Sessanta novelle popolari montalesi/VI

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VI. La bèlla Ostessina

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V VII

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NOVELLA VI


  • La bella Ostessina

(Raccontata dalla ragazza Silvia Vannucchi)


C'era una volta, ma indove nun me n'arricordo, un'Ostessa, che era dimolto bella, e però 'gli aveva una gran nomea e tutti correvano al su' albergo, se nun fuss'altro per la curiosità di vederla e di parlargli. Quest'Ostessa nun era sola; con lei ci steva pure una su' figliola, che nel crescere diventò anco più bella e garbosina della mamma, e a diciott'anni nun si trovava una donna che gli si potessi mettere al paragone; e la gente, che prima andeva per discorrere con la mamma, ora invece facean capo all'albergo per la figliola, e tatti la chiamavano a un mo' la Bell'Ostessina, accosì per nun confonderla con l'Ostessa. 'Gli è un vizio delle donne, specialmente quando le cominciano a invecchiare, d'aver'astio alla gioventù; e questo brutto vizio s'appiccicò pur anco all'Ostessa. La figliola gli era un pruno in negli occhi e nun pativa di vedersela d'attorno; e gli crebbe tanto l'aschero e l'odio contro il su' proprio sangue, che risolvette per insino d'ammazzare la Bell'Ostessina, addove nun gli rinuscissi di farla imbruttire. Piena di stizza l'Ostessa principiò a tiener serrata da mattina a sera la figliola, a dargli poco da mangiare e a strapazzarla in tutti i modi, perché lei cascassi giù in isfinimento: ma il come nun si sa, e pure la ragazza nun pativa nulla e cresceva tavìa in bellezze. La su' cattiva mamma 'gli arebbe dato il capo per le muraglie dal dispetto; e finalmente volse cavarsi la figliola di 'ntra i piedi e addio. Che ti fa? Per nun dar sospetto alla gente lei chiama un servitore, che gli pareva di poterci contar su, e gli diede ordine di menar la Bell'Ostessina dientro a un bosco e lì ammazzarla insenza misericordia; e poi a testimonianza del fatto disse, che [44] [p. 44 modifica]badasse bene di portagli le du' mane della ragazza morta, il core e una boccetta piena del su' sangue. A quel brutto comando il servitore restò di sasso, come an babbalucco; ma siccome lui cognosceva a fondo il naturale cattivo della padrona, e' temé che rifiutandosi nun salvava di certo la ragazza, e che la su' mamma crudele in un modo o in un altro l'arebbe scannata. Disse dunque d'ubbidire, e il giorno doppo 'gli andette in cammera addove era serrata la Bell'Ostessina e gli fece assapere che la mamma e' voleva che lui la menassi un po' a spasso in poggio per isvagarsi. La Bell'Ostessina, che aveva il core bono, nun sospettò a male; anzi, lei si persuadé che la mamma si fuss'allora pentita e rimutata: in ugni mo' quest'idea gli era vienuta in capo con un po' di sturbamento; ma pure, la si vestì de' meglio panni e col servitore s'avviò al bosco del poggio vicino. In quel mentre che loro due camminavano, il servitore steva col broncio e come sopra a pensieri, e nun sapeva capacitarsi di dovere ammazzare come un cane quella bellissima creatura, e mulinava infra di sé un ripiego per salvare capra e cavoli. In nel frattempo giunsano in vetta al poggio nel più folto del bosco. Qui il servitore si buttò in ginocchioni e con dimolte lagrime si mettiede a raccontare alla Bell'Ostessina quel che la su' mamma gli aveva comandato. Alla Bell'Ostessina, in nel sentire le parole del servitore, gli si diacciò tutto il sangue, e si dubitava che fuss'un brutto scherzo e una invenzione di lui; ma il servitore giurò che pur troppo 'gli era tutto vero il su' dire, e che bisognava pensare al rimedio, sicché l'Ostessa nun si rifacessi con la su' pelle, se disubbidiva e nun s'arrapinassi poi per rinvenire la figliola e finirla, caso mai lei s'accorgeva che nun l'aveva morta. La Bell'Ostessina disperata scramò: - Piuttosto che vivere accosì odiata dalla mamma, preferisco morire. Ammazzanti via, e eseguisci senza indugio il su' comandamento. Ma il servitore gli arrispose: - Ma vi par egli ch'i' sia tanto ispietato e birbone? I' v'ho menato apposta qui per salvarvi, e vi salverò a tutti i patti. 