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Tre libri dell'educatione christiana dei figliuoli/Libro I/Capitolo 39

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Libro I - Capitolo 39

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Della corrutione della nostra natura, et inclinatione al peccato. Cap. XXXIX.

Dice la divina scrittura, che Iddio creò l’huomo retto, giusto, et santo, ma egli inviluppò se medesimo in mille intrichi, percioche havendo il primo padre nostro Adamo transgredito nel paradiso il commandamento di Dio, subito perdè quella giustitia, et santità ch’egli haveva, per dono del suo Creatore, et incorse nell’ira, et indignatione di Dio, et nella necessità della morte, et in mille miserie, cosi quanto al corpo, come quanto all’anima. Et cosi come se egli fosse perseverato nella giustitia et santità datagli da Dio, haveria non solo per se, ma per i figliuoli, et per i descendenti conservata quella pretiosa heredità, onde essi anchora sariano nati et santi, et giusti; cosi all’incontro la transgressione, et inobedienza d’Adamo apportò danno, et nocumento non pure a lui, ma a tutta la propagine, et posterità sua; onde ciascuno che nasce di Adamo, non solo nasce suggetto alla morte, et alle pene, et afflitioni innumerabili di questo corpo, ma per la medesima generatione contrahe la morte dell’anima, ch’è il peccato, il quale si chiama peccato originale. Hor come la superbia, et inobedienza del primo Adamo ci fece peccatori, et inimici di Dio, cosi l’humiltà, et l’obedienza del secondo Adamo, Christo Giesù Salvator nostro, ci ha reconciliati con Dio, et ci ha fatti santi, et giusti, mentre il merito, et la virtù del suo pretiosissimo sangue, ci è stata applicata nel sacramento del battesimo, nel quale siamo regenerati in Christo, et inseriti in lui, et talmente si toglie dall’anima la macchia del peccato originale, et l’obligo della eterna dannatione, et tutto quello che vera et propriamente ha ragione di peccato, che tutto il vecchio Adamo resta sepulto nelle acque del santo battesimo, et vestiti di nuovo, rinaschiamo in nuova creatura, et ci è data quella stola candida, la quale se pura et immaculata fosse conservata da noi, non vi saria cosa che più dalle nozze eterne, et della entrata del Cielo ci ritardasse. Hor quantunaue per il sacramento del battesimo resti l’anima purificata, come è detto, et ripiena di celeste gratia, nondimeno resta nel christiano dopo il battesimo [p. 23v modifica]la debolezza, et fragilità del corpo, atto à patire molte infermità, et à sentire l’acerbità del dolore; parimente resta in noi il moto disordinato della concupiscenza, chiamato da i sacri Dottori fomite, la quale concupiscenza, non è propria et veramente peccato, procede però dal peccato, et inclina al peccato, et come è detto, è un certo moto, et appetito sregolato, che per sua natura ripugna alla ragione, ma questo tal movimento ribelle alla ragione, se non ha seco congiunto il consenso della nostra voluntà, ò negligenza almeno, non è peccato alcuno, anzi questa concupiscenza ci è lasciata per un campo, et materia di virtù, come dice il sacro Concilio di Trento, et il Catechismo; percioche la concupiscenza, a chi non gli consente, anzi virilmente con l’aiuto della gratia di Giesu Christo gli resiste, et repugna, non solo non noce, nè può nocere, ma è occasione di vittoria, et di corona, et di più copiosi premii, et di più abondante gloria in Cielo; percioche, come dice l’Apostolo, non sarà coronato se non chi combatterà legitimamente. Per tanto se la corona presuppone il legitimo combattimentio, et il combattimento, et la pugna non si fa senza nimico; non habbiamo cagione di dolerci di Dio, che ci habbia lasciato questo avversario domestico, ma bene habbiamo molta cagione di ringratiarlo, che ci habbia dato tanta abondanza della sua santissima gratia, che se noi vilmente non ci gettamo per terra, restaremo senza dubio vincitori, et faremo acquisto della corona immarcescibile della gloria; per la quale è ben giusto che ci affatichiamo per cosi breve spatio, vedendo che molti per una corona, et per un premio terreno, et corruttibile, spargono volentieri non solo sudore, ma sangue, et la vita istessa.