Trattato completo di agricoltura/Volume I/Dei cereali/22

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Preparazione del terreno e semina

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preparazione del terreno e semina.

§ 719. Il terreno pel melgone deve essere lavorato profondamente e minutamente, prendendo poca terra tanto colla vanga, quanto coll’aratro. E se non succede ad altro prodotto di primavera od estivo, sarà bene lavorare il terreno avanti l’inverno, indi concimare e lavorarlo una seconda volta in primavera. Devesi poi sempre evitare il lavoro quando il terreno sia troppo umido o troppo secco, specialmente se fosse di qualità tenace.

§ 720. La semente deve scegliersi dalle migliori spighe. Queste devono essere delle più lunghe, grosse e ben compite, con grani lisci, lucenti, ben disposti e non macchiati; non si devono battere, ma conservare intiere, facendone dei mazzi da appendersi in luogo arioso, asciutto e difeso dai sorci. I grani si staccano a mano in primavera avanti la semina, cosa che non riesce lunga nè difficile, stante la poca quantità di semente che abbisogna relativamente alla superficie. I grani della cima della spiga, che ordinariamente sono i più piccoli, meno maturi e mal conformati; come anche quelli della base, dovrebbersi escludere non già perchè non possano dare piante robuste e frutto abbondante, ma perchè dovrebbersi sempre seminare quei grani che troviamo di miglior forma per mantenere possibilmente lo stesso carattere nella futura pianta. Anche negli anni favorevoli noi troviamo delle spighe a grani assai radi tra loro, distribuiti inegualmente, di forma irregolare alquanto tondeggiante, ma appianata: nè questo fatto potrebbesi attribuire alla debolezza della pianta, chè vediamo spighe assai più piccole mostrare una assai maggiore regolarità nella distribuzione dei grani e spighe grossissime e provenienti da piante robuste avere questa irregolarità e scarsezza di grani. Questa mia osservazione io la accenno perchè alcuno la veritichi. Egli è certo che chi semina fagiuoli, fave, ecc., ecc., procura di scegliere quei semi che, non soltanto mostrino di essere sani e capaci di germogliare, [p. 701 modifica]ma che mantengano eziandio la forma propria a ciascuna varietà, stante la già facile e naturale degenerazione. Il giardiniere ed il fiorista anch’essi, se vogliono conservare le varietà, scelgono tra i semi quelli dei fiori che mantengono la maggior quantità possibile di caratteri identici a quelli della pianta madre; ma se all’incontro desiderano ottenere delle varietà li seminano tutti indistintamente.

La scarsità dei semi che si confidano alla terra, e l’avidità colla quale molti insetti ed uccelli li ricercano, fece ricorrere alle preparazioni col gesso, ed alle infusioni acri od amare; ma se alcuna volta si preserva il grano, spesso non si preserva la pianta, le cui radici vengono corrose segnatamente dal grillo talpa, se il terreno è vegetale ed umido, come è quello delle risaje o de’ prati rotti a fondo paludoso. Ma la miglior precauzione per evitare questo danno è quella di lavorar ripetutamente e profondamente il terreno, rompendo i nidi degli insetti, guastando le loro abitazioni, e lasciandole esposte nel verno all’inclemenza atmosferica; lavorar di nuovo in primavera, e seminare in momento tale che la germinazione avvenga nel più breve spazio di tempo possibile.

L’epoca della semina per aver una pronta e regolare germinazione deve essere quando la temperatura media diurna giunge a +12,5, il che avviene verso la metà d’aprile. Generalmente però si commette l’errore di seminare troppo presto, ossia prima che si abbia questa temperatura, credendo con ciò di anticiparne il raccolto. Questo errore, tanto più sensibile nei terreni argillosi, ci arreca varj svantaggi, cioè, ritardo alla nascita del seme, e per conseguenza più facile il danno degli insetti; germinazione e sviluppo saltuario ed ineguale, dannoso all’uniforme vegetazione a una pianta che cresce molto alta, per cui le ultime a nascere rimangono intristite; indurimento del terreno per le facili piogge di quell’epoca, per cui difficoltà od impossibilità a mettere i germogli sopra terra; e quindi una soverchia diradazione delle piante, tale da richiedere molte volte una nuova semina, od una profonda erpicatura per ismuovere la terra indurita alla superficie. Facciano i coltivatori attenzione ai campi seminati relativamente più tardi in primavera, e vedranno essere quelli che sono i migliori, tanto più se di qualità argillosa. Il melgone è una pianta di clima caldo-umido, come lo dimostra la struttura, di naturale rapida vegetazione, e per [p. 702 modifica]conseguenza non vuol essere contrariata seminandola in stagione tale a non poter vegetare prontamente e rapidamente.

