Tre donne/XII

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XII — Il germe dell'odio

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XII — Il germe dell'odio
XI XIII

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CAPITOLO XII.

Il germe dell’odio.

Il dottor Chiari non aveva parlato a vanvera: la Virginia moriva. Una cosa preveduta del resto.

Da vario tempo, vedendola lavorare con tanta fatica e diventare sempre più sottile e pallida, le contadine dicevano sommessamente:

— Non ci resiste; ci rimette la pelle.

E le più maligne soggiungevano: L’asino sarà vendicato.

Tuttavia, fino che rimaneva in piedi, pareva che la catastrofe, lenta a venire, fosse lontana ancora.

Ma in quella primavera le prese una tosse che non la lasciò più. Aveva certi assalti da buttarla giù come morta. [p. 150 modifica]

Pure si sforzava a lavorare, perchè non voleva stare in casa sola: aveva paura; le veniva addosso una insoffribile malinconia. E poi, non voleva si dicesse che andava tisica. Temeva anzi sopra ogni cosa questo giudizio della gente, condanna feroce, contro cui non v’ha appello.

Perciò diveniva sospettosa, e appena due persone discorrevano, la si metteva accanto a loro per sentire se parlavano di lei, del suo male.

E se qualcuno le domandava:

— Come state Virginia? — guardandola con un certo interesse o curiosità, ella rispondeva subitamente:

— Benissimo!

Ma il dottore le diceva senza pietà:

— Non ti forzare: fai peggio.

Perciò, intendendo bene che agli occhi del dottore il male non si poteva celare, ella rimbeccava stizzosa:

— Che devo fare? Il lavoro c’è, e non ho nessuno che mi aiuti, dacchè mia cognata mi ha piantata qui per i suoi capricci!

Il medico, indifferente, s’accontentava di sorridere del suo spietato sorriso, e le voltava le spalle. [p. 151 modifica]

Invano Sandro e Pietro sempre amorosi, sempre attaccati a quel bel corpo, che si disfaceva, la supplicavano di aversi riguardo.

Ella rispondeva invariabilmente.

— Il podere non si zappa da sè; la colpa è di chi ci ha piantati qui soli!

Così, a poco a poco, nel cuore semplice e rozzo di Pietro si esasperava il rancore contro la cognata che egli accusava di avergli portata la discordia in casa e cagionata la spartizione tra lui e il fratello. Gli pareva pure che Sandro fosse stato troppo debole, troppo ingrato. Badare alle chiacchiere delle donne! Rovinare una famiglia per quel bel costrutto! Non poteva perdonargli; non poteva, no.

Eppure quando Sandro capitava lì, e si mostrava così servizievole, così affezionato, il fratello maggiore tornava in pace con lui, e il suo risentimento si concentrava sulle Scaramelli e su don Giorgio Castellani, per il quale aveva in serbo un sacco d’improperi, che avrebbe voluto rovesciargli sul capo, levando il sacro, levando... Anzi senza fare questa fatica, poichè don Giorgio ci aveva pensato da sè, spretandosi per fare la gran pazzia di sposare la Cristina. [p. 152 modifica]

Ma dopo queste sfuriate Pietro si faceva il segno della croce, perchè il pensiero di quel prete che si dannava l’anima per una donna, gli metteva un grande sgomento addosso.

Tutto considerato, il più infelice dei tre, era Sandro. In casa propria una malinconia da morire, e il rimorso di vedere la sua povera moglie così rovinata per colpa di lui. In casa del fratello, rimorso, e paura continua di essere scoperto. E nessuna consolazione da quell’amore maledetto che gli aveva straziato l’anima e avvelenata l’esistenza!

La Virginia non lo amava più. A grado a grado, come la malattia la consumava e il desiderio ardente di voluttà andava spegnendosi nelle sue carni disfatte, ella cessava di amare. Perfino la simpatia fisica, già così viva e tenace, degenerava in una specie di manìa persecutrice.

Lo voleva là, accanto a sè; ma soltanto per tormentarlo. Lo guardava lungamente e lo trovava brutto, invecchiato, cencioso. Lo paragonava, con un senso di disprezzo, a un giovine signore che era stato il suo primo damo. Che differenza! Poi, ripensando che non le aveva sa[p. 153 modifica]crificata neppure interamente la moglie, il suo amore diventava odio.