'Gli oran lì que' dua in sul contrastare, quando apparse un pecoraio con dimolti agnellini nati da poco. Al servitore gli nascette il pensamento di comperarne uno, scannarlo e levargli il core, e portar questo assieme col sangue all'Ostessa col [ [p. 45 modifica]45] dargli a intendere che fussano il core e il sangue della su' figliola. - Ma le mane? - disse la ragazza. - Tagliamele, ché accosì l'averai. Dice il servitore: - E come volete voi campar la vita insenza le mane? - Ne farò con di meno. Insomma, lui comperò l'agnellino, e mettiede a effetto tutto quello che aveva arzigogolato: la ragazza si svestì di tutti i su' panni e rimase con la camicia soltanto, e diede la robba al servitore, perché la riportass'a casa, e lei poi a quel modo mezza gnuda fu dibandonata in nel bosco. L'Ostessa che aspettava con gran bramosia il servitore, gongolò dall'allegrezza quando lo vedde arritornare co' segni dell'ammazzamento commesso; ma siccome ci mancavano le mane, lei bociò con mal viso: - E le mane addove sono? Arrisponde il servitore: - Che volete voi, signora padrona; i' nun ho avuto core di tagliargliele alla vostra figliola, doppo tutto il male ch'i' ho fatto per ubbidirvi. Che nun bast'eglino questi segni? I' ho porto insin i panni. Abbeneché l'Ostessa rimanessi con del sospetto, in ugni mo' s'addimostrò contenta: e diede al servitore ordine chiaro di starsene zitto come l'olio, e poi la sparse voce che la su' figliola 'gli era morta da un parente lontano, addove lei l'aveva mandata a passarci per isvago qualche mese. La Bell'Ostessina, infrattanto, lì sola per entro 'l bosco quasimente gnuda, fu chiappa dalla notte, dal freddo e dalla fame, sicché piena di paura, intirizzita e rifinita, la si sentiva morire. Deccoti tutt'a un tratto gli comparse davanti una Vecchia, che gli addomandò chi lei era e che faceva mai a quell'ora nel bosco e con la camicia soltanto addosso. La povera ragazza gli raccontò per filo e per segno la su' mala ventura, e quando lei 'gli ebbe finito, la Vecchia gli disse: - Sciaurata fanciulla! Ti piglierò con meco, ma col patto che te ugni sempre m'ubbidisca. Alla Bell'Ostessina gli parse toccare il cielo con un dito in nel sentire quella proposta, e gli promesse alla Vecchia tutto quel che lei volse, e la Vecchia, ringarzullita, la pigliò per una mana e la menò con seco in un palazzo luccichente e incantato, addove nulla ci mancava, e la Bell'Ostessina era trattata come una Regina. La Vecchia tutti i su' santi giorni nusciva a girandolare [46] [p. 46 modifica]pe' fatti sua e non tornava che a sera tardi; ma prima d'andarsene lei disse alla Bell'Ostessina: - Senti, dammi retta e fa' a mi' modo. I' sono una Fata, ma di quelle bone, e t'avvertisco che nun ti lassi abbindolare da nimo che vienga per questi dintorni. Bada! La tu' mamma malandrina la sta in sospetto che tu non sie' morta, e tra poco e' lo saperrà dicerto, e manderà anco della gente a ricercarti, perché t'ammazzino. Dunque, tieni bene gli occhi spalancati. E dettogli accosì, se n'andiede fora di casa. In quel frattempo l'Ostessa ripensava a quelle mane che il servitore nun gli aveva portate doppo morta la su' figliola, e sempre più gli s'accresceva il sospetto che il servitore fuss'un bel bugiardo e nun avess'ubbidito a su' comandamenti. 