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Scritti sulla storia della astronomia antica - Volume II/X. Le sfere omocentriche di Eudosso di Callippo e di Aristotele/III. - Teoria lunare d'Eudosso

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III. - Teoria lunare d'Eudosso

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iii. teoria lunare di eudosso

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La teoria, che immaginò Eudosso per spiegare le rivoluzioni della Luna, è molto semplice. Aristotele e Simplicio (§ 3) s’accordano nel riferire, che i suoi movimenti erano prodotti in questa teoria da tre sfere ruotanti di moto uniforme; la prima delle quali e più esterna si muoveva secondo le fisse; la seconda intorno all’asse dello zodiaco; la terza secondo un circolo collocato obliquamente nella larghezza della zona zodiacale. Di queste, la prima, volgendosi da oriente in occidente, produceva la rivoluzione diurna; la seconda, volta da occidente in oriente, produceva la rivoluzione mensile. Quanto alla terza sfera, Simplicio aggiunge, che si moveva in senso contrario alla seconda, e in senso uguale alla prima; che essa aveva un lento moto di rivoluzione intorno ad un asse perpendicolare al piano del circolo, che sembra descritto dal centro della Luna; del qual piano l’inclinazione sul piano dell’eclittica era eguale alla massima digressione della Luna in latitudine. L’aggiunta della terza sfera poi era stata resa, secondo Simplicio, necessaria per ciò, che la Luna non sembra raggiungere nei medesimi punti dello zodiaco la sua latitudine più [p. 21 modifica]boreale e la sua latitudine più australe, ma trasporta sempre questi punti tropici contro l’ordine dei segni; onde il moto della terza sfera fu supposto farsi nel medesimo senso che la rivoluzione delle fisse.

La dichiarazione di Simplicio non lascia nulla a desiderare dal lato della chiarezza; e si riconosce facilmente, che le tre sfere erano destinate a rendere ragione dai tre movimenti lunari conosciuti da Eudosso; cioè del moto diurno, del moto siderale menstruo, e della retrogradazione dei nodi dell’orbita lunare sull’eclittica. Non vi sarebbe altro da aggiungere, se l’ordine della velocità non si trovasse male indicato presso Simplicio.

Ed infatti è manifesto, che, stando le cose com’egli ha riferito, e collocando nell’ultimo luogo quella sfera, la quale si volge di moto lentissimo, ed è destinata a mostrare la retrogradazione dei nodi, la Luna non passerebbe per un dato nodo che una sola volta durante il periodo assai lungo che il detto scrittore attribuisce alla terza sfera, periodo che probabilmente Eudosso non ignorava esser di 223 lunazioni. Al fine di ottenere il passaggio della Luna pe’ suoi nodi colla frequenza che si osserva, è necessario scambiare le velocità delle due sfere interiori; facendo cioè che la sfera più interna descriva il moto mensuale della Luna in circa 27 giorni1 lungo un circolo inclinato sull’eclittica di una quantità uguale alla massima digressione della Luna in latitudine; che poi tale circolo obliquo sia portato in giro con moto retrogrado lungo l’eclittica dalla seconda sfera con periodo uguale a 223 lunazioni; e che finalmente ambe le sfere interiori siano aggirate secondo il moto delle fisse dalla sfera più esterna. Così tutto succede secondo l’ordine osservato; e così senza dubbio immaginava la cosa Eudosso. L’errore di Simplicio è stato riconosciuto anche da Ideler2.

