Sull'incivilimento primitivo/Parte VIII

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VIII.


Dovremo ammettere sulla testimonianza di Platone, sulle tradizioni egiziane raccolte da Solone e su di quelle frigie riferite da Eusebio, come dai dati scientifici della moderna geologia, che pria dell’ultimo cataclisma sofferto dall’Italia, la Sicilia fosse unita al continente e si distendesse per una immensa pianura ubertosa e popolatissima fino al punto ove oggi sorge Malta. Virgilio dice, parlando di Sicilia: Haec loca vi quondam, et vasta convulsa ruina (Tantum aevi longinqua valet mutare vetustas) Dissiluisse ferunt, cum protinus utraque tellus, Una foret (Aen., III). Era questa regione anticamente conosciuta col nome di Atalantide od Atlantide da Atlante re d’Italia (Herod., lib. IV). E però Platone nel Critia fa gli Atlantidi contemporanei dei Tirreni, ossia anteriori ad ogni storia; e la favola gli associa ai ricordi di Bacco, di Giove e dei Satiri; ed Esiodo coetaneo di Omero dice i forti Tirreni illustri fra gli dei e gli eroi. Contemporaneamente la centrale Italia o Tirrenia conteneva grandi vulcani e disparsi laghi; incognite ma numerosissime popolazioni abitavano tutta la penisola e sembra che tanto più fossero esse incivilite quanto più erano meridionali. Italia dunque allora albergava un popolo ingegnoso e destro, aborigeno, primitivo, che io sostengo fosse civilissimo, mentre sol con una straordinaria scienza poteva compiere i monumenti che ne restano; e la scienza [p. 28 modifica]misura severamente la civiltà di un popolo studiandone le arti.

Vedemmo che i Fenici, gli Egizi, gli Assiri, i Greci, i Messicani ritengono di aver avuto la prisca lor civiltà da uno straniero impulso a cui indubitatamente adattarono le più strambe favole per renderle di un misterioso inviluppo religioso. Nel riguardare tali fatti nella loro nuda verità dovremo rammentare che Bailly presenta una curiosa tavola cronologica in cui sparisce l’esterminata serie di anni che davano gli Egiziani alla cronologia loro; che Mazzoldi presenta certi calcoli che vengono a provare che Manete in Egitto, Dardano in Fenicia, Inaco e Danao nella Grecia non distarebbero più di cinquant’anni dall’epoca del grande cataclisma che distaccava Italia dalla Sicilia, e che ben facile sarà il concepire esser possibili molte inesattezze nel tradurre a calcolo epoche circondate da tanto mistero; allora potrebbe benissimo ritenersi che tutti questi fatti che ci sono segnalati come base del viver civile in Europa, nell’Asia minore e nell’Africa settentrionale siano tutti conseguenze di un solo principio. Noi sappiamo per la greca mitologia confrontata colle tradizioni dei popoli a cui spetta, qual fosse l’epoca di Inaco, la quale non distava dalla guerra di Troia che poche generazioni. Volendo ora analizzare quel principio che enunciava, dovremmo considerare qual fosse in quei Italia nostra. Sarà questa un’idea utopica od una cosa possibile? Si potrebbero lasciar parlare i monumenti soltanto, ma osiamo ancor più, e sulle tracce di autori antichi e moderni, vediamo, [p. 29 modifica]interroghiamo la storia di quell’epoca che dovette essere illustre, poniamo che per noi non resti bene svelata.

Non è più controversia in oggi l’asserire che il popolo tirreno, così famoso fra gli antichi navigatori, fosse formato dalle genti che abitavano le isole e le coste italiane; così è ora provato che parlava d’Italia il grande Omero quando diceva che Agamennone dopo dieci anni di supremi sforzi non avendo potuto riunire che piccol naviglio greco, per tragittare i suoi numerosi guerrieri d’Europa in Asia fu costretto a pigliare in prestanza le navi dai Tirreni. In fatti questi erano già in quell’epoca potentissimi sul mare che signoreggiavano, e doveano esser conosciuti in Grecia non perchè gli Elleni fossero andati a civilizzare la barbara Tirrenia, e per certo Omero non avrebbe mancato ad asserire tal splendido fatto, ma perchè i civili Tirreni avevano già da qualche tempo fondate nei mari di Grecia numerose colonie, di che gli stessi Greci ci tramandarono memoria colle loro favole, dicendo pure che i Tirreni che dettero le navi ad Agamennone, occupavano una piccola parte della costiera di Tracia di cui erano originarii. Ma come sarebbe mai surto a tanta vita civile così piccol popolo, circondato da quella crassa barbarie che ancor regnava sull’intiera Grecia, e che vediamo tanto bene dipinta nei pomposi racconti dei tempi eroici? Non è più semplice considerar quel paese come uno fra quei colonizzati da estranea gente, che poteva pur essere gente Tirrenica? Quali furono le prime relazioni fra la Grecia e l’Italia?