Lo voleva là al suo fianco; e guai se non arrivava alle ore stabilite! Avrebbe voluto trascinarselo dietro, legato a una fune, come un grosso cagnaccio per deriderlo e punzecchiarlo, mostrando però a tutti che egli era cosa sua e non poteva staccarsi da lei. Ah! se Maria non le fosse sfuggita! Se avesse potuto averla tra le unghie, che medicina sarebbe stata quella per la sua malattia!

La febbre di dominio e di persecuzione che stagna in fondo al cuore di tante donne — reazione perversa della troppo lunga e dura sottomissione di tutto il sesso — giungeva all’estrema acutezza nella tisica moribonda.

Sandro sentiva l’odio che si accaniva contro di lui; lo sentiva nelle carezze feline, nei lunghi sguardi indagatori, nei motti scomposti.

Senonchè, incapace di penetrare nelle vertiginose profondità di quella natura tortuosa e incomposta, egli attribuiva tutto al male, alla gelosia, al dispiacere di morire; e compativa e amava. [p. 154 modifica]

Ma invano tentava di placare quella sua terribile nemica. Le portava il pane bianco di semola, il burro fresco per la pappa, il latte della capra, che il fittabile della Cascina Grande teneva nella stalla per salute dei cavalli. Spendeva fino all’ultimo soldo in medicine costose ordinate dalla magnetizzata, privandosi fin di quel poco vino, e riducendo sè e la moglie a non mangiare che polenta asciutta sera e mattina, e un poco di minestra mal condita con una goccia d’olio di linosa, nei giorni di festa. Invano.

Invano faceva tutto quanto un povero contadino suo pari poteva fare. Nulla giovava.

Virginia accettava i doni, esigeva i sacrifici; ma non aveva mai una parola veramente affettuosa. Che se qualche scintilla dell’antica fiamma si riaccendeva nelle sue viscere, non erano che ardori fuggitivi subito spenti da uno scoppio di collera, da un ritorno del malumore. E se mai la collera taceva e il cattivo umore non si ridestava da sè; erano gli assalti di tosse, i lunghi deliqui, che toglievano al povero Sandro l’ultima speranza di gioia.

Ad ogni occasione, ella ricominciava le sue [p. 155 modifica]eterne querimonie. Per lui era ridotta in quello stato! Perchè l’aveva tradita, abbandonata! Per lui, che essendo stanco di lei e incapricciato della sua giovine moglie, voleva finirla così! Ah! era un bel vigliacco!

Perchè non l’aveva detto subito? Ella avrebbe capito; si sarebbe rassegnata; non avrebbe preteso nulla. Di che aveva avuto paura? Che lo volesse per forza forse...

Sandro, che non poteva stare a sentire questi discorsi, la pregava di smettere, di tacere. Non le aveva domandato perdono? E quante volte!... E quante volte lei aveva promesso di perdonargli e di non parlarne più! Si, lui era stato debole, ne conveniva; non però, come lei fingeva di credere, perchè fosse incapricciato della moglie — la povera Maria, quantunque bella e giovine non gli era mai piaciuta, a lui — ma per la compassione di vederla deperire a quel modo; e poi anche perchè si era confessato e don Giorgio gli aveva toccato il cuore. Una debolezza, certo. Ma non meritava di essere disprezzato per questo.

Non era ritornato a lei quasi subito?...

Non si era messo a rischi incredibili? [p. 156 modifica]

Non aveva calpestato i giuramenti fatti a Dio, le promesse fatte alla moglie e al confessore?...

Non era stato abbastanza traditore, abbastanza vigliacco?

Che cosa voleva di più da lui? Lo dicesse, egli era pronto a tutto. Ma finisse di tormentarlo e di crucciarsi lei stessa!

E piangeva il povero contadino, l’antico soldato, i cui bei capelli neri cominciavano ad essere brizzolati; piangeva come un fanciullo.

Disperando, a sua volta, di farlo tacere, ella rimaneva con le spalle voltate, turandosi le orecchie con le mani, per non ascoltarlo.

Ma tutto a un tratto scattava.

