Sessanta novelle popolari montalesi/LV

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LV. La Crepantosa

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LIV LVI

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NOVELLA LV


La Crepantosa (Raccontata da Ferdinando Giovannini sarto)


C'era una volta una Regina che per figliolo aveva un Re piuttosto 'nnanzi negli anni, ovverosia in età oramai da pigliar donna, e la madre badava a dirgli sempre: - Accasati, via, o si resterà insenz'erede. Da ora 'n là e' mi par tempo, e di ragazze si stramoggia 'n questo mondo. - Ma che vi pare, mamma! Se almanco i' trovassi una donna di garbo, 'nsenz'ambizione, 'nsenza punta malizia, tutta savia e innocente, forse, chi sa? Ma indove si pesca una simile perla di sposa a mi' modo? E la madre a dargli addosso e a pintare perché lui si piegass'a ammogliarsi, sicché 'l Re da ultimo annoiato disse un giorno a su' madre: - Oh! sapete voi quel ch'i' ho idea di fare? I' vo' ire 'n giro per il mondo, e se 'ncontro una donna a mi' piacimento, i' la sposo e contenti tutti. - Bene! bravo! Se nun ti rinusce trovare donne qui di tu' genio, va' pure a cercarne una fora, - gli arrispose la Regina, ma col core serrato per nun lo scontradire, lui essendo il su' unico figliolo. Dunque si dà ordine che sellino du' cavalli de' più boni, le valige sopr'essi e dimolti quattrini dientro, e doppo il Re ci monta su assieme al camberieri e partano al galoppo; e cammina cammina de' giorni, no in ficura di Re, ma di signori che viaggiano per ispasso, arrivorno a una città e si messano a albergo in una locanda. Il Re si divertiva a girellare qua e là per le strade, ma nun abbadava punto alle donne, perché a lui nun glien'importava propio nulla. Ora bisogna sapere che di faccia alla locanda c'era un bel [452] [p. 452 modifica]palazzo smenso da principi, e un giorno il Re chiamò il camberieri dell'albergo e gli disse: - Di chi è quel palazzo? Chi ci abita dientro? Arrispose il camberieri: - Gli è il palazzo d'un mercantone ricco sfondolato di questa città, e ci sta lui con la moglie e tre figliole da marito. Domanda il Re: - Che son belle le ragazze? E il camberieri: - Nun son punto spiacenti, a quel che ho sentuto da diversi, perché loro sortan poco fora e di rado le si lassan vedere 'n pubblico. - Come, come? - scramò il Re incuriosito. Dice il camberieri: - E' raccontano che la maggiore sia tanto paurosa da scappare per insino alla vista de' su' genitori; la mezzana 'n scambio 'gli è vergognosa e nun patisce la presenzia di nissuno; ma la più piccina pare sfacciata for di maniera, e su' pa' e su' ma' son ubbligati a custodirla per nun iscomparire con la gente. Fa il Re soprappensieri: - Oh! perbacco, i' ho una gran volontà di cognoscerle e parlargli a queste ragazze strane. Com'è egli possibile? I' do una bona mancia a chi gli rinusce menarmi da loro. Dice il camberieri: - I' nun saperei davvero in che mo' contentarla, signore. Ma, aspetti. Ora m'arricordo che la maggiore viense rallevata 'n campagna a du' o tre migliarelle fora della città. Si provi se la balia è capace di farla rientrare in nel palazzo del mercante. Il Re nun volse trandugi e sortì dalle porte della città vestito quasimente alla contadina, e doppo camminato du' o tre miglia, a mezzo d'una collina trovò una casuccia poera e dientro c'era una vecchia sola che lavorava. Il Re gli si presenta alla vecchia e la saluta, e poi gli domanda: - Che fate voi, nonnina, qui solingola e dibandonata? Nun avete nissuno 'n famiglia? Dice la vecchia: - Eh! gnorsì. I' ho marito e un figliolo che sono pe' campi: una figliola, bon'anima sua! e' mi mori quand'i' allattavo, e allora i' rilevai la bambina d'un ricco mercante della città. Dice il Re: - Che si poterebbe vedere la figliola di questo mercante? - Uh! ma che gli pare? - sbergolò la vecchia. - Lei