Trattato completo di agricoltura/Volume I/Dei cereali/33

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Cure successive di coltivazione

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cure successive di coltivazione.

§ 738. Le cure successive per la coltivazione del riso sono la mondatura dalle erbe acquatiche nocive che vi crescono insieme, le quali oltre al frammischiare i loro semi nel raccolto, ne impediscono o danneggiano la vegetazione; l’asciugamento della risaja in date epoche della coltivazione, e la continua e ragionata cura d’irrigazione.

Fatta la semina, e ritornata limpida l’acqua introdotta nelle varie divisioni della risaja, la si diminuisce in modo che si abbassi al punto da ricoprire con sottilissimo strato la superficie seminata, acciò il sole riscaldandola ne faciliti la germinazione. Sviluppate poi che siano le pianticelle si aumenta gradatamente l’acqua, modellandola ogni due o tre giorni; e quando le pianticelle abbiano abbastanza vigore ed altezza, la s’innalza a quel giusto livello che deve mantenersi anche in seguito, cioè di 0m,20 a 0m,30.

§ 739. Venti o trenta giorni dopo che il riso è sorto dall’acqua, lo si deve mondare dalle erbe nocive; e questa operazione se vuolsi che riesca utile deve eseguirsi a mano. L'epoca della mondatura varia secondo che la risaja sia vecchia o nuova, dovendosi costantemente anticipare nelle nuove, perchè quivi le erbe ed il riso crescono più rapidamente, essendo il terreno meno freddo. Quando il riso abbia già cominciato a mettere lo stelo, allora quest’operazione o deve essere fatta con gran diligenza per non schiacciarlo e comprimerlo presso terra, o si deve tralasciare, poichè i teneri steli compressi dai piedi ben difficilmente si raddrizzano.

Le erbe nocive che ordinariamente si riscontrano nelle risaje sono il così detto giavone (panicum crusgalli) che prima di metter il fiore rassomiglia molto al riso, e che per conseguenza talvolta non si strappa: il giavone però ha le foglie un poco più larghe e vegete, meno scabre, più lunghe, meno acute, e meno ritte, con una striscia pallida nel mezzo e tutt’al lungo. Questa pianta facilmente ripullula perchè difficilmente si svelle per intiero, avendo le radici profonde e lunghe, sebbene talvolta sia adagiato orizzontalmente sul terreno. Sono pure nocive la mazza-sorda (typha latifolia), e la cannetta (arundo phragmites). Queste due crescono di [p. 729 modifica]preferenza nelle risaje vecchie e vallive, ed è ancor più difficile il liberarsene avendo esse radici lunghe, profonde e grosse. Le erbe estirpate non si devono lasciare nella risaja perchè facilmente tornerebbero a vegetare, ma si devono raccogliere e deporre sugli arginelli, e poi anche portarle via e mescolarle col concime.

§ 740. Otto o dieci giorni dopo che il riso è stato mondato sarà ottima cosa l’asciugarlo, e tener la risaja priva di acqua per dieci giorni circa. Anche l’asciugamento si eseguisce per conseguenza prima nelle risaje da vicenda e nelle nuove che nelle vecchie o vallive. Come pure si prolungherà l’asciutta per maggior tempo in queste ultime risaje che nelle prime, allo scopo che il terreno possa meglio riscaldarsi, l’asciugamento serve inoltre a dare maggior robustezza alla parte erbacea della pianta, perchè meglio si mantenga ritta in piedi.

Se l’asciugamento ridona vigore e robustezza al riso nei terreni troppo freddi, e che da intristito e giallastro si fa in breve tempo rigoglioso e verdeggiante, accade pure non di rado, e specialmente nelle risaje da vicenda o nuove, ch’esso lussureggi di troppo mettendo una soverchia abbondanza di fogliame a scapito certamente della futura fruttificazione, ed allora alcuni tengono il costume di rimettervi immediatamente l’acqua, tenendovela ferma e più alta dell’ordinario, chiudendo le bocchette di scolo, cominciando dalla parte più bassa. Ma l’acqua stagnante si riscalda, ed il più delle volte non si rimedia a questa lussureggiante vegetazione erbacea; per il che val meglio invece il tener rinnovata più che si può l’acqua, acciò si mantenga più fredda, introducendone a tale intento una maggior quantità, ed abbassando maggiormente il livello delle bocchette di sfogo.

§ 741. Una delle principali cure di chi coltiva il riso deve poi esser quella di una attenta ed uniforme irrigazione. Ei deve sorvegliare che le bocchette di sfogo non lascino passare corrodendosi una maggior quantità d’acqua di quella che richiedesi per mantenerla al necessario livello nelle varie suddivisioni, e deve eziandio osservare le bocchette che immettono l’acqua nelle medesime onde non ne introducano più del bisogno. Spesso avviene che una risaja che richiedeva molt'acqua, col tempo non ne abbia di bisogno che di 2/3 o della metà; perchè il suo fondo, permeabile dapprima, siasi reso in seguito più compatto o meno pervio pel deposito di [p. 730 modifica]materie finissime fatto dalle acque stagnanti. Talvolta accade all’incontro che un compartimento o l’intiera risaja, che dapprincipio manteneva assai bene l’acqua, in seguito ne disperda moltissima a cagione dell’infiltrazione casuale per qualche vena di terreno ghiajoso. Quest’ultimo fatto ordinariamente succede nelle risaje da vicenda o nuove il cui sotto-suolo sia permeabile, e quando l’aratura sia stata in qualche punto più profonda dell’ordinario. In tal caso abbisogna introdurre maggior quantità d’acqua nelle bocchette, e ristringere alquanto le secondarie di sfogo. Devonsi pure esaminare frequentemente gli arginelli per rimediarne i guasti, e singolarmente otturare i fori praticati dai topi e dagli insetti.

In qualunque risaja e con qualunque sorta di acque avviene che il riso presso alle bocchette d’immissione resta alquanto ritardato nella sua vegetazione, poichè l’acqua che entra è sempre più fredda di quella che esce dalle bocchette di sfogo, essendosi riscaldata col sole durante il suo stagnare nelle singole divisioni o prese; epperò il coltivatore deve di quando in quando cambiare il luogo alle bocchette E allo scopo di rendere possibilmente uniforme la vegetazione in tutta la risaja ed in ciascun comparto.

Quando il riso seminato in primavera sta per mettere la spiga, il che succede verso la fine di giugno od al principio di luglio, è sempre ottima cosa il rimondare la risaja, soprattutto dal giavone che in quell’epoca talvolta s’innalza al di sopra del riso, per il che spesso si può tagliare entrando nei solchi con una falciuola.