Trattato completo di agricoltura/Volume I/Dei cereali

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Dei cereali

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DEI CEREALI.




§ 636. Sotto la denominazione di Cereali, tutti gli agronomi comprendono quelle piante i cui grani o semi contengano una materia amilacea, riducibile in farina e suscettibile di panizzazione.

Nella pratica poi i cereali si distinguono in estivi ed invernenghi. Estivi sono quelli che vengono seminati in primavera o più tardi, e che maturano i loro grani avanti l’inverno dello stesso anno, qual sarebbe il melgone, il riso, il miglio, la fraina, l’avena. Invernenghi quelli che vengono seminati nell’autunno e che maturano il seme nell’estate dell’anno susseguente, come il frumento, la segale e l’orzo. Però anche i cereali detti invernenghi, frumento, segale ed orzo, si potrebbero seminare in primavera e raccogliere nello stesso anno, ma in tal caso il loro prodotto riesce assai minore e di qualità inferiore. In genere si può dire che tutti i cereali ci provengono dai climi caldi, e che trasportati in clima più freddo abbisognano di maggior tempo per ottenere quella somma di calore necessaria alla completa loro vita vegetativa. Perciò quei cereali che possono resistere ai freddi ed ai geli del nostro inverno è meglio seminarli in autunno, nel qual tempo hanno una temperatura sufficiente per nascere e mettere le prime radici, perchè così, trascorso l’inverno, appena che s’avvicini la primavera possono riprendere rapidamente la loro vegetazione; laddove se fossero invece seminati in primavera, perderebbero coll’autunno quella somma di temperatura richiesta alla nascita, ed al cessare dell’inverno e principio di primavera, tutta quella [p. 639 modifica]che trascorre dall’epoca in cui si può lavorare la terra, fino a quando la pianta si trova nelle stesse condizioni di vegetazione come se fosse stata seminata in autunno. Inoltre, nei climi temperati importa avere un presto raccolto dei primi prodotti, onde rendasi probabile una seconda coltivazione di qualche pianta a rapida vegetazione, qual’è la fraina, il miglio, il panico, i fagiuoli, il melgone detto quarantino. E questo secondo prodotto sarebbe impossibile quando il frumento si seminasse in primavera, perchè la sua maturanza, che avviene circa agli ultimi di giugno, non sarebbe possibile che verso la metà di luglio, ed anche più tardi. Questo ritardo di pochi giorni è assai sensibile se vuolsi aver riguardo alla somma di temperatura che si ha in quella stagione, e che sarebbe sottratta alla seconda coltivazione. Un altro riguardo poi non poco riflessibile è quello che quanto più un cereale deve star nel campo durante la stagione estiva, più facilmente può essere danneggiato dalle vicende atmosferiche, e specialmente dalla grandine.

Vi ho detto che i cereali ci pervennero da climi più caldi, e la loro costituzione ce ne può fornire una prova. La parte erbacea tenera, e lo stelo vuoto, come sono in generale le piante monocotiledoni, indicano che temono il freddo, e la ricchezza d’amido c’indica il bisogno di molto calore. Egli è perciò che generalmente i cereali presso di noi tendono a degenerare, impicciolendo i semi e diminuendo la proporzionale quantità di amido, d’onde la necessità di rinnovare di quando in quando le sementi, procurandocele da climi alquanto più caldi, ma non di troppo per non incorrere negli errori che vi ho accennati al § 158.

L’agricoltura poi, che sin dai tempi più antichi riconobbe nei cereali il vitto naturale dell’uomo, dovrebbe averne maggiormente a cuore la coltivazione, riguardo al prodotto d’una maggior quantità di essi sopra una data superficie di terreno, poichè se l’abbondanza dei cereali aumenterà il reddito delle terre, aumenterà eziandio la popolazione, e con essa ogni sorta d’industria agricola e manifatturiera. Il lavoratore troverà pane a buon patto, e l’industria troverà uno smercio più facile ai suoi prodotti. In agricoltura però deve sempre esservi un certo rapporto fra la quantità dei vari prodotti, se non vuolsi avere per risultato la fame, o la barbarie. Che avverrebbe nella società se, visto il maggior prodotto d’un prato in confronto di quello d’un campo di frumento d’egual superficie, [p. 640 modifica]tutti convertissero a prato il loro terreno? Il prezzo dei cereali aumenterebbe a tal punto, che tutti poscia vorrebbero coltivare di questi piuttosto che i foraggi, ecc. E se tutto il terreno producesse cereali, impossibile sarebbe il mantener bestiame, l’aver carni ed il concime da ripristinare le esauste forze del suolo. Se questa proporzione nei varj prodotti ora è voluta dalla necessità, sembra però che ogni governo dovrebbe occuparsi onde anche momentaneamente non venga alterata. Una legislazione agraria, come è necessaria pei boschi, è pur necessaria anche per le altre coltivazioni che, pel momentaneo interesse privato, potrebbero subire modificazioni tali da interessare la sussistenza di tutto lo stato.

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