Trattato completo di agricoltura/Volume I/Dei cereali/17

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Del melgone

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del melgone.

§ 714. Il melgone, detto anche maiz, grano turco, formentone (zea mays) (fig. 174), è una delle molte pianta di non lontana introduzione in Europa, e che dove fu introdotta, portò una vera rivoluzione tanto nell’agricoltura quanto nella popolazione delle campagne. Nell’Italia si conosce da circa 250 anni, e vi fu portati forse dalla Turchia Asiatica, d’onde forse il nome di grano turco, ma certamente è originaria dell’America. La sua grande diffusione non avvenne forse da oltre un cento cinquant’anni. Questa coltivazione, sostituendo quella del miglio e del panico, dell’avena, ed in gran parte quella dell’orzo, portò un tale aumento di prodotto in sostanze alimentari che la parte asciutta della nostra Valle raddoppiò e quasi triplicò la sua popolazione; e la parte irrigua acquistò un prodotto abbondante e sicuro, utile anche alla rotazione, poichè, esigendo un terreno ben smosso, concimato anche di sostanze non molto scomposte, e mondo d’erbe, lascia al frumento un terreno discretamente preparato, come se si fossero potute eseguire le colture estive, col vantaggio anzi che il terreno non fu lavorato senza fruttare. Certo è che il melgone esige molto concime, ma in ciò vi ha pure un vantaggio, quello cioè di obbligare il coltivatore a procurarsi materie concimanti, o bestiami e foraggi, il che poi ridonda a miglior riuscita del frumento che utilmente vi succede; cosa che non avverrebbe [p. 692 modifica]se prima vi si fosse coltivata la fraina, il miglio o la melica. Nè il mellone venne a grave scapito della produzione dei foraggi poichè colle sue foglie fornisce un alimento discretamente apprezzato dal bestiame, sempre migliore di quello della melica. Il melgone aumentò la popolazione agricola, mostrò il bisogno di aumentare il bestiame od il concime; mondò molti terreni dalle cattive erbe, favorì la coltivazione del frumento, che quantunque ridotta di superficie fu di maggior profitto; mise a profitto infine la temperatura ordinaria del clima della Lombardia, non che la facile irrigazione di gran parte della sua superficie. Anzi nel nostro clima può permettere un raccolto antecedente di foraggio (trifoglio, lojessa, ecc.), di piante oleifere o tessili (ravizzone e lino), e persino anche di segale e di frumento. Finalmente, nell’Italia tutta, fuorchè nella parte troppo elevata e montuosa, non si può rimproverare al melgone d’aver diminuita la coltura dei foraggi, e per conseguenza d’esser causa di esaurimento della fertilità delle terre, come può essere nei paesi meno caldi del nostro.