Noi sappiamo così con precisione, a qual grado di perfezione era pervenuto a quell’epoca presso i Greci lo studio dei [p. 22 modifica]movimenti lunari. Le osservazioni erano giunte al punto da far riconoscere il moto della Luna in latitudine, e la retrogradazione dei nodi dell’orbita lunare. Quando si considerano gl’imperfettissimi mezzi di osservazione, che si avevano in quei tempi, e quando si pensa, che forse tutto si riduceva a notare la posizione della Luna fra le stelle sopra globi grossolanamente costruiti; si dovrà concedere a quegli astronomi il merito dell’assiduità e della diligenza. Eudosso non conosceva ancora, o per lo meno non ammetteva alcuna anomalia nel moto di longitudine; ma vedremo fra poco, che Callippo intorno al 325 già ne aveva contezza, venti o trent’anni dopo Eudosso. Della diligenza con cui s’investigavano allora i movimenti della Luna, e tutto quello che ha rapporto con questo astro, fanno pur fede gli scritti di Filippo Opunzio, amico e discepolo di Platone, e coetaneo d’Eudosso; tra i quali si trovano citati un libro Sulle grandezze del Sole, della Luna e della Terra; un altro Sulle distanze del Sole e della Luna; un terzo Sopra le eclissi della Luna3. Noi abbiamo già accennato, dietro l’autorità d’Archimede, che Eudosso si era occupato della proporzione della grandezza del Sole e della Luna; e lo stesso Archimede parla d’un tal Fidia, figliuolo d’Acupatre, il quale aveva studiato lo stesso problema, e stimava il Sole dodici volte più grande della Luna4.

Ma la prova più palese dei progressi che ai tempi d’Eudosso si fecero nello studio dei movimenti lunari sta in ciò, che in questi medesimi tempi appunto s’incominciano ad aver notizie di predizioni d’eclissi fatte ed avverate coll’osservazione. Di Elicone ciziceno, discepolo d’Eudosso, si racconta, che trovandosi con Platone e con Aristippo alla Corte di Dionigi II, tiranno di Siracusa, annunziò un’eclisse solare, la quale infatti avvenne; e che da Dionigi fu perciò ricompensato col dono di un talento. Si crede che questa sia l’eclisse avvenuta il 12 maggio dell’anno 361, secondo le tavole [p. 23 modifica]astronomiche dei recenti5. Noi non oseremo asserire con questo, che gli astronomi greci conoscessero già il modo di tener conto delle parallassi, e che le loro predizioni di eclissi solari si avverassero sempre. È anzi credibile, che Elicone nel suo successo sia stato aiutato tanto dalla fortuna, quanto dal suo sapere. Ma non vi ha dubbio, che la cognizione del movimento dei nodi lunari già a quei tempi poneva in grado gli astronomi greci di riconoscere in quali mesi dell’anno si potevano aspettare eclissi così di Luna come di Sole, e di discernere quali erano le congiunzioni e le opposizioni eclittiche più salienti. Con queste cognizioni già si poteva tentare con successo la predizione della maggior parte delle eclissi di Luna; quanto alle eclissi di Sole, l’astronomo dovea limitarsi ad indicare le epoche in cui si potevano aspettare, e rassegnarsi nello stesso tempo a veder fallire in molti casi la sua aspettazione6.


  1. Il lettore vedrà facilmente, che la rivoluzione della Luna e della sfera più interna deve essere supposta uguale al mese draconico, cioè all’intervallo che riconduce la Luna a’ suoi nodi, che è di 27 giorni, 5 ore, 5 minuti, 36 secondi.
  2. Vedi le sue identiche riflessioni nelle Memorie dell’Accademia di Berlino, 1830, p. 77, Classe istorico-filologica.
  3. Boeckh, Ueber die vierjährige Sonnenkreise der Alten, p. 36. Poichè Filippo d’Opunte aveva scritto sulla grandezza della Terra, non è improbabile ch’ei debba comprendersi nel numero di quei matematici, dei quali Aristotele (De Cœlo II, 14), riferisce aver cercato la misura della Terra, e trovatala di 400,000 stadi.
  4. Archimede, nell’Arenario.
  5. La dimostrazione relativa si trova presso Boeckh, Die Vierjährige Sonnenkreise der Alten, pp. l53-154.
  6. Gli è del resto quanto già sapevano fare gli astronomi caldei alcuni secoli prima d’Eudosso. Infatti, non era possibile osservare le eclissi di Luna citate da Tolomeo nell’Almagesto come vedute in Babilonia, se gli osservatori non fossero stati già in qualche modo preparati. Tra queste eclissi ve ne sono alcune di due o di tre digiti, le quali sfuggirebbero senza dubbio anche ad un osservatore moderno, quando non ne fosse prima avvertito. E tre di queste eclissi furono osservate, nello spazio di 18 mesi, negli anni 721 e 720 prima di Cristo. Inoltre, per la maggior parte di esse è assegnato il tempo del principio: tutte circostanze che suppongono una attenzione preventiva. Per queste ragioni io ho creduto