     Pace più non avrà da nessun lato,
     Chè ognor l’Audacia a sè lo tiene avvinto.
     Chi va curvo però e a passo lento
     S’avanza sempre più con meno stento.
Non vacilla il suo piè, ma fermo incede
     E fra le spine e fra gli sterpi e i sassi;
     Non smarrisce il cammin, chè e’ tutto vede
     Nell’antro oscuro: ognuno, ognun vi passi,
     Mai durerà tante fatiche invano,
     Chi va piano, va sano e va lontano.
(Non lo vedete, donne, ch’è tutt’altro
     Di come fate voi con ogni amante;
     Proteggele l’audace, o l’uom più scaltro,
     E l’umiltate e la modestia affrante
     Cadon per vostra man, Dio vel perdoni!
     Ma quegli affetti non son mica buoni.)
E s’avanza dippiù, s’avanza ancora,
     Finchè giunge a mirar l’alta donzella.
     Più le s’appressa, e più se ne innamora,
     Più la mira, e gli par sempre più bella.
     La Sapienza ell’è, che saggia impera
     Sul nobil core, e ’l vil disprezza altera.
D’ogni più vivo amor quest’è la degna
     Donna, e l’affetto è sacrosanto e puro;
     Chi cerca il vero a lei tosto ne vogna;
     Il cammin, ch’ella accenna è più sicuro:
     Errar mai non si può s’ell’è con noi;
     Fare all’amor con lei vo’ d’oggi in poi.