Già! lui, era un gran brav’uomo! Lui, andava in chiesa, voleva salvare l’anima, e raccontava i suoi affari e quelli degli altri, e comprometteva una maritata — la vera sua moglie, come diceva nei momenti di trasporto quando le voleva bene davvero — la comprometteva con un prete pettegolo che poi raccontava ogni cosa alla ganza! Oh! si, lui, era un bravo uomo!... Aveva compassione della moglie e si [p. 157 modifica]pentiva di averla tradita!... Ma andasse, andasse via, una buona volta, andasse dalla sua Scaramelli!...

Si vantava di essere ritornato?... Ah! Ah! Ah! La faceva ridere davvero!

Non si ricordava com’era ritornato?... Chiamato, invitato, da quel buon diavolo di Pietro, che non poteva vivere senza vederlo e aveva bisogno di un aiuto per vangare il campo grande!

Poi una volta in casa, si sa; si erano trovati soli, seduti vicini, e il capriccio di riaverla gli aveva messo il diavolo in corpo: tutti a una maniera gli uomini!... E lei, lei che gli voleva bene per davvero, si era tutta commossa, e non aveva trovata la forza di gridare, di chiamare al soccorso; e si era lasciata prendere... piangendo però! Se ne ricordava, lui?... Oh! non l’avesse mai fatto! Non l’avesse mai fatto!...

Uno scoppio di tosse, spaventevole, le troncava la parola; poi le veniva un singhiozzo tormentosissimo, una specie di convulsione che la faceva diventar tutta livida. Pareva in punto di morte; ma non si arrendeva. Appena passato [p. 158 modifica]l’assalto, ancora tutta smorta e tremante, gli occhi umidi, il viso chiazzato, le labbra imbrattate di schiuma, ella ricominciava con la voce strozzata, le sue eterne e volgari accuse.

A che punto l’avevano ridotta!... Potevano vantarsi di averla ammazzata.

Si! lui e le Scaramelli l’avevano ammazzata!... Si, abbandonandola così, epperò condannandola a quel lavoro insoffribile, a zappare, a mondare il riso, con l’acqua fino al ginocchio, lei che non c’era avvezza! con quel sole in quei campi scoperti che parevano di fuoco. E poi, le malignità della gente, i sarcasmi, le canzonature! Quanto aveva patito e che smangiature di rabbia! Lei sola poteva dirlo. E tutto perchè l’aveva resa la favola del paese. Oh! quelle canaglie di donne, quante gliene avevano dette, credendo che non sentisse!...

Così si era buscata il male, così le era venuta l’infiammazione — quel fuoco che le bruciava il petto — le arrabbiature l’avevano consumata di dentro, e a forza di sudore era diventata debole debole e aveva preso quella maledetta tosse! Tutto per lui e per la sua cara [p. 159 modifica]moglie sacrificata. Altro che dire che lei ci aveva la tendenza alla tisi. Ma si, eh! Non avevano altro da inventare?... Bianca, rossa e grassa come lei era! Volerla far passare per tisica, lei?... Carogne!... Delicata era; sicuro; delicata; non nasceva da villani come loro, per questo. Lei era nata un pochino meglio; e aveva sempre vissuto in casa dei padroni, che l’adoravano... Per sua disgrazia... era capitata in quel paese da cani... Per finire marcia... Dio, Dio! morire!... Finire!... Le toccava morire... così... E nessuno voleva salvarla... Nessuno!...

Un altro scoppio disperato, e nuovi lunghi assalti di tosse la riducevano finalmente al silenzio, esausta, annientata. Ma il suo corpo abbandonato sulla rozza panca presso al focolare, si disegnava ancora armoniosamente, con delle linee morbide, eleganti. E i bei capelli di un biondo scuro che le si arrovesciavano sulla nuca in una massa pesante, molle, ondulata, mettevano uno strano fascino voluttuoso intorno a quella faccia pallida, segnata dalla morte.

Cessata la convulsione dei singhiozzi, pian[p. 160 modifica]geva sommessamente, come una bimba oppressa dalle ingiustizie degli uomini.

Sandro non si stancava dal contemplarla, e dimenticava le ingiurie, e avrebbe dato la metà del suo sangue per rianimare la fiamma della vita in quel corpo adorabile.

Intanto le ore fuggivano; si faceva tardi; egli doveva andarsene, col cuore stretto, la testa arroventata, implorando un bacio che non sempre gli era concesso.