Timeo/Capitolo XXXV
Questo testo è incompleto. |
◄ | Capitolo XXXIV | Capitolo XXXVI | ► |
XXXV.
I signori nostri seminato ch’ebbero tutte queste specie per nutrimento di noi, loro soggetti, cavarono nel corpo nostro, come si fa ne’ giardini, canali, perchè egli così fosse irrigato, come da vivo ruscello. E prima cavaron canali nascosti laggiù colà dove la pelle muore nella carne, cioè le vene dorsali; due in numero, perocchè ancora il corpo similmente s’indua, in lato destro e sinistro; e le avviaron giù accosto alla spina, sì che elle richiudessero in mezzo a loro la generativa midolla, acciocchè fiorisse ella con il maggior rigoglio che potesse mai, e l’onda sua di lì assai lievemente nell’altra parte scorrendo, da poi che in giù dichina, tutte per uguale modo le irrigasse. Dopo ciò scindendo attorno al capo le vene e per contrario verso li rami loro intrecciando, quelli del lato diritto del corpo piegando verso al sinistro, e quelli del sinistro lato verso al diritto, acciocchè esse, e anco la pelle, legassero il capo con il busto; perocchè il capo presso al cocuzzolo non era cinto in giro di nervi; ed eziandio acciocchè le passioni dei sensi fossero da tutt’e due le parti comunicate per tutto il corpo. Dipoi apparecchiarono lo irrigamento in una cotale maniera, la quale più agevole è discernere, se prima noi in questo ci concordiamo: che tutte le cose che si compongono di parti più piccole rattengono quelle composte di parti più grosse, e che, per lo contrario, queste non rattengono quelle; e che il fuoco sovra tutt’i generi è quello che si compone di parti piccolissime, ond’egli trapassa per acqua e terra e aria e per tutte quelle cose che di loro si fanno, e nulla è che il rattenga. La medesima cosa è a pensare del nostro ventre, cioè che i cibi e bevande quando vi calan giù dentro, ei li rattiene; ma non aria nè fuoco, essendo più piccole le parti componitive di quelli, che non le sue proprie. Del fuoco e aria così dunque usò Iddio per lo conducimento dell’acqua dal ventre per entro alle vene. Tesse egli una cotal nassa d’aria e fuoco intrecciati insieme, con due cestelli alla bocca, dei quali uno si gemina: e dai cestelli stende in giro per tutto, infino alla estremità della nassa, come giunchi. E tutto il di dentro della nassa fa di fuoco; i cestelli e il loro di dentro, di aria.
E Iddio, pigliato la nassa, ne irretisce il formato animale in cotale modo; uno de’ cestelli messe giù per la bocca, e, da poi ch’esso era gemino, l’un de’ cestellini suoi mette giù per le arterie dentro il polmone, e l’altro a costa alle arterie giù dentro del ventre. E spartito l’altro cestello, l’una e l’altra parte così messe per entro i canali del naso, che comunicassero col cestello detto innanzi; acciocchè quando la bocca di quel cestello, la quale riesce alla bocca, si turasse, passassero per cotesto altro cestello delle narici tutte le reme eziandio che aveano a passare per quello.
Nell’altro interno della nassa irretisce tutto il nostro corpo, quanto esso è cavo. E tutto questo interno della nassa quando fe’ insieme scorrere innanzi mollemente per entro i cestelli, da poi ch’erano aria, e quando riscorrere questi indietro. E fece ancora che la nassa, essendo il corpo raro, ondeggiando, entrasse in quello e novamente ne uscisse; e che i raggi di fuoco intessuti in ogni parte per lo suo interno accompagnassero l’aria al suo entrar dentro e all’uscire, e che mai non avesse questo a cessare, in sino a tanto che dura il mortale animale: alla quale operazione diciamo che pose nome d’inspirazione ed espirazione Colui il quale pose i nomi. Or tutto questo fare e patire del nostro corpo è, perchè esso irrigato e refrigerato si nutra e viva: perocchè il fuoco intessuto nell’interno seguitando il respiro il qual va dentro e fuori, e però discorrendo, al suo entrare nel ventre s’appiglia ai cibi e alle bevande, e minuzzandoli sí li scioglie; e poi menandoli per le vie di dove egli esce, e cosí derivandoli nelle vene come da fontana in canali, fa quelli a modo come ruscelli scorrere giú per il corpo come per valle.