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<section begin=1 /><!--{{ZbPagina|883}}-->ai romani, vedi in questo particolare la fine del Capo VI di {{Sc|{{AutoreCitato|Montesquieu|Montesquieu}}}}, ''Grandeur ''etc. Oltre che i romani accordando la cittadinanza a ogni sorta di stranieri conquistati, gli agguagliavano piú che mai potessero ai cittadini e compatrioti; ma questa cosa non riuscí loro niente bene, com’é noto, e come ho detto in altro pensiero p. {{ZbLink|457}}. |
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Tornando al proposito, {{AutoreCitato|Platone|Platone}} nella ''Repubblica'', lib. 5V (vedilo) dice: ''i Greci non distruggeranno certo i greci, non li faranno schiavi, non desoleranno le campagne, né bruceranno le case loro; ma in quella vece faranno tutto questo ai barbari''. E le orazioni d’{{AutoreCitato|Isocrate|Isocrate}}, tutte piene di misericordia verso i mali de’ greci, sono spietate verso i barbari o oPersiani, ed esortano continuamente la nazione e Filippo a sterminarli. Sono notabilissime in questo proposito le sue due orazioni Πανηγυρικὸς e πρὸς Φίλιππον, dove inculca di proposito l’odio de’ barbari, nello stesso tempo e per le stesse ragioni che l’amore dei greci, e come conseguenza di questo. Vedi specialmente quel luogo del panegirico, che comincia Εὺμολπίδαι δὲ καὶ Κήρυκες e finisce τῶν αὐτῶν ἒργων ἐκείνοις ἐπιθυμῶμεν, dove parla di {{AutoreCitato|Omero|Omero}} e de’ troiani, p. 175-176 della ediz. del Battie, Cambridge 1729, molto dopo la metà dell’orazione, ma ancor lungi dal fine. E questa opposizione di misericordia e giustizia verso i propri, e fierezza e ingiustizia verso gli stranieri, è il |
Tornando al proposito, {{AutoreCitato|Platone|Platone}} nella ''Repubblica'', lib. 5V (vedilo) dice: ''i Greci non distruggeranno certo i greci, non li faranno schiavi, non desoleranno le campagne, né bruceranno le case loro; ma in quella vece faranno tutto questo ai barbari''. E le orazioni d’{{AutoreCitato|Isocrate|Isocrate}}, tutte piene di misericordia verso i mali de’ greci, sono spietate verso i barbari o oPersiani, ed esortano continuamente la nazione e Filippo a sterminarli. Sono notabilissime in questo proposito le sue due orazioni Πανηγυρικὸς e πρὸς Φίλιππον, dove inculca di proposito l’odio de’ barbari, nello stesso tempo e per le stesse ragioni che l’amore dei greci, e come conseguenza di questo. Vedi specialmente quel luogo del panegirico, che comincia Εὺμολπίδαι δὲ καὶ Κήρυκες e finisce τῶν αὐτῶν ἒργων ἐκείνοις ἐπιθυμῶμεν, dove parla di {{AutoreCitato|Omero|Omero}} e de’ troiani, p. 175-176 della ediz. del Battie, Cambridge 1729, molto dopo la metà dell’orazione, ma ancor lungi dal fine. E questa opposizione di misericordia e giustizia verso i propri, e fierezza e ingiustizia verso gli stranieri, è il {{SAL|252|3|Alex brollo}}<section end=1 /><section begin=2 />{{ZbPagina|884}} carattere costante di tutti gli antichi greci e romani, e massime de’ piú cittadini e assolutamente de’ piú grandi e famosi; nominatamente poi degli scrittori, anche i piú misericordiosi, umani e civili. |