'Gli accadé che un giorno, lei standosene in sulla porta del su' albergo, e' vedde passare una Strolaga; subbito la chiamò per farsi strolagare. La Strolaga s'accosta, gli piglia la mana, e l'Ostessa gli addimanda se dientro al core lei ci pole leggere. Dice la Strolaga, doppo tutti i su' esami: - Bell'Ostessa, vo' siete in sul sospetto. Vo' avete una figliola e la credete morta; ma nun è vero. Invece lei è viva, sta da gran signora in un palazzo d'una Fata, che gli vole dimolto bene, e nissuno la potrà mai ammazzare. Questa nova rinuscì ostica all'Ostessa, sicché arrabbiata mulinò qualche altro tradimento per far morire la su' figliola, e infrattanto arrivare insino a lei; e siccome sapeva che gli garbavano i fiori, 'gli ordinò un gran mazzo e lo spargette sopra di veleno; e po' chiamato un servitore gli disse che doveva fingersi fioraio e andarsene a gridare: "Chi vol de' be' fiori?" sotto il palazzo della Fata. Il servitore nun intese a sordo e fece a quel modo appuntino. La Bell'Ostessina al gridìo del fioraio finto dismenticò gli avvisi della bona Fata; scese giù da sé e comperò il mazzo de' fiori: ma nun se l'era accosto a mala pena al naso, che cascò morta in sul mumento. Sicché rivienuta la Fata a casa, picchia e ripicchia all'uscio, nissuno gli apriva; e finalmente impazientita diede uno spintone al serrame e lo spalancò, e vedde in su per le scale lo spettacolo della ragazza morta stecchita. Scrama: - Te l'avevo detto, scapataccia, e te nun ha' volsuto ubbidirmi? La tu' mamma e' l'ha lunghe le mane! Ora, i' sare' anco capace di lassarti stare costì e nun ricorrere alla mi' arte per [ [p. 47 modifica]47] farti rinvivire. Ma poi, risguardando quel corpo tanto bello e ripensando a quanto la Bell'Ostessina 'gli era buona, con certi unguenti e scongiuri gli ridiede la vita alla Bell'Ostessina, che vispola e rinsanichita si levò in piedi di scatto. Allora gli disse la Vecchia: - Bada di nun cascare un'altra volta in quest'inganni, perché un'altra volta i' nun sarò tanto pietosa. I' voglio che te m'ubbidisca; ha' tu 'nteso? La giovane glielo 'mpromesse che da lì 'nnanzi lei sarebbe stata ubbidiente. Doppo de' giorni la Strolaga viense a ripassare dall'albergo dell'Ostessa, sicché l'Ostessa la chiamò per farsi di novo strolagare e gli porgette la mano. La Strolaga gliela esaminò con garbo e poi gli disse: - Quella vostra figliola, che sta in nel palazzo della Fata, e' nun si pole mica ammazzare. La Fata la protegge e oggi, sappiate, che lei è viva come prima. All'Ostessa gli si risvegliò l'aschero, ma nunistante nun si perdiede d'animo a quel racconto, e volse ritentare le su' prove. Lei cognosceva che la su' figliola era ghiotta delle stiacciate, sicché ne 'mpastò per una cesta e l'empiette di veleno, e poi le diede a quel medesimo servitore, che in ficura di pasticciere 'gli andessi a venderle sotto il palazzo della Fata a bociare: "Chi vole le stiacciate bone?" La Bell'Ostessina, che al risico passato nun ci pensava più già, a quegli urli del pasticciere finto scendé le scale e comperò tutte le stiacciate, e poi rimonta in cammera ne mangiò quante ce n'era: ma di lì a un po', giù di scoppio per le terre morta steccolita. Rideccoti la Fata, e picchia e ripicchia, e nissuno gli apriva. Lei sfonda l'uscio con un calcio e corre in cammera della Bell'Ostessina e te la vede in sul pavimento a braccia aperte e oramai insenza più fiato. Alla Vecchia gli girò il boccino, e quasimente voleva tienere la su' promessa alla ragazza disubbidiente di lassarla morta; ma poi, il bon core la consigliò meglio e come l'altra volta la