Sessanta novelle popolari montalesi/XLIV

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XLIV. Giovannino insenza paura

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XLIII XLV

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NOVELLA XLIV


Giovannino insenza paura (Raccontata dalla Luisa vedova Ginanni)


Ci fu una volta un ragazzettaccio chiamato per nome Giovannino insenza paura, perché lui nun aveva ma' paura di nulla, e 'l su' mestieri 'gli era di girar per il mondo in cerca di pane. Un giorno si fermò a una fattoria a chiedere un po' d'alloggio, e il fattore gli disse: - Qui no, del posto nun ce n'è; ma se tu ha' core, i' ti mando in un bel palazzo. Dice Giovannino: - E in che mo' i' devo aver core per andare a dormire in un bel palazzo? Dice il fattore: - Perché quello 'gli è un palazzo che ci si sente, e nimo n'è possuto nescire altro che morto. La mattina va sempre la Compagnia con la bara a pigliare chi volse albergar lì dientro. Bada, veh! quello che insenza paura ci dorme e nesce vivo, 'gli averà trovo la su' sorte, e del campamento e de' quattrini nun gliene manca più. Dice Giovannino: - Ci vo io. E' mi chiamano Giovannino insenza paura, figuratevi! e i' nun ho paura di nulla. Dunque mettetemi pure a dormire là dientro. Al fattore nun gli parse vero che Giovannino si provassi a rompere l'incanto, abbeneché nun ci credessi punto che lui fusse tanto bravo, e gli fece ammanirne la cena in nella cucina del palazzo, e a buio Giovannino lo serrorno solo in quel logo. Sarà stata la mezzanotte e Giovannino mangiava a tavola sieduto, quando dalla cappa del cammino sente una voce dire: - Butt'io? Arrisponde Giovannino: - Butta pare, - e vien giù una gamba. Poi daccapo: - Butt'io? E [364] Giovannino: - Butta pure, [p. 364 modifica]e vien giù un'altra gamba. Doppo un po': - Butt'io? - Butta co 'l nome di Dio, - e vien giù un busto 'ntiero che s'attacca a quelle du' gambe. - Butt'io? E Giovannino: - Sì, - e deccoti un braccio e poi quell'altro, e s'attaccano un di qua e un di là al busto. - Butt'io? - Butta quel che tu vòi, - urla Giovannino, e vien giù una testa, sicché finalmente Giovannino vedde lì ritto un omone grande smisurato; e questo lavoro di sentir dire: "Butt'io?" e di rispondere: "Butta pure" durò un bel pezzo, e da ultimo sotto la cappa del cammino ci stevan come 'mpalati e con gli occhi fissi 'n verso Giovannino tre gigantacci spaventosi, che poi saltati giù 'n cucina dissano a Giovannino: - Piglia 'l lume e vien con noi. Dice Giovannino: - Pigliatelo voi. - No, tu l'ha' da pigliar te, - dissan quelli a brutto muso. Pensò Giovannino tra sé: "Addove mi meneranno questi briganzoni?" E siccome lui aveva visto 'nnanzi un gomitolo di liccio dientro la cassetta del tavolino, insenza che que' quattro se n'accorgessano ne legò un capo alla griccia dell'uscio e poi 'gli andette a fargli lume. Scesano una scala, poi un'altra, poi un'altra fin giù in un sotterraneo fondo, e e po' dissano a Giovannino: - Piglia questa zappa e scava qui. Arrisponde Giovannino: - Che! Scavate voi. E quegli: - No, che te ha' da scavare. Sbrigati. Dunque Giovannino principiò a dargli con la zappa, e doppo aver fatto una gran buca, trovò tre pentole piene zeppe di quattrini; un tesoro niscosto in quel sotterraneo. Dice un di quegli omacci: - Piglia queste pentole a una per volta e portale su. Dice Giovannino: - Datemi 'l lume. - No, tu ha' da ire al buio, - quello arrispose. Per su' sorte Giovannino 'gli ebbe giudizio d'assicurarsi la via con il gomitolo