è tanto paurosa, che nun si presenta mai a nissuno e scappa per insino da su' genitori. Si ficuri! E poi la signora rimbrontola me ugni sempre e mi strapazza s'i' m'arristio al palazzo, perché sospetta ch'i' gliel'abbia avvezza io paurosa la ragazza. I' nun are' core d'andarci, e più [ [p. 453 modifica]453] anco, la non vede com'i' sono stracciata, tutta sbrendoli? A nentrare in città ho vergogna. Dice il Re: - Sentite: a questo ci rimedio io e vi vestirò ammodo per comparire; ma vo' avete a menarmi al palazzo del mercante, e si farà accosì. I' mi trasvesto da donna e vo' direte ch'i' sono la moglie del vostro figliolo, e che siemo vienute alla città per comperare de' ninnoli, e che prima d'arritornare a casa si volse vedete la vostra figlioccia per salutarla. Nun vi dubitate, che delle ricompense e delle mance nun ve ne mancheranno, nonnina, se voi mi contentate. Doppo un po' di battibecco tra 'l sì e 'l no, da ultimo la vecchia si persuadiede, sicché lei il Re la vestì tutta di novo, e lui mascherato da ragazza, assieme partirno e viensano al palazzo del mercante, e subbito picchiorno risoluto. A quel rumore comparse la Sfacciata alla finestra: - Chi è? Oh! la balia della Paurosa. Mamma, mamma! C'è la balia della Paurosa co' una bella giovanotta. Trattenetele, veh! stasera. I' vo' dormire con quella bella giovanotta. E via! a furia giù per le scale a aprire e a menare le du' donne in un salotto da su' madre. La signora, tutta stizzita a un simile tramestìo, badava a bociargli: - Smettila e vattene di qua. Nun esser tanto ardita e di' piuttosto alla Paurosa che vienga dalla su' balia. La Paurosa, doppo un bel pezzo, si fece vedere; ma pareva in sulle spine, con gli occhi stralunati e la voce tremolente; durò fatica a salutare la vecchia e subbito disse: - I' ho paura delle gente; compatitemi, e' nun è colpa mia; 'gli è il mi' naturale. Quand'i' son fora di cambera mia tutto mi fa paura. Addio, addio! E scappa, e la signora rimbrontola pure la poera balia. Infrattanto s'era fatto buio, e la signora volse che le donne cenasseno e dormissano lì nel palazzo, e il Re lo messano in una cambera a lato a quella della Paurosa. Sarà stato tra la mezzanotte e il tocco che il Re sentiede un rumore e si svegliò, e avendo aperti gli occhi vedde luccicare le fessure della bussola di cambera della Paurosa, sicché per cognoscerne la ragione sdrucola pian pianino dal letto e va a guardare al buco della chiave. La Paurosa 'gnuda 'n mezzo della stanza steva a lavarsi con grand'attenzione; lavata che si fu, si vestì a bruno con in capo un velo nero da coprirgli tutta quanta la persona; poi pigliò la lampana e si rivolse alla bussola del Re. Il Re lesto [454] rinsacca [p. 454 modifica]dientro il letto e finge di dormire, ma con gli occhi soccallati sbirciava di sotto alle lenzola e traverso 'l parato addove andesse la Paurosa. Lei aperse la bussola, nentrò 'n cambera e nuscì per la bussola dirimpetto, e il Re in peduli, a male brighe che la Paurosa era scomparsa, gli tiense dietro alla cheta. Cammina cammina, passorno dimolte stanze, la Paurosa 'nnanzi con il lume e il Re da lontano in su passi di lei. La ragazza scendé per una scala in un cortile, poi aperse una porticina bassa in un canto e bucò giù per un sotterraneo scuro e lungo, e arriva 'n fondo dientro a una cappella, da una cassa prendette du' candeglieri, gli accese e buttata 'n ginocchioni con il viso tra le mane, principiò a piagnere e a pregare a tutto potere. Il Re niscosto alla meglio doppo un pilastro era propio fora di sé per lo stupore; nun sapeva capacitarsi come una ragazza tanto paurosa come gli avevan raccontato, fusse in scambio ardita a quel mo'; e di più gli crescette la maraviglia, quando allungo il collo, scoperse nella cassa il catavere d'un giovane imbalsamato, e da' lamenti della Paurosa capì che quello