Storia segreta/Capo VIII

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Procopio di Cesarea - Storia Segreta (VI secolo)
Traduzione dal greco di Giuseppe Compagnoni (1828)
Capo VIII
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CAPO VIII.

Teodora per impossessarsi delle ricchezze di Belisario stabilisce il matrimonio della figlia di lui con Anastasio suo nipote. Belisario è spedito alla guerra d’Italia a patto che nulla contribuisca l’Imperadore per le spese occorrenti. Cattivo successo di quella guerra. Avarizia di Belisario.

Era assai tempo che Giustiniano e Teodora di mal occhio vedevano le immense ricchezze di Belisario, [p. 71 modifica]convenienti piuttosto all’erario imperiale; e vedevano con dispetto che de’ confiscati tesori di Gelimero, e di Vitige la massima parte da lui fosse stata altrove riposta, e la minima, e quasi di niuno importare, data all’Imperadore. Ma quel dispetto aveansi tenuto nel cuor loro celato per riguardo alle alte imprese da quel sommo uomo condotte a buon fine, e per timore de’ cattivi giudizii, che di loro gli altri avrebbon fatti, massimamente non potendo allegare contro di lui alcun motivo. Ma quando l’Augusta il vide sì pieno di paura, e pronto a fare checchè si volesse da lui, con un atto solo trovò il mezzo d’impossessarsi di tutte le sue ricchezze; cioè con un parentado che immediatamente stipulò; e fu questo di dare Giovannina, unica figlia che Belisario avea, in isposa ad Anastasio, che le era nipote per parte di una figliuola.

Frattanto Belisario domandò d’essere rimesso nell’antecedente suo grado, e mandato capitano supremo dell’esercito in Oriente contro Cosroe e i Persiani. Ma si oppose Antonina, dichiarando di non voler più vedere quelle provincie, in faccia delle quali essa sofferto avea gravissime ingiurie. Per lo che Belisario, creato grande scudiere dell’Imperadore, venne per la seconda volta spedito in Italia, a condizione, dicesi, dall’Imperadore voluta, che per la guerra che dovea colà sostenere, non avesse a chieder denaro, ma facesse del suo egli medesimo tutte le spese occorrenti. Sospettarono molti, che a questi patti venuto fosse Belisario coll’Imperadore, e così con Antonina si acconciasse, col pensiero, che toltosi di Costantinopoli, e padrone delle armi, fatta [p. 72 modifica]alcuna grande impresa, potuto avrebbe, secondo ch’era degno di sua virtù, arrischiare un giusto colpo contro la moglie, e contro quelli, che tanto lo aveano oppresso. Ma dimentico di ogni cosa sofferta, e del giuramento che lo legava a Fozio, e agli altri suoi famigliari, tutto pendeva dall’arbitrio di Antonina, della quale durava ad essere ciecamente ed ardentissimamente innamorato, quantunque essa non contasse meno di sessant’anni.

Giunto adunque in Italia, per disfavore del divino Nume un gran rovescio di cose incominciò di giorno in giorno a soffrire. Nella prima guerra contra Teodato e Vitige, per lo più gli erano riuscite bene le misure che secondo le circostanze avea prese, benchè paressero per niun conto opportune al caso. Ma nella seconda fu di parecchi opinione, che ottime misure realmente prendesse, come già esperto di quanto una guerra in Italia comportava; ma andategli per lo più malamente le cose, sorse e confermossi altro sentimento, cioè, che le misure prese fossero cattive. Veramente bisogna dire che le faccende de’ mortali non dalla ragione umana, ma sieno rette da Dio, comunque gli uomini sieno stati soliti a parlar di fortuna, conoscitori al certo degli eventi, ma ignari delle cause, onde quelli procedono: dal che poi nasce che ove non trovano ragione de’ fatti, tosto li spieghino per opere di quella. Lascio però che ognuno su di ciò pensi a suo modo. Dirò intanto che dopo la seconda sua spedizione in Italia Belisario vergognosissimamente ne partì, mentre per cinque interi anni non gli bastò l’animo, conforme già accennai, di prender terra coll’armata, nè di ripararsi [p. 73 modifica]in alcun luogo forte. Egli non fece continuamente altro che andar correndo colle navi su e giù rasente le spiagge marittime. E quantunque imprudentemente Totila desiderasse di venire al fatto d’armi con lui e con tutto l’esercito de’ Romani, non potè mai a ciò ridurlo: tanto era il timore, che preso avea Belisario! Non riparò questi adunque in nissun modo alle disgrazie della Italia: chè anzi di più lasciossi scappar dalle mani e Roma e le altre città, che pur tenevansi ancora a devozione dell’Imperio. Non ricevendo egli poi in quella guerra alcun denaro dall’erario imperiale, diessi ad un’avarizia profonda; ed ogni suo studio rivolse a cercar la maniera di spendere il meno che gli fosse possibile. Per questo quasi tutti gl’Italiani, i Ravennati, e i Siciliani, e quanti altri la fortuna gli diè in potere, crudelmente spogliò, multandoli, non so con che diritto, perfino de’ pensieri della vita antecedente. Così volendo fare con Erodiano, il richiese di denaro, la richiesta accompagnando con minacce acerbissime, delle quali piccato quegli, il giuramento rivocò che dato avea a’ Romani; e le sue coorti, e sè stesso, e Spoleto, affidò a Totila, e ai Goti.