Trattato de' governi/Libro sesto/IV

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Libro sesto
Capitolo IV:
Dubbio del governo popolare

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Aristotele - Trattato de' governi
(Politica)
(IV secolo a.C.)
Traduzione dal greco di Bernardo Segni (XVI secolo)
Libro sesto
Capitolo IV:
Dubbio del governo popolare
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[p. 218 modifica]Nè si debbe segnare per popolare stato (siccome oggidì fanno molti semplicemente) dove li più sieno padroni; imperocchè negli stati delli pochi potenti, e in ogn’altro ancora la più parte dei cittadini è padrona. Perchè posto che tutto il numero dei cittadini fusse mille e trecento, dei quali mille ne fussino li ricchi, e non dessino ai trecento altri che fussino poveri, e liberi e simili in ogn’altro conto nei magistrati alcuna partecipazione, nessuno confesserebbe mai tale stato per popolare. E manco si debbe dire stati di pochi potenti, dove sono pochi padroni d’uno stato semplicemente; perchè se all’incontro qui fussino li poveri meno di numero, e più possenti dei ricchi, che fussino più, nessuno mai tale stato chiamerebbe ancora stato di pochi potenti, il quale agli altri cittadini, che fussino ricchi, non partecipasse gli onori.

Meglio è dire adunche così, che popolare stato sia, quando gli cittadini liberi sono padroni, e stato di pochi, quando e’ sono padroni li ricchi. Bene è vero che egli accade li primi essere più, e li secondi meno; essendo invero molti li cittadini liberi, e pochi li ricchi. Chè se i magistrati si distribuissino per via della grandezza del corpo (come si dice che è usato di farsi in Etiopia) o per via della bellezza, tale differenza certo sarebbe lo stato dei pochi potenti, essendo nel vero poco il numero, e dei begli e dei grandi.

Nè contuttociò basta la determinazione di questi stati nel modo detto, ma perchè e’ si dà più sorti di stato popolare, e di stato di pochi, perciò è ancora da aggiugnere che e’ non sia stato [p. 219 modifica]popolare quello, dove comandino li cittadini liberi, ma pochi a quei che sono più di numero, ma che non sieno liberi, siccome avviene in Apollonia, in quella, che è sul mare Ionio, e in Tera. Imperocchè nell’una e nell’altra di queste città si sono avuti in pregio li cittadini eccellenti per nobiltà, e quei che pei primi vennero ad abitarvi, i quali erano pochi. Nè all’incontro sia stato di pochi, dove li ricchi regnino, e per numero vi abbondino; come era anticamente in Colofone, che quivi erano facultà grosse nella più parte dei cittadini, innanzi che e’ movessino la guerra contro ai Lidii. Ma stato popolare è, dove li cittadini liberi, e poveri, che sieno più di numero, sono padroni dei magistrati. E stato di pochi è, dove li ricchi e nobili, che sieno pochi di numero, vi governano.

E detto s’è adunche, che li stati sono di più sorti, e per che cagione.