era il su' promesso sposo da vivo e che qualcuno gliel'aveva morto. Ma sincerato il Re nella su' curiosità, nun volse aspettare la fine dello spettacolo e' n punta di piedi arritornò 'n cambera sua, borbottando tra' denti: - Moglie io? Che! mai e po' mai. Decco le donne! Tutte finte e bugiarde. Si rimettiede a letto e dormì tanto forte, che nemmanco sentì la Paurosa rivienire in cambera quasimente a levata di sole. Alla mattina la balia e il Re si licenziorno dal palazzo del mercante, ebbano di gran regali, e presto furno a casa della vecchia. Dice il Re: - I regali i' gli lasso tutti a voi e ci metto del mio questa borsa di quattrini: ma a patto, che se vo' lo sapete, vo' m'avete a 'nsegnare quella che ha ralleva la Vergognosa. Arrispose la vecchia: - Codesta balia la nun sta dimolito lontano. Abbadi; là sotto a quel poggiolo a diritto della strada, su d'una piccola spiaggia c'è una casetta: quella 'gli è l'abitazione della balia della Vergognosa. Il Re ci andiede diviato e trovò una donna che filava 'n sull'uscio. Dice: - Massaia, che fate vo' qui? Siete vo' sola? Eh! gnorsì, - disse la donna: - i' l'hoe una figliola che abbada alle pecore e il mi' marito va al bosco per le legna; i' resto 'n casa per [ [p. 455 modifica]455] buscarmi un po' di companatico col filato. Un figliolo e' lo rivolse il Signore, e siccome a quel tempo i' avevo dimolto latte, rallevai la figliola mezzana d'un mercante ricco della città. Domanda il Re: - Nun ci andate mai dalla vostra figlioccia per un po' d'aiuto? E la donna: - Che vol ella, signore! 'Gli è tanto vergognosa questa mi' figlioccia, che a lei non gli garba vedere anima viva; e per di più, la su' mamma m'appone che la colpa è mia d'avergli avvezza a quel mo' la figliola: e però i' nun ci vo che di rado per nun sentire de' rimbrontoli 'ngiusti. Dice il Re: - Badate a me, donnina. A me quattrini per ricompensarvi nun me ne manca, e se vi rinusce menarmi al palazzo del mercante, vo' n'averete a dovizia. I' vi rivesto di novo e con meco co' panni della vostra figliola si va là, e vo' mi fate passare per la vostra figliola, che per essere sposa è volsuta ire alla città a comperarsi degli abbriccichi per il su' corredo. No insenza un po' di contrasto da parte della donna da ultimo si trovorno d'accordo, e il Re e la donna partirno a bruzzolo e nun si fermorno che al palazzo del mercante. Picchiano e al solito viene alla finestra la Sfacciata: - Mamma mamma! - principia a sbergolare con quanta n'aveva 'n gola: - la balia della Vergognosa e una bella giovanotta con seco. Oh! che sorte. Stasera veh! i' le vo' qui a albergo e i' vo' dormire con quella ragazza. Mamma, nun dite di no. E via, giù per le scale, va a aprire e mena le du' donne dientro al salotto della signora. Dice la signora incattivita a bono da tanto diascoleto: - Ma che nun la vo' smettere, Sfacciata? Vattene 'n cambera e mandami la Vergognosa; e se nun ti sbrighi, t'empio 'l grugno di stiaffi. La Vergognosa si fece aspettare, ma poi viense con gli occhi bassi, tutta rossa 'nfiammita nelle gote e pareva che nemmanco sapessi camminare, e addove tienessi le mane; parlava quasimente a fatica: - Mamma, i' mi vergogno co' forastieri. I' me ne torno 'n cambera. E piglia il portante e fugge come uno scoiattolo; e 'ntanto la signora badava a rifarsela con quella poera donna della balia, apponendogli che lei gli aveva mal avvezza la figliola. Er'ito sotto il sole da un bel pezzetto e le du' donne, doppo cenato, furno mandate a letto, e al Re gli toccò una cambera accosto a quella della Vergognosa. Fra mezzanotte e il tocco il [456] Re, che steva [p. 456 modifica]in orecchi, sentiede del rumore e a un tratto s'alluminorno le fessure della bussola della Vergognosa, sicché il Re schizza dal letto e va a guardare al buco della chiave. La Vergognosa si pettinava allo specchio; doppo