rinvivì, e quando la Bell'Ostessina fu in piedi, la Vecchia seria seria gli disse: - Sentimi bene, allocca, e ti fo giuro che la mi' parola la tiengo. Se t'accade un malestro simile daccapo, per me nun ti tocco, e a rifiatare tu nun ci ritorni ma' più. La Bell'Ostessina nun gli potiede negare la ragione, cercò d'abbonirla con du' moine, e poi gli promettiede che in quegli sbagli nun ci sarebbe più ricasca. [48] [p. 48 modifica]Intorno a pochi giorni doppo viense a caccia per la selva il Re d'una città vicina, e in nel passare dal palazzo della Fata vedde la Bell'Ostessina alla finestra, e se ne innamorò a bono; n'era innamorato cotto, via. 'Gli è naturale, che lui seguitando a fare quelle spasseggiate e a buttar dell'occhiatine tenere alla Bell'Ostessina, anco la ragazza si sentissi de' balziculi dientro al core: in ugni mo', siccome il Re nun gli aveva a lei detto mai nulla, e neppure mandato dell'ambasciate, accosì restava in nel dubbio di quello che poteva accadere. Infrattanto la Strolaga era arritornata dall'Ostessa, e gli raccontò ne' soliti modi, che la su' figliola steva bene, sana e viva e che garbava dimolto a un Re; e l'Ostessa incaponita di vederla morta, cognoscendola ambiziosa e credenzona, mulinò d'arrivare a ammazzarla con un altro tradimento. Fece fare de' bellissimi vestiti alla reale e una corona d'oro piena zeppa di pietre preziose, e dappertutto ci ficcò del veleno, che soltanto a toccarlo bisognava cascar morti insenza rimedio; poi, chiamò diversi servitori, gli trasficurì con delle livree e gli diede ordine di andare al palazzo della Fata, e che cercassin della Bell'Ostessina e gli presentassino tutta quella robba da parte del Re su' 'nnamorato. Que' servitori feciano per l'appunto accosì; la Bell'Ostessina ci credette per davvero alle bugie, pigliò i panni e la corona, e salita nella su' cammera si mettiede ugni cosa addosso: ma, poera disgraziata, doppo pochi mumenti cascò di stianto giù per le terre e moritte insenza accorgersene nemmanco. Eccoti che riviene a casa la vecchia Fata, e trova quella brutta tragedia; sicché imbizzita scrama: - Tu l'ha' proprio volsuta, e se tu sie' morta, peggio per te. Ora poi nun ti rinvivisco più. Ma anco per tu' colpa questi be' loghi tu me gli ha' fatti vienire a noia. Dunque, tutto è finito. Piglia in sulle braccia la ragazza morta, fabbrica con la su' arte un ricco catafalco in nel mezzo del salone, lo assetta all'intorno con de' ceri accesi, sopra ci sdraia la Bell'Ostessina co' su' vestiti alla reale e la corona in sulla testa, e, doppo serrate le finestre del palazzo, comanda che dientro ci sia per tre anni di fila un servizio abbondante da fare a tre principi: finalmente, perché il palazzo nun lo ritrovino, trasficura con la su' bacchetta fatata il logo della selva, e tirato a sé l'uscio se ne portò via la chiave con [ [p. 49 modifica]49] seco, che, vienuta in riva del mare, ce la buttò in fondo e dietro a quella gli andiede anco lei in nelle case de' pesci. Il Re, che, se nun s'è detto si dice ora, gli era un bel giovanotto scapolo, riviense a caccia per que' soliti loghi; ma rimanette isbalordito, perché nun gli rinusciva trovare le medesime strade e il palazzo della Bell'Ostessina: lui non si sapeva raccapezzare come mai fuss'accaduto tutto quel trasmutamento. Per su' fortuna il Re tieneva al servizio diversi pescatori, che gli fornivano ne' giorni di maghero il meglio pescio marino. Un Vennardì, nun si sa in che modo, del pescio nun potiedano pigliarne punto, sicché il coco fu ubbligato di cercarne alla pescheria della città; ma nun trovò che un pescio smenso, di gran costo, e bisognò che gli spenditori comprassin quello in mancanza