Scritti vari (Leopardi)/I. Da 'Le Rime di F. Petrarca' con l'interpretazione di G.L./2. L'autore dell'interpretazione a chi legge

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2. L'autore dell'interpretazione a chi legge

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2. L'autore dell'interpretazione a chi legge
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L’AUTORE DELL’INTERPRETAZIONE A CHI LEGGE

Nessuno in Italia, fuori dei letterati (io voleva dir fuori di pochissimi letterati), conosce, né può intendere facilmente la lingua italiana antica. Nondimeno anche le donne italiane, e oltre di ciò un gran numero di stranieri, vogliono leggere il [p. 286 modifica]Petrarca, poeta molto difficile anche alle persone dotte ed esercitate nella lettura e nella lingua dei nostri scrittori classici. Or dunque poiché le donne e gli stranieri leggono il Petrarca, a me pare che non sarebbe mal fatto che l’intendessero: maio so di certo che non l’intendono; perché né anche i letterati italiani lo possono intendere senza qualche comento; e i comenti che abbiamo sopra il Petrarca sono parte piú oscuri del testo, e però inutili a tutti; parte lunghissimi, e però inutili alle donne e ad alcuni altri che non credono bene di spendere un’ora intorno a un sonetto; e finalmente tutti passano sotto silenzio, quale un buon terzo, quale una buona metá, e quale almeno due terzi dei luoghi oscuri, e però sono inutili, se non altro, agli stranieri, alle donne e a tutti quegli uomini che hanno paura o non sono accostumati di andare al buio. Di piú, quantunque non tutti i cementatori del Petrarca conoscano la lingua italiana antica, nondimeno tutti presuppongono che i lettori la sappiano molto bene: di modo che anche per questa parte sono inutili agli stranieri, alle donne, e agl’italiani di oggidí, generalmente parlando. L’intento di questa «Interpretazione» si è di fare che chiunque intende mediocremente la nostra lingua moderna, possa intendere il Petrarca, non mica leggendo spensieratamente, perché in questo secolo non si può far l’impossibile, ma ponendoci solamente quell’attenzione che si mette nel leggere l’articolo delle mode nel giornale. La chiamo «interpretazione», perch’ella non è un comento come gli altri, ma quasi una traduzione dal parlare antico e oscuro in un parlar moderno e chiaro, benché non barbaro, e si rassomiglia un poco a quelle «interpretazioni» latine che si trovano nelle edizioni dei classici dette in usttm Delphini. Non entro mai a disputare; ma dove i cementatori sono discordi, reco solamente quella interpretazione che mi par vera; o che io la tolga da qualcuno di loro, o che io la immagini da me. Quando due o piú interpretazioni o d’altri o mie proprie, o pur l’una mia Luna altrui, mi paiono esser parimente verisimili in un medesimo luogo, le reco brevemente tutte. Talvolta seguo un [p. 287 modifica]comentatore, talvolta un altro, spesso nessuno, sempre l’opinione mia. Non salto a piè pari nessuna difficoltá, quando anche tutti i comentatori la saltino. Porgo in ristretto, ma chiaramente, tutte le notizie istoriche necessarie a intender bene il testo. In principio tengo dietro a spiegare certe minuzie che poi vengo tralasciando di mano in mano che io credo che il lettore debba con questa lettura medesima esser venuto acquistando un poco di conoscenza e di pratica della lingua antica e della maniera di dire del Petrarca. Intendo sempre di scrivere per le donne e per gli stranieri: se a caso venisse che gli uomini e i letterati italiani, per mezzo di questa interpretazioncella, arrivassero a intender bene e compiutamente qualche luogo fin qui o non inteso, o appena o anche male inteso, avranno occasione di ripetere ex ore infantium et lactantium ; o qualche altro detto di quel tenore. Quanto al testo si è seguitata in ogni cosa la edizione del professor Marsand, eccetto solamente nella punteggiatura, la quale non si è voluta tórre da nessuna edizione, ma farla in tutto nuova.