A tal uopo, oltre allo scegliere l’epoca opportuna, importa ancora studiar la profondità cui vuol essere posto il seme nella terra, acciò impieghi il minor tempo possibile a germogliare e portarsi in contatto libero coll’aria atmosferica. Bürger, dietro varj esperimenti, ebbe i seguenti risultati:

Profondità. Giorni impiegati
ad uscir da terra
.
0m,027 8
0,040 9
0,054 10
0,067 11
0,080 12
0,093 13
0,108 14
0,130 a 0m,14 24, e più, in caso favorevole.

Da questi esperimenti risulta che la profondità più conveniente sia quella compresa tra 0m,03 e 0m,05, più o meno secondo la qualità più o meno tenace del terreno.

Nella semina estiva si potrà dare maggior profondità onde il seme trovi maggior umidità, al quale scopo giova ammollirlo alcun poco; in quest’epoca non è a temersi il ritardo alla nascita pel freddo o per la troppa umidità, ma piuttosto per l’aridità del suolo.

La quantità di semente che occorre per un ettaro di terreno è variabilissima. Essa dipende dal clima, dal terreno, dalla possibilità d’irrigazione, dalla qualità o varietà di melgone, e soprattutto dalla semina eseguita a gettata od in linea. Per la semina a gettata si lavora la terra in porche come pel frumento, si accomodano colla zappa le principali ineguaglianze, indi si semina, avvertendo di usare 2/3 meno di grano di quel che si adopera pel frumento. Indi si erpica o si appiana col rastrello.

La semina in linea si può fare nei solchi lasciati dall’aratro; oppure piantando a mano coi foraterra, o col piantatore, o colla zappa, come già indicai, appianando sempre dapprima il terreno già lavorato.

Fra tutti questi metodi certamente il migliore fra noi è quello di piantarlo in linea col foraterra. La semina a [p. 703 modifica]gettata, come nel frumento, richiede maggior quantità di semente, e questa non si trova tutta nelle stesse condizioni in quanto alla nascita, restando in parte troppo profonda, ed in parte troppo superficiale, la nascita è irregolare ed ineguale: l’irregolarità nella distribuzione delle piante nel campo, troppo ravvicinate in qualche punto, o troppo rade in altro, induce difficoltà e poca precisione nei lavori; pel timore di svellere le piante. Non si sarchia bene e l’erba non è tolta, e la rincalzatura del pari è difficile e sempre mal fatta: ove le piante sono troppo fitte il prodotto scema nuocendosi l’un l’altra; ove sono troppo rade è certamente minore. La semina in linea adunque ci risparmia più che metà della semente; rende facili e più accurate le operazioni del sarchiare e rincalzare, potendoci per quest’ultima operazione servire d’istrumenti appositi, qual’è l’aratro a doppio orecchio, detto coltivatore o rincalzatore, e si dispone la semente nelle condizioni migliori per la nascita, ed a distanza tale che le future piante non si nuocano a vicenda, permettendosi il loro maggior sviluppo possibile. Non ultimo vantaggio poi di questo metodo nei campi irrigui è quello di consumare una minor quantità d’acqua, irrigando più completamente il terreno, come vedremo avanti.

La distanza delle piante fra loro, ossia la quantità della semente, varia a seconda dei clima, poichè in un clima freddo abbisognerà mantenere fra di esse una distanza maggiore, acciò il sole possa più facilmente riscaldare il terreno. Generalmente in Lombardia le linee si tengono fra loro distanti da 0m,65 a 0m,70, e 0m,30 a 0m,35 fra pianta e pianta su ciascuna linea, per cui in un ettaro si potrebbero contare circa 45,000 piante. Nell’Alsazia non se ne contano che 10,800 circa, pel maggior spazio lasciato fra le linee, e sulle linee istesse. Nei climi più caldi, diminuendo le distanze usate in Lombardia, si potrebbero contare persino da 50 a 55,000 piante per ettaro. Le distanze indicate servono pel melgone autunnale o tardivo; per quello d’estate od agostano si possono diminuire, riducendole a 0m,50 fra le linee, e 0m,25 fra pianta e pianta sulla linea medesima. Pel melgone quarantino le possiamo ridurre anche maggiormente.

In quanto al terreno la distanza sarà maggiore nel tenace che nel sciolto, quando però questi non sia di qualità vegetale, poichè in tal caso la folta vegetazione erbacea sarebbe a scapito della produzione del grano. Quando poi sia [p. 704 modifica]possibile l’irrigazione si potrà dare una minor distanza, sempre però conservando la stessa differenza fra il terreno sciolto ed il tenace.