d'altro: quando poi il coco principiò a affettarlo quel pescione, figuratevi la su' meraviglia, in nel rinvienirgli dientro al capo una grossa chiave. Diviato la portano al Re: lui però nun sapeva che chiave era quella e che uscio apriva; ma in nel sospetto che potess'essere la chiave di qualche palazzo incantato, fece deliberazione di tienerla ugni sempre con seco attaccata al collo a una catena d'oro. Infrattanto il Re nun si deva pace e badava a ricercare il palazzo della Bell'Ostessina; lui era mezzo ammattito dalla disperazione. Che ti fa? Un giorno piglia in su' compagnia du' servitori fedeli, e tutti assieme con lo stioppo da caccia a armacollo nuscono a levata di sole; e cammina cammina per il paese e per delle boscaglie dimolto fitte, gli acchiappò la notte, e dal buio, addove mettevano i piedi tramezzo agli alberi e agli spini nissuno lo poteva dire. Si diedano per ismarriti; e infatti il Re lo perdette uno de' servitori, e accosì a tentoni, sbatacchiandosi di qua e di là, que' da' rimasti s'arrapinavano a trovare la strada. Deccoti, a un tratto al Re gli parse di vedere lontan lontano un chiarore, sicché s'avviò a quella parte col su' compagno, e doppo gran fatica, stracchi, strafelati e tutti intirizziti dal freddo, arrivorno alla porta di un palazzo; ma picchia e ripicchia, nissuno gli apriva. Dice il Re: - Oh! che nun ci sta di casa anima viva? In quel mentre il Re s'arricordò della chiave che tieneva ciondoloni al collo e volse provarla nella toppa, e con quella fece scattare la stanghetta e l'uscio si spalancò. Per un [50] [p. 50 modifica]po' rimanette come rincitrullito a quel miracolo; ma doppo, fattosi coraggio si mettiede dientro col su' servitore e cominciorno a salire su per le scale, e abbeneché il palazzo apparissi tutto pieno di lumi, di genti nun ne trovorno di niussuna qualità: c'era il deserto. In nella prima sala ci veddano una bella mensa apparecchiata da signori, e sopra ci steva posato anco un gran mazzo di chiavi; in un canto della medesima sala il foco bruciava allegro dientro al camminetto. I du' forastieri guardorno ben bene ugni cosa, fecian del chiasso con l'idea che qualcuno in nel sentire vienissi a domandare chi gli erano e a salutargli: fu però tutto inutile; sicché loro affamati a quel modo si siedettano a tavola e lì mangia pure con un appetito da lupi: e quando una pietanza era finita, subbito delle mane invisibili ne portavano un'altra sempre più bona e gustosa. Guà, il Re lo capì che quel palazzo doveva essere un palazzo incantato; e a dire il vero, ci rimaneva con della temenza, nun cognoscendo se il padrone fuss'un Genio di garbo, oppuramente un Genio maligno. In ugni mo' quel Re del coraggio n'aveva dimolto; lui n'aveva da vendere, sicché, doppo che ebbano empiuto il corpo, disse il Re al su' servitore: - Piglia un lume che s'ha da rinfrucolare il palazzo. Di certo, questo mazzo di chiavi serve per aprire i quartieri. Gnamo, e niente paura. Si rizzano e vanno a girare dappertutto; ma dappertutto trovorno il medesimo deserto; ugni cosa solingola; nun sapevano propio quel che si pensare in nel vedere quelle stanze accomodate alla ricca, con mobiglie e tappeti di gran lusso, e l'oro e te pietre preziose luccicavano a monti. 