si vestì di seta, si mettiede al collo, a' bracci, alle mane e 'n capo delle gioie incastrate nell'oro, e finito d'accomidarsi come una Fata, pigliò il lume e s'avviò per sortire dalla bussola di cambera del Re. In quattro salti il Re fu nel letto fingendo di dormire la grossa, ma vedde la Vergognosa che passava 'n punta di piedi e che, aperta la bussola difaccia, disparì. Il Re diviato la piedinò alla lontana per ispiarla 'nsenza che lei se n'accorgessi: e la Vergognosa, arriva 'n fondo a un corridoio, co' una chiave, che si levò di seno, aperse una porticina segreta, traversò un cavalcavia che riuniva il palazzo del mercante a un palazzo di fianco, e in trionfo nentrò in un salone smenso addobbato stupendamente e gremo zeppo di cavaglieri e di dame. C'era una festa da ballo e ugni sorta di divertimenti, anco di quegli che è più meglio nun gli appalesare. Quelle persone la ricevettano la Vergognosa con grand'allegria, con evviva e battimani, e lei ballava alla matta ora co' uno ora co' un altro, e se la rubbavano propio. A un simile spettacolo il Re niscosto rieto la porta e' rimané di sasso e disse 'n cor suo: - Nun ne vo' vedere più. Al diascolo le donne! Moglie io? Nemmanco a farmi l'imperatore del mondo. Rifece i su' passi e torno a letto s'addormì, e quando la Vergognosa riviense a giorno dalla festa lui nun ne seppe nulla. Al solito, la mattina doppo la balia della Vergognosa e il Re se n'andorno a casa pieni di be' regali, e il Re disse alla donna: - Son tutti vostri i regali, e per di più vi do questa borsa di munete come vostra mancia; ma i' bramo cognoscere addove sta la balia della Sfacciata. Insegnatemela. - Lei la sta laggiù, - arrispose la donna. - Si seguita per la via maestra 'nsino a piè del poggiolo, poi si passa un rio, e alla seconda casa propio e' ci abita la balia che lei vole. - Bene, bene! ho capito. Addio! - dice il Re, e se ne va, e traversato che lui ebbe il rio si ritrovò alla casa che cercava. 'Nentra e nun c'era un'anima lì; chiama, richiama e da ultimo sente una voce che domanda: - Chi è? S'accomidi. I' sono 'n cucina. - Oh! che fate voi? - scramò il Re in nel [ [p. 457 modifica]457] vedere una donnarella tutt'acciaccinata d'attorno al foco. - Per chi lo fate da mangiare? Arrispose quella: - Signore, i' ammannisco da cena per il mi' omo e per la mi' figliola, che sono fora a opera. E' mi premono, sa ella? massime da ch'i' perdiedi il mi' bambino di latte. - Poera madre! - disse il Re: - e allora come vi siete comportata? Dice la donna: - Eh! tanto per un po' di consolazione, che per buscarmi qualcosa, io allora e' rallevai la figliola più piccina d'un mercantone della città. Scrama il Re: - Oh! guarda. Dunque vo' arete qualche regalo agni volta che vo' andate a fargli visita alla vostra figlioccia? - Che! tutt'altro, - arrispose la donna: - i' non ci vo mai a casa il mercante. La mi' figlioccia 'gli è di naturale accosì sfacciata, che i su' genitori nun s'attentano a presentarla alla gente, e la tiengono custodita com'un animale di bosco. E poi l'hanno apposto a me d'averla ridotta a quel mo'. Ma io non ci ho colpa. Dice il Re: - Donnina, i' son curioso di cognoscerla questa ragazza sfacciata. Se vo' mi ci menate dal mercante, vi vesto tutta di novo, una bona mancia nun vi mancherà, e perché nun vi compromettete, i' mi metterò i panni della vostra figliola, e vo' direte che siem iti alla città per comperare il corredo. La donna dapprima nun voleva contentarlo il Re a nissun patto; ma poi, furno tante le su' preghiere e le su' promesse, che la donna si lassò persuadere, e la mattina doppo a giorno si messano 'n cammino e in sul mezzodì gli erano al portone del palazzo del mercante. Picchiano e deccoti la Sfacciata alla finestra: - Oh! oh! oh! la mi' balia e la su' figliola! Mamma, mamma: c'è la mi' sorella di latte. Stasera poi, nun