Teoria degli errori e fondamenti di statistica/9.5

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9.5 La curva di Gauss nella pratica

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9.5 La curva di Gauss nella pratica

Un campione di N misure di una grandezza fisica con valore vero , affette da soli errori casuali normali con errore quadratico medio , avrà [p. 150 modifica]media prossima a (sappiamo infatti che la varianza della media vale e tende a zero al crescere di N), e varianza prossima a (anche la varianza di tende a zero al crescere di N: vedi in proposito l’appendice B).

Per N abbastanza grande1 si può dunque assumere ed interpretare lo stesso scarto quadratico medio del campione s, in luogo di (peraltro ignoto), come semiampiezza dell’intervallo di confidenza corrispondente ad una probabilità del 68%.

Purtroppo non è generalmente possibile capire, dall’andamento di un insieme di osservazioni, se fossero o meno presenti nella misura errori sistematici; un campione di misure ripetute, effettuate confrontando la lunghezza di un oggetto con un regolo graduato mal tarato, avrà distribuzione ancora normale: solo centrata attorno ad una media che non corrisponde al valore vero.

Al contrario, se la distribuzione delle misure non è normale sicuramente c’è qualcosa di sospetto nei dati che stiamo esaminando; sorge quindi il problema di stimare se un insieme di dati ha o non ha distribuzione conforme alla funzione di Gauss (o meglio, di stimare con quale livello di probabilità possa provenire da una distribuzione normale).

Per far questo si può ricorrere ad alcune proprietà matematiche della curva: ad esempio, si possono calcolare l’errore medio e l’errore quadratico medio per verificare se il loro rapporto ha un valore vicino a quello teorico; oppure si può calcolare la frazione di dati che cadono tra e e confrontare il numero ottenuto con il valore teorico di 0.68.

Il modo migliore di eseguire il confronto è però quello che consiste nel disegnare assieme all’istogramma dei dati anche la curva teorica relativa; a questo livello il confronto può essere soltanto visuale, ma esistono metodi matematici (metodo del chi quadro; si veda in proposito il paragrafo 12.2.1) che permettono di stimare con esattezza la probabilità che i dati di un istogramma provengano da una data distribuzione, nel nostro caso quella normale.

Per sovraimporre la curva di Gauss ad un istogramma, occorre comunque moltiplicarne in ogni punto l’ordinata per un fattore costante. L’altezza dell’istogramma è infatti in ogni intervallo data da

dove è il numero di valori osservati nell’intervallo di centro ed ampiezza , mentre A è l’area del rettangolo corrispondente ad una osservazione. [p. 151 modifica]

Al tendere del numero N di misure effettuate all’infinito, risulta

e dunque

.

Cioè l’altezza dell’istogramma, in ognuna delle classi di frequenza, tende al valore medio sull’intervallo corrispondente della funzione di Gauss moltiplicato per un fattore costante N A. Allora la curva da sovrapporre all’istogramma sperimentale deve essere quella che corrisponde alla funzione

(in luogo del valore vero e dell’errore quadratico medio , generalmente ignoti, si pongono le loro stime, e s rispettivamente, ottenute dal campione stesso); osserviamo che sottende la stessa area N A dell’istogramma.

Se gli intervalli hanno tutti la medesima ampiezza , l’area del rettangolo elementare vale , assumendo l’arbitraria unità di misura per le ordinate pari all’altezza costante del rettangolo elementare, e la funzione diviene

.

Sempre per quel che riguarda le implicazioni “pratiche” della legge normale di distribuzione degli errori, un altro punto sul quale gli studenti hanno frequentemente dei dubbi riguarda l’applicazione della funzione di Gauss a grandezze misurate sì commettendo errori casuali, ma che siano per loro natura limitate. Ad esempio, una lunghezza è una grandezza fisica implicitamente non negativa: quindi la densità di probabilità associata ai particolari valori ottenibili x dovrebbe essere identicamente nulla quando , mentre la funzione normale si annulla soltanto quando . Affermare che i risultati della misura seguono la legge di Gauss sembra dunque una contraddizione.

La risposta a questa obiezione è che la funzione di distribuzione della x effettivamente non può essere normale: ma che la reale differenza tra la vera funzione di distribuzione e quella di Gauss è assolutamente trascurabile. [p. 152 modifica]Facciamo un esempio pratico: supponiamo di voler misurare la dimensione del lato di un quaderno (di valore vero 20 cm) con un regolo graduato, e di commettere un errore di misura mm; la probabilità di trovare un risultato in un intervallo ampio 1 mm appena alla sinistra dello zero secondo la legge normale vale

;

quindi , e , mentre dovrebbe essere rigorosamente .

Per valutare le reali implicazioni di un valore di p come quello che stiamo considerando, attualmente il numero di atomi presenti nell’universo si stima essere dell’ordine di ; mentre l’età dell’universo stesso si stima in circa anni, ovvero dell’ordine di secondi; se pensiamo ad un gruppo di misuratori in numero pari al numero di atomi nell’universo, ed ognuno dei quali esegua una misura al secondo, dovrebbe passare un tempo pari circa a 7 volte l’età dell’universo stesso per ottenere un valore illegale qualora le misure seguissero veramente la legge di Gauss: quindi la differenza tra la funzione di distribuzione reale e quella ipotizzata è effettivamente trascurabile.

Note

  1. Cosa si debba intendere esattamente per “abbastanza grande” risulterà chiaro dall’analisi dell’appendice B; normalmente si richiedono almeno 30 misure, dimensione del campione che corrisponde per s ad un errore relativo di poco superiore al 10%.