'Gli eran quasimente scoraggiti di scoprire i padroni in qualche cantuccio, sicché si voltorno addietro per ritornare nella sala; quando al Re gli parse di vedere una porticina mezzo niscosta, e andato in verso quella il servitore col lume, il Re ci provò diverse chiavi nella toppa, e finalmente con una gli rinuscì aprirla. Questa porticina deva entrata a un seguito di dimolte stanze, anco quelle messe alla splendida, e in fondo c'era un salone smenso; ma rimaseno di sasso il Re e il servitore, e impauriti a bono, perché lì in que' mezzi ci veddano ritto un catafalco con de' ceri accesi all'intorno e sopra sdraiata una donna morta. Quando lo stupore gli fu passato, il Re s'accostò al catafalco e [51] [p. 51 modifica]poco ci corse che nun s'isvienissi ricognoscendo in quella donna morta la Bell'Ostessina; sicché si diede a disperarsi e il servitore badava a tirarlo via da quello spettacolo. Ma prima il Re volse pigliare un ricordo della su' ragazza, e però adagio adagio gli cavò di dito un anello con una pietra preziosa in vetta, e in nel cavarglielo gli parse di sentire che la morta aveva smosso la mano. Guà, dal terrore al Re gli s'addrizzorno i capelli in sul capo! Dice: - Qui c'è qualche incanto. O i' fo erro per la brama di questa ragazza, o lei nun è punto morta. Presto, s'ha a provare a spogliarla. Detto fatto, la portorno di peso sur un letto e lì gli levorno tutti i panni d'addosso e la corona di testa, sicché la Bell'Ostessina rimase gnuda come da nata; ma 'ntanto, a male brighe gnuda principiò a sciorinarsi, e si stirava e spalancava la bocca con de' gran sbadigli, quasimente si destassi dal sonno, e finalmente soccallati gli occhi, in nel vedersi a quel mo' in faccia a du' omini steva mezzo tra l'ingrullita e la vergognosa, e voleva in ugni mo' scappare e niscondersi. Il Re però si diede a rassicurarla e gli disse di nun aver paura di nulla, e poi gli fece il racconto di quel che era successo; e allora la Bell'Ostessina si racconsolò e si fece menare in nella su' cammera, addove c'eran sempre i su' vestiti di tutti i giorni e in un mumento ricomparse nel salone bell'e accomida con garbo. La vo' far corta, ché già ci si pole anco ficurare. Que' dua giovani lì assieme solingoli e innamorati com'erano, nun istiedan mica a dire de' paternostri; si sposorno senza 'l prete, e addio! e siccome nel palazzo incantato nun ci mancava il campamento da principi, nun si mossan più da quel logo per du' o tre anni, e in quel mentre gli nacquero du' be' figlioli masti; una delizia soltanto a vedergli. Ora bisogna sapere che il Re aveva sempre viva la su' mamma, e a lei dal giorno che il Re 'gli era sortito a caccia co' du' servitori nun gli rinuscì scoprire addove fusse. Mandò a cercarlo dappertutto, ma fu tutto inutile, sicché finì col crederlo bell'e morto, e doppo del tempo rimesse l'animo in pace e quasimente nun ci pensava più. Ma una volta eccoti capita daccapo la medesima Strolaga dall'Ostessa e gli racconta ugni cosa della sua figliola, che nun era mica morta, che 'nvece se la godeva alla grande, sposa del Re in un palazzo incantato. L'Ostessa in nel [52] [p. 52 modifica]sentire queste nove si rodeva dall'astio, e di mal animo tavìa contro il su' proprio sangue, che ti fa? Corre dalla Regina madre del Re e gli scopre tatto. La Regina da un lato si rallegrò cognoscendo vivo il su' figliolo; ma per un altro 'gli era stizzita, perché il Re aveva sposato a quel modo lesto una ragazza di bassa nascita e di mestieri vile; e però nun messe tempo in mezzo e almanaccò il rimedio, che fu di disseparare a ugni patto i dua 'nnamorati, e l'Ostessa gli promettiede d'aitarla, e la pigneva a commetter del male col dire dimolte birbonate e calunnie in verso la Bell'Ostessina. A corte, in nel cercare, gli avevano finalmente ritrovo la strada del palazzo incantato, sicché nun fu punto difficile alla Regina di scrivere una lettera e mandarla al Re, con ordine di vienir via subbito al governo del popolo; il Re però arrispose, che lui addov'era ci steva troppo bene, che la su' sposa nun la voleva lassare dibandonata e neppure i su' bambini, e che il popolo