Trattato completo di agricoltura/Volume I/Dei cereali/31

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Preparazione del terreno

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preparazione del terreno.

§ 734. La preparazione dei terreno varia a seconda che trattisi di risaja nuova, come nel primo anno delle risaje da vicenda, oppure di terreno già coltivato a riso e che vogliasi continuare nella stessa coltivazione.

Per convertire un terreno a risaja è necessario che abbia una pendenza non troppo forte, per esempio da 0m,10 a 0m,15 per %; alle maggiori pendenze vi si può rimediare in diversi modi, secondo che il terreno vogliasi conservare alla vicenda, oppure convertire stabilmente a risaja. Ora poniamo che si voglia stabilire una risaja dopo un’altra coltivazione, per es. dopo la spianata, il lino od il ravizzone, e vediamo quale sia la preparazione del terreno.

Prima di por mano all’aratro devesi tener conto del sottosuolo, cioè del terreno che giace immediatamente sotto allo strato arabile. Se il detto sottosuolo sarà tenace, si potrà [p. 724 modifica]approfondare il solco senza timore che in seguito avvenga un soverchio disperdimento d’acqua; ma se invece sarà sciolto si dovrà lavorare superficialmente, poichè in tal caso lo strato coltivabile è di solito più tenace del sottoposto. Arato il terreno, possibilmente nella direzione della pendenza generale del campo, lo si dividerà in tante porzioni 1, 2, 3, 4, 5, 6 o più (fig. 178) (dette prese), di modo che ciascuna formi da sè una superficie di poca o nessuna pendenza, il che si ottiene colla formazione di arginelli trasversali alti 0m,30 dalla parte alta del campo, e di 0m,60 dalla parte più bassa. Questi arginelli vengono fatti col badile prendendo la terra dalla parte più alta di ciascun scompartimento; indi si zappa il lavoro fatto coll’aratro. Evidentemente il campo verrà suddiviso da un numero maggiore di arginelli quanto maggiore sarà la sua pendenza. Diviso trasversalmente il campo, od anche prima di questa divisione, si segna nella parte più alta di esso il posto che dovrà occupare la roggetta BD, la quale, comunicando colla roggia maestra AC, posta al lato più alto, conduce le acque nelle varie suddivisioni per mezzo delle bocchette E [p. 725 modifica]larghe 0m,50 ed alte 0m,08 circa. Fatte queste prime operazioni si dà l’acqua ai varj scompartimenti, e col badile si rassodano gli arginelli, e si limitano le bocchette secondo il bisogno di ciascun scompartimento, praticando eziandio delle piccole bocchette di scolo o nell’arginello che confina con un scompartimento più basso, onde defluisca l’acqua sovrabbondante che entra dalla bocchetta E, e perchè si mantenga sempre allo stesso livello in ciascuna divisione. Queste bocchette si muniscono di soglia, dalla quale debordi l’acqua che sorpassa quel livello che fu stabilito coll’istessa soglia. Tutte le bocchette si muniscono sul fondo ed ai lati di larghe e grosse cotiche erbose, acciò l’acqua non le corroda.

Io vi mostrai una risaja a figura regolare per maggior intelligenza, ma, come ben può immaginarsi, l’ampiezza dei scompartimenti, il loro numero e disposizione, non che la posizione della roggetta irrigatrice e delle bocchette può variare immensamente a norma che il fondo presenti uno o più livelli diversi, od una figura più o meno regolare. In ogni modo però sta che la roggetta adacquatrice deve occupare la parte più alta del campo, e che gli arginelli devono dividere per modo il campo, che nella stessa divisione non rimanga asciutta la parte più alta, e troppo sott’acqua la parte bassa.