me lo negate, i' vo' che le stiano qui, e la sorella 'gli ha da vienire con meco a letto. E via, giù a rompicollo per la scale, e aprire e abbracciare e baciare il Re per la Sfacciata fu un attimo; quasimente lo portò di peso su 'n salotto da su' madre; sicché la signora e' gridava a bono: - Ma nun la finire codesta poera ragazza! Lassala ben avere. Decco quel che si guadagna a dar le figliole a balia! Di tre ch'i' n'ho, e' nun ce n'è una rinuscita a garbo! E te sie' la peggio, accosì sfacciata. Il vero nome l'ha' sempre con teco. Insomma le donne di fora cenorno dal mercante, e la sera quando fu ora d'andare a letto la Sfacciata tanto disse [458] e tanto [p. 458 modifica]pregò, che su' madre, per liberarsi da quello struggi, finì con permettergli di dormire assieme al Re, che lei, travestito a quel mo' da donna, concredette fusse davvero la figliola della balia. Di stare la notte a letto con la Sfacciata il Re nun se l'era immaginato: ma oramai, 'nsenza scoprirsi e dar nascimento a un buggianchìo, nun volse parere di far lo spuzzolo: si lassò menare 'n cambera, si mettiede su d'una sieda e 'gli aspettava a spogliarsi; ma la Sfacciata sderta si cavò per insino la camicia, e po' d'un salto e chiassando salisce il letto e nentra fra le lenzola. Una volta a letto, la Sfacciata, vedendo il Re che non si moveva, dice: - Animo via! sbrigati. Che ti vergogni di me, allocca? Tira via, che mi sa mill'anni d'averti qui. Il Re la cancugnò un bel pezzo ora co' una scusa, ora co' un'altra, e finalmente fu obbligato a mettersi pur lui nel letto; ma si tieneva tutto temidoso su una proda, e la Sfacciata a canzonarlo, e 'nsenza tanti complimenti lo pigliò per forza con le mane, se lo tirò nel mezzo, e lì a abbracciarlo, baciarlo e a far mille mattìe per ispasso. Ficuratevi la paura del Re a trovarsi lì con quella ragazza ardita, mentre lui nun voleva che lo ricognoscessi per omo! Guà! successe in ugni mo' quel che doveva succedere! Che la Sfacciata viense a 'nciampare... Scrama lei: - Oh! che c'è egli? Dice il Re: - Eh! nulla nulla. 'Gli è un male. In nel portar de' pesi i' mi sono sforzata e m'è casca la crepantosa. 'Gli è un'allentagione. - Eh! poverina! - disse la Sfacciata. - Ci vole una fascia subbito, e po' domani si chiamerà il medico a visitarti. Aspetta, aspetta! infrattanto i' ti fascio io com'i' so. E scesa giù dal letto la Sfacciata corre al cassettone di su' padre, piglia una fascia lunga e arritorna 'n cambera. Fu inutile che il Re s'arrabattass'a dire che nun importava; la Sfacciata lo scoperse di riffa e si mettiede a opera per la fasciatura, e prova di qua, prova di là, da ultimo alla meglio gli rinuscì: doppo, tutta contenta, rimonta a letto a diacere e s'addorme com'un ghiro. Quando fu giorno, e che si destorno, dice la Sfacciata al Re: - Come stai? - Va più bene. - Sì, sì; ma te devi sentire il medico, farti curare e guarire, - dice la Sfacciata. - Vacci subbito, e riportami la fascia, che è del babbo, e [ [p. 459 modifica]459] i' non voglio che lui s'avvegga ch'i' gliel'ho presa. Nun te ne smenticare, sorellina mia. E il Re: - Nun si dubiti, ch'i' gli riporto ugni cosa. Si levano, e doppo vanno a culizione tutti assieme 'n salotto, e mangiato che ebbano, la signora regalò alle du' donne forestiere delle bazzecole, come abitini, nastri, grembi, vezzi e spilloni di vetro, e cose simili, e dettosi addio, le donne partirne. La Sfacciata l'accompagnò fin giù all'uscio del palazzo, e 'n sul mumento di separarsi, prima abbracciò stretto il Re e lo baciò a furia, e po' gli disse in un orecchio: - Arricordatene, veh! Va' dal medico e po' riportami quella fascia. - Sì, sì, i' l'ho imprumesso, - gli arrispose il Re, - e lei vederà che a' su' tempo i' mantiengo la mi' parola. Le du' donne, ovverosia la balia della Sfacciata e il Re travestito da su' figliola, arrivorno alla casa di campagna, e il Re disse: - Doccovi per il vostro bon servizio, i' vi regalo questa borsa di monete tutte nove: ma e' regali che m'ha dato la Sfacciata me gli asserbo per su' memoria. 