nun gli pareva che avessi bisogno che lui stasse proprio a corte; anco dal palazzo incantato lui poteva dare udienza e sbrigare tutte le faccende del Regno. Vistasi al perso la Regina ricorse a un ripiego; diede a intendere al Re che la su' lontananza aveva risveglio l'ambizione del Re confinante, sicché questo coll'assercito s'era partito per dar l'assalto allo Stato, e lo Stato e lei medesima si trovavano in gran ristio, nun sapendo come difendersi insenza la persona del Re su' figliolo; e perché l'invenzione paresse vera, la Regina disse a un parente, che mettessi assieme de' soldati in su' i confini in ficura di nemici del Regno. A questa nova il Re, che 'n sull'onore nun ci scherzava mai, cascò nella rete, e si preparò a partire, e partì subbito per il campo assieme co' su' battaglioni, doppo grandi preghiere alla sposa, che badassi bene d'esser prudente per iscansare i tradimenti di chi gli voleva del male: anzi, tirato fori un vestimento tutto pieno di sonaglioli, lo diede alla Bell'Ostessina e gli disse: - Se caso mai t'avvienga qualche cosa a traverso e tu sie' 'n pericolo, mettiti diviato addosso questi panni e scotigli forte. Abbenché lontano, lo scampanellìo i' lo sentirò, e a corsa tu mi vedra' vienire al tu' soccorso. Tu ha' capito? Ma tieni la testa con teco. Dopo monta a cavallo e se ne va. [ [p. 53 modifica]53] Di lì a pochi giorni deccoti capita al palazzo incantato un'ambasciata da parte della Regina per invitare la Bell'Ostessina a vienirsene in città lei e i su' du' bambini: la Regina gli faceva assapere che aveva gran voglia di cognoscerla in persona, vedere i nipotini, e 'n somma tante belle cose; che lei nun temessi di nulla, ma sarebbe anzi trattata come una principessa, e come la moglie del Re su' figliolo. La Bell'Ostessina, un po' minchiona al solito, ci credette a quelle finte profferte della Regina, pigliò con seco i bambini e nuscita dal palazzo assieme con gli ambasciatori, se ne viense alla città: ma arriva che fu alla presenzia della Regina, lì c'era pure su' madre l'Ostessa, e tutte e dua si messano a caricarla d'improperi, e finalmente la Regina diede ordine alle guardie, che la Bell'Ostessina fuss'arrestata e rinchiusa co' figlioli in prigione; e nell'idea d'ammazzarla e spegnere a un tempo la su' stirpe, volse che l'Ostessa la consigliass'in che modo si poteva fare. Quella maligna madre, per isfogare la rabbia del su' core, gli disse, che il meglio era di buttar viva la Bell'Ostessina e i bambini in una caldaia d'olio bollente e, di più, in sulla pubblica piazza, perché tutti imparassen a ubbidire e a nun essere sfacciati. Tutto dunque era preparato per il supplizio e la Bell'Ostessina, abbeneché con dolore, oramai steva rassegnata al su' fine; quando a un tratto s'arricordò dell'avviso del su' caro sposo; e siccome in prigione gli avevano lassato il fagotto de' panni, lei levò via da quello il vestito co' sonagliolini e se lo mettiede, e a male brighe arrivata in sulla piazza vicino alla caldaia dell'olio bollente, si diede a scoterlo a tutto potere, e in un momento deccoti apparisce il Re sul su' cavallo. Visto quel brutto spettacolo il Re volse sapere quel che 'gli era mai accaduto; e quando glie l'ebban racconto, lui, per la su' autorità di Re, comandò l'arresto della Regina e dell'Ostessa; e fatto il giorno doppo raunare il Consiglio, le du' cattive donne e birbone furno condannate a morire in quella medesima caldaia d'olio bollente, stata ordinata per la Bell'Ostessina e per i su' bambini. E accosì il Re e la Bell'Ostessina libberi da ugni paura regnorno per di molto tempo, e il popolo gli voleva bene; e se nun fussano morti a quest'ora e' camperebban tavìa.