§ 735. Quando il terreno è già a riso da uno o più anni, importa che dopo il raccolto e prima dell’inverno, gli si aprano profondamente tutte le bocchette od arginelli trasversali, col badile o coll’aratro, onde le acque che ancora vi stagnassero, o che vi potessero stagnare in seguito possano liberamente defluire nel colatore principale del campo, a fine che la terra liberandosi dall’eccessiva umidità, risenta più facilmente l’influenza atmosferica del gelo nel verno, e del calor solare sul principio di primavera. A tal uopo, oltre all’aprire gli sfogatoj negli arginelli trasversali, si deve, coll’aratro o col badile, praticare uno o più solchi detti fughe, che siano in comunicazione colle insolcature che lasciò l’aratro nel lavoro precedente delle varie divisioni della risaja. Giunta poi l’epoca di lavorare nuovamente la risaja, si accomodano dapprima quelle deformazioni, abbassamenti o rialzi di terra che produsse l’acqua d’irrigazione, e si spurgano i cavi principali, cioè la roggia maestra e l’adacquatrice, che in tal caso si può conservare, essendo già conosciuta la disposizione del terreno. Si concima o no, secondo il caso, indi si ara. Nell’aratura poi, che ordinariamente si fa pel lungo del campo per risparmio di tempo, si distruggono [p. 726 modifica]anche gli arginelli, poichè di solito anche la pendenza tiene la direzione della lunghezza. La terra però degli arginelli rimane quasi ancora al posto e, dopo l’aratura, facilmente si rifanno col badile. Ciò fatto si zappa il terreno per accomodarlo meglio, indi gli si dà l’acqua, e si stabiliscono le bocchette principali e quelle di scolo, come già ho accennato.

Talvolta, e singolarmente nelle nuove risaje, avviene che l'acqua affonda così rapidamente che le bocchette E non possono fornirne in quantità sufficiente da inondare le divisioni, quantunqne si chiudano affatto le bocchette secondarie o. In allora, essendo questo un segnale di terreno assai sciolto e poroso, vi si può rimediare coll’intorbidare lungamente l’acqua dopo il lavoro, onde si depositi sul fondo la parte più fina ad otturarne le porosità; talvolta conviene arare tenendo inondato il campo, e talvolta basta l’arare meno profondamente. Da ciò ben s’intende quanto possa variare il consumo d’acqua in una risaja; nei fondi argillosi pochissima è sufficiente per un’estensione doppia ed anche tripla di terreno più sciolto; ed il consumo può arrivare a tal punto che il prodotto del riso non valga a compensarlo.

§ 736. Quando la risaja è paludosa o valliva, importa assaissimo di procurargli il maggior scolo possibile dopo il raccolto antecedente, aprendo larghi e profondi solchi per tutta la sua lunghezza, dalla parte più alta alla parte più bassa. Giova pure durante l’inverno l’espurgare ed approfondare il più che sia possibile i principali cavi di scolo, levando l'erbe dal fondo e dalle sponde, acciò nella state non impediscano il libero corso delle colature; e sarà ancor più utile se vi si potrà condurre nelle parti più basse la terra dei detti spurghi o di qualche campo vicino più alto. Queste due ultime operazioni saranno più vantaggiose che un perfetto lavoro del terreno, od una abbondante concimazione di letame da stalla, che diverrebbe inutile per la natura troppo fredda del terreno.

Fatte possibilmente queste operazioni, si ara piuttosto tardi in primavera, onde si riscaldi un poco più il terreno, indi si praticano tutti gli altri lavori già indicati. Vi sono però delle risaje a fondo tanto molle, paludoso, torboso, che in essa è impossibile l’introdurre i buoi perchè vi affonderebbero senza poter fare un passo; in queste risaie il lavoro si fa alla bell’e meglio colla zappa rivoltando all’insotto le stoppie e l’erbe dell’anno precedente. Alcune di queste sono poi tanto [p. 727 modifica]paludose e fredde che assolutamente sarebbe meglio convertirle a bosco di ceppate d’onizzo, e capitozze di salice, di platano, e di cipresso distico. Queste coltivazioni darebbero certamente un prodotto maggiore con minor disturbo, e preparerebbero col tempo un terreno migliore, arricchendolo d’un abbondante deposito di foglie.