'Gli è quella una ragazza che mi garba, sapete? abbeneché la sia sderta e ardita a quel mo'. Che ci si rivegga nun lo posso affermare; ma 'nfrattanto state bene e arricordatevi di me. Addio, addio. Il Re lassò la donna dimolto contenta de' quattrini avuti con poca fatica e arritornò dall'oste alla locanda; in dove sellati i cavalli, pagato i conti e tutto, col su' fido camberieri si rimettiede in strada verso il su' Palazzo reale. La madre, che era più mesi che l'aspettava, quando rivedde il su' figliolo diede 'n grandi allegrezze; la Corte si smosse a rincontrarlo il Re, e le campane sonavano a festa; e arrivi a casa, subbito la madre domandò: - Dunque, caro figliolo, l'ha' te trova la moglie di tu' piacimento? - Che! - arrispose il Re: - vi par egli! Le donne son tutte compagne e com'i' bramo nun l'ho riscontro. Meglio accosì scapolo, che mal accompagnato per sempre. A questa nova la Regina si rattristì, lei che sperava in un erede nel trono; ma nun c'era rimedio, se il Re steva ostinato a restarsene insenza moglie. Passorno diversi mesi doppo il viaggio del Re e lui s'appalesava di molto annoiato: e' nun c'era propio nulla che lo divertissi, e a vista d'occhio insecchiva ugni giorno; i [460] medichi [p. 460 modifica]nun sapevan più che rimedi dargli per rinviolirlo, e badavano a dirgli: - Maestà, lei nun ha febbre. Creda, questo 'gli è un male di passione. Provi a svagarsi. Ma il Re duro e mutolo nun si scionnava; da ultimo, tanto per contentare su' madre, una mattina andiede a trovarla e gli disse: - 'Gnamo via, si consoli, mamma. M'è vienuto 'n capo di dare una festa da ballo nel palazzo; accosì mi proverò se rinusco a cavarmi d'addosso la malinconìa. Ficuratevi se la Regina si rallegrò a una simile proposta del su' figliolo! Quasimente se lo credeva un sogno: - Tutto, tutto quel che te vòi, caro figliolo. Ordina come ti garba e si faccia pure la festa da ballo. Il Re dunque disse a su' Ministri d'ammannire con gran lusso il palazzo, e che a su' nome s'invitassi la nobiltà e le persone ricche e benestanti del Regno, e che nun smenticassino di mandare la lettera pure al mercante, con questo, che lui vienissi assieme alla moglie e alle figliole; almanco, che ci menassi la Sfacciata, se quell'altre dua nun gradivano di divertirsi. Ci si pole immaginare a mala pena che folla si presentò al palazzo la sera della festa da ballo: un buggianchìo di carrozze da ugni parte s'ammonticchiorno per le strade e pe' cortili, che lo guardie ci sudavan sangue a tienerle 'n fila, perché nun succedessi qualche disgrazia. Dame, cavaglieli, forastieri riempirno il palazzo in un mumento, e c'era anco il mercante con la moglie e la Sfacciata soltanto; la Paurosa e la Vergognosa nun ci fu verso di persuaderle a nuscire di casa. Ma per un capriccio, il Re da principio della festa nun si fece vedere, e 'n scambio lui steva a letto con tutti i regali e la fascia della Sfacciata penzoloni dal parato, e volse che il mercante con la moglie sua e la figliola gli andessino a fargli una visita per insino 'n cambera: e loro ubbidirno, abbeneché gli parse un po' buffo un simile comandamento. A male brighe nentrati, la Sfacciata subbito vedde e ricognobbe la robba sua attaccata al letto del Re e nun potiede trattienersi dallo scramare: - Oh! ladro, oh! birbone. Chi v'ha egli dato codesta robba? 'Gli è robba rubbata alla mi' balia e alla su' figliola, e la fascia 'gli è del mi' babbo. Il mercante e la su' moglie a questa nuscita della Sfacciata ci mancò poco che nun persano 'l cervello dalla vergogna e dalla paura, e s'arrabattavano a [ [p. 461 modifica]461] farla star cheta la figliola e a dire che nun era 'n sé: ma quella peggio che mai seguitava a bociare, e a voler sapere in che mo' il Re fusse al possesso della robba sua. Il Re 'n scambio d'adirarsi e' se la rideva a bono, e finalmente disse insenza scomporsi: - Robba vostra questa che qui, bella ragazza? Come pol essere, s'i' l'ebbi propio io per regalo? 