di liccio, sicché gli rinuscì bene a salire e scendere per le scale, e con gran fatica portò le tre pentole per insino 'n cucina accosì a tastoni quasimente. Quando tatti furono daccapo raunati vicino alla cappa del focolare, disse 'l capo: - Giovannino, la paura qui nun c'è più e l'incanto è rotto; le tre pentole del tesoro, una è per te, una per il fattore, una per la Compagnia che viene a prenderti concredendoti morto: il palazzo e' sarà del primo poero che picchia 'n busca di pane, perché de' su' veri padroni nun ne campa [ [p. 365 modifica]365] manco la stirpe. E ora addio. E sparirno que' quattro omoni, che nimo gli ha più visti da quel tempo 'nsin'a qui. A bruzzolo Giovannino sente da lontano cantare, Miserere mei, miserere mei, e 'gli era la Compagnia della Chiesa che con la bara vienivan a portar via Giovannino, perché pensavano che assolutamente lui fusse morto come tutti gli altri stati la notte dientro 'l palazzo delle paure. Apran la porta e 'n scambio te lo veggan vivo. - Bravo Giovannino! bravo Giovannino! - gli urlavano da tutte le parti, e il fattore assieme al prete gli andierno 'ncontro con grandi feste e allegrezze, e volsan sapere da lui quel che 'gli era successo e in che modo aveva possuto scampare la morte. E lui a raccontargli per filo e per segno l'apparizioni di que' quattro omoni giù per la cappa del cammino, e de' comandi avuti, e da ultimo diede al fattore e al prete le du' pentole di monete che gli toccavano di parte, e doppo una bella culizione volse seguitare a viaggiare per il mondo e non ci fu versi di trattienerlo a starsene lì con quella gente. Camminò dimolti mesi per più loghi e da signore per via di quella pentola di quattrini, e un giorno capitò a una bottega di legnaioli in una gran città. I legnaioli gli domandorno chi era. Dice lui: - I' sono Giovannino insenza paura, perché io non ho mai paura di nulla. - Chi lo sa? - disse un di que' legnaioli. E Giovannino: - Metterai alla prova. Dice il legnaiolo: - Sta' a vedi quel che no' si pole fare, e se te nun ha' paura, te sie' bravo. Tre di loro presano 'l quarto legnaiolo, lo stesano sul pancone e poi con la sega gli staccorno la testa dal busto; doppo con una mestura fatta a posta gliela riappiccicorno al su' posto, e quello s'arrizzò e si mettiede a discoprire e a cantare come prima. Dice a Giovannino: - Ha' tu visto? Che forse ha' avuto paura? Arrisponde Giovannino: - I' nun ho mosso manco un pelo, abbeneché sia rimaso quasimente istupidito dal miracolo. Dice il legnaiolo: - Bene! Se 'gli è vero che te nun ha' paura punta di nulla, lassatelo fare pure a te il taglio della testa. Giovannino a quella proposta la concugnò dapprima, ma poi per nun parere scramò: - Sì, deccomi pronto, - e si sdraiò bocconi 'n sul pancone, e i legnaioli anco a lui gli segorno il capo e poi glielo riappiccicorno con quella solita mestura. Dice il legnaiolo maggiore:

[366] [p. 366 modifica]Bravo! Eppure ci scommetto che un'altra volta te non te la lassi fare quest'operazione.

- Sì. - No. E alla per fine Giovannino riappoggiò la testa al legname e quegli con la sega, via! gliela staccano in nel medesimo logo: ma 'nvece di riattaccargliela per dinanzi, o per malizia o per isbaglio, gliela rimessan con la faccia 'ndietro, sicché Giovannino si vedeva 'l culo. Si sole dire, che quand'uno si vede 'l culo more dalla paura; e accosì Giovannino che nun aveva ma' uto paura di nulla, a male brighe si vedde 'l culo cascò per le terre morto stecchito, e così finirno tutte le su' bravure in nel mondo.