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È insigne a questo proposito un luogo di Temistio nell’orazione scoperta dal Mai πρὸς τος αἰτιασαμένους ἐπὶ τῷ δέξασθαι τὴν ἀρχὴν ''In eos a quibus ob praefecturam susceptam fuerat vituperatus cap. 25''. Eccolo Καὶ τοῦτον ἄν τις ἐν δίκῃ προσείποι τὸν φιλάνθρωπον ἀληθῶς. Τῶν δὲ ἄλλων Κῦρον μὲν φιλοπέρσην καλοῖ, ἀλλ᾽ οὐ φιλάνθρωπον. ᾽Αλέξανδρον ὲ φιλομακεδόνα, ἀλλ᾽ οὐ φιλάνθρωπον |
È insigne a questo proposito un luogo di Temistio nell’orazione scoperta dal Mai πρὸς τος αἰτιασαμένους ἐπὶ τῷ δέξασθαι τὴν ἀρχὴν ''In eos a quibus ob praefecturam susceptam fuerat vituperatus cap. 25''. Eccolo Καὶ τοῦτον ἄν τις ἐν δίκῃ προσείποι τὸν φιλάνθρωπον ἀληθῶς. Τῶν δὲ ἄλλων Κῦρον μὲν φιλοπέρσην καλοῖ, ἀλλ᾽ οὐ φιλάνθρωπον. ᾽Αλέξανδρον ὲ φιλομακεδόνα, ἀλλ᾽ οὐ φιλάνθρωπον {{SAL|252|3|Alex brollo}}<section end=2 /> |
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(883-884) | pensieri | 239 |
ai romani, vedi in questo particolare la fine del Capo VI di Montesquieu, Grandeur etc. Oltre che i romani accordando la cittadinanza a ogni sorta di stranieri conquistati, gli agguagliavano piú che mai potessero ai cittadini e compatrioti; ma questa cosa non riuscí loro niente bene, com’é noto, e come ho detto in altro pensiero p. 457.
Tornando al proposito, Platone nella Repubblica, lib. 5V (vedilo) dice: i Greci non distruggeranno certo i greci, non li faranno schiavi, non desoleranno le campagne, né bruceranno le case loro; ma in quella vece faranno tutto questo ai barbari. E le orazioni d’Isocrate, tutte piene di misericordia verso i mali de’ greci, sono spietate verso i barbari o oPersiani, ed esortano continuamente la nazione e Filippo a sterminarli. Sono notabilissime in questo proposito le sue due orazioni Πανηγυρικὸς e πρὸς Φίλιππον, dove inculca di proposito l’odio de’ barbari, nello stesso tempo e per le stesse ragioni che l’amore dei greci, e come conseguenza di questo. Vedi specialmente quel luogo del panegirico, che comincia Εὺμολπίδαι δὲ καὶ Κήρυκες e finisce τῶν αὐτῶν ἒργων ἐκείνοις ἐπιθυμῶμεν, dove parla di Omero e de’ troiani, p. 175-176 della ediz. del Battie, Cambridge 1729, molto dopo la metà dell’orazione, ma ancor lungi dal fine. E questa opposizione di misericordia e giustizia verso i propri, e fierezza e ingiustizia verso gli stranieri, è il (884) carattere costante di tutti gli antichi greci e romani, e massime de’ piú cittadini e assolutamente de’ piú grandi e famosi; nominatamente poi degli scrittori, anche i piú misericordiosi, umani e civili.
È insigne a questo proposito un luogo di Temistio nell’orazione scoperta dal Mai πρὸς τος αἰτιασαμένους ἐπὶ τῷ δέξασθαι τὴν ἀρχὴν In eos a quibus ob praefecturam susceptam fuerat vituperatus cap. 25. Eccolo Καὶ τοῦτον ἄν τις ἐν δίκῃ προσείποι τὸν φιλάνθρωπον ἀληθῶς. Τῶν δὲ ἄλλων Κῦρον μὲν φιλοπέρσην καλοῖ, ἀλλ᾽ οὐ φιλάνθρωπον. ᾽Αλέξανδρον ὲ φιλομακεδόνα, ἀλλ᾽ οὐ φιλάνθρωπον