'Gli è dicerto uno sbaglio. - Che, che! i' nun isbaglio, - arrispose infochita la Sfacciata. - La robba è mia e la ricognosco. Massime poi la fascia, che l'addoperai per la figliola della balia quando lei dormì con meco. Doppo un battibeco tra 'l Re e la Sfacciata, addove i su' genitori ci stevano ismemoriati come la serpe all'incanto, disse il Re: - Via, si schiarirà ugni cosa più tardi. Ora la musica sona, sicché andate a ballare e tra un po' i' viengo anch'io. Lassatemi solo, che mi levi. E difatto il Re, chiamato il su' fido camberieri, si vestiede ammodo e comparse nella sala; ma nun ballò altro che assieme alla Sfacciata, sicché tutte le donne astiose e i signori scandalizzati bisbigliavano e mormoravano dientro a' capannelli: - Che vergogna! Il Re preferire la figliola d'un mercante alla su' nobiltà! In che tempi no' siemo! In sul fino della festa il Re sortì e rinentrò a letto, e diede ordine assoluto alle guardie del palazzo, che ognuno potessi andarsene libbero e franco, salvo il mercante e le su' donne; sicché quando gli arrivorno alla porta, la sentinella gli disse: - Fermi! Per comando del Re lor signori hanno da rimanere. Anzi, vadiano subbito da Su' Maestà che vole parlargli. Il mercante e la su' moglie a simile nova restorno di sasso e 'mpauriti, e il mercante principiò a far de' rimproveri alla Sfacciata: - Decco i frutti delle tu' parole 'mprudenti. Ora chi sa che gastigo ci tocca per via di te? Disgraziati noi! 'Gli era più meglio che te nun fussi ma' nata. Lei però punto sgomenta, scramò: - Sbrighiamoci e si salisca dal Re. Si vederà che prutenzione è la sua, dacché i' son io che arei da rammaricarmi de' fatti sua. Su su, lesti. Vanno dunque dal Re, la Sfacciata quasimente a furia, e i su' genitori tentennoni gli tienevan rieto a fatica; il Re diaceva sempre con quelle robbe attaccate al parato del letto. Dice lui: - Voi, bella ragazza, vi mantienete nel medesimo parere, e vo' ricognoscete per [462] vostra [p. 462 modifica]appartenenzia la fascia e l'altre cose che ho qui con meco? - Ma sicuro! - arrispose la Sfacciata: - nun son mica invecille. Quella 'gli è robba mia e 'gli è giusto di rendermela. I' la regalai alla figliola della mi' balia e no a lei, e la fascia servì a medicargli la crepantosa che gli era casca in uno sforzo. - Bene, bene! - disse il Re. - 'Gli è giusto, e vo' riaverete ugni cosa dalle mi' propie mane, e per accomidarsi più meglio, i' vi domando in isposa a' vostri genitori. E sappiate che quella che dormì con voi non era la figliola della balia; 'n scambio 'gli ero io stravestito da donna. - Come, come? - scrama la Sfacciata: - nun pol essere. Dice il Re: - Eppure successe a quel mo'. E abbeneché vi chiamino la Sfacciata, mi sono persuaso che quel nome è una bugia. Cognosco la vostra 'nnocenza in nelle cose del mondo, al contrario della Paurosa e della Vergognosa, perch'i' l'ho visto co' mi' occhi quel che loro sanno fare di niscosto e con finzione. Insomma, i' ho delibberato che divenghiate Regina, e son sicuro che nun averò mai a pentirmi della scelta. Domani i' voglio tutto finito, sicché andate pure a prepararvi per la cirimonia. Figuratevi se la Sfacciata e i su' genitori furno contenti! E anco la madre del Re 'gli era matta dall'allegrezza. Il giorno doppo seguì lo sposalizio con canti, soni e feste, che durorno delle settimane, e il Re e la Sfacciata, sempre d'accordo 'nsino che vecchi, ebbano di molti figlioli vegnenti e virtudiosi.



NOVELLA LVI


Caterina furba (Raccontata dalla ragazza Giuditta Diddi contadina)