Tre libri dell'educatione christiana dei figliuoli/Libro II/Capitolo 107

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Libro II - Capitolo 107

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Delle honeste industrie, del governo de la roba, et del fuggir i debiti. Cap. CVII.

Habbiamo inteso dallo Apostolo, in cui parlava Christo, che la sfrenata avidità di arricchire, conduce a gravissimi et estremi mali, ma non per questo si prohibisce la moderata cura, et diligenza circa la conservatione della propria roba, et anco non si vieta il cercar di augumentarla con debiti, et honesti modi, perche il nostro padre di famiglia deve prudentemente considerare. che forse egli ha di molti figliuoli tra i quali si hanno a ripartire le sue sostanze, et vi sono per ventura delle figliuole femine, che devono esser maritate decentemente, onde secondo il detto del medesimo Apostolo Paulo, i padri devono tesaurizare per i figliuoli, [p. 98v modifica]ilche s’intende per giuste vie, et secondo le regole di Christo Nostro Signore, et non secondo le regole del mondo, ilquale ha per più beati i più ricchi. Ma il nostro buon padre haverà di continuo nel cuore, et nella bocca quella sentenza del Salvatore, che giovamento è, et che profitto, che alcuno guadagnasse tutto il mondo, et dipoi perda l’anima propria? Hor perche il giovanetto ilquale educhiamo, potrà anchor egli esser padre di famiglia a suo tempo, però conviene che dallo esempio, et dalle ammonitioni paterne, apprenda a saper conservare, et accrescere la roba. Et per toccar alcun particulare, dico che ottimo modo di augumentare l’entrate proprie, è il troncar i soverchi appetiti, percioche dove le cupidità eccedono le facultà, quivi non si può dire ricchezza, ma più tosto povertà, però un’antico et savio scrittore, parlando à questo proposito dicea; Delle mie piccole rendite, detrattone le cupidità, in capo allo anno me ne avanzarà qualche cosa, et cosi è veramente che il saper rifrenar i proprii appetiti, è una maniera d’entrata, percioche il necessario, et anchora il commodo con modestia, non mette in disordine le cose domestiche, ma si bene i giuochi, i conviti superflui, il voler eccedere in numero de servitori, il far à gara con i più ricchi, et più vani in vestire, et festeggiare, et nutrir cavalli, et cani, et sparvieri, et mille altre simili superfluità, fuori della decenza del proprio stato. Sono altri che fanno come essi dicono, studio di raccorre medaglie, et statue antiche, che altri con più ragione chiamano humore, altri vogliono quadri di pittori Eccellenti, altri gioie, et cose simili, che si comprano massime da gli appetitosi, a gran prezzo et ne i bisogni se ne fa poi piccolissimo ritratto. Lascio il dir delle supellettili, che sono arrivate à tanto lusso, che quelle che hoggi si usano nelle ville, trapassano assai di valore quelle, che i nostri maggiori, et de i più nobili, et meglio stanti adopravano già non è però antichissimo tempo nelle istesse Città. Hor non creda alcuno che io voglia che s’insegni al nostro fanciullo la sordidezza, dal qual pensiero sono lontanissimo. A me piace che il padre di famiglia tenga la sua casa fornita di panni lini, et di buone letta, et altre cose tali, non solo per la necessità domestica, ma per il commodo etiandio, de gli hospiti, et si permette che nel vestire, et nell’habitare si serva in qualche modo allo uso, overo abuso de i tempi, spendendo come si suol dire la moneta corrente, ma che le mura, le tavole, le sedie, et finalmente ogni cosa sia coperta di velluti, di damaschi, di tapeti, et di razzi finissimi, et le vesti à proportione siano piene di ricami, et d’ornamenti vani, et di estrema spesa, con le più ricche fodre, et che si studi ogni giorno à trovar nove inventioni et foggie, et che l’artefice minuto voglia agguagliarsi al [p. 99r modifica]cittadino, il cittadino al gentil’huomo, il gentil’huomo al titulato, et questi al Principe; queste sono cose fuori d’ogni ragione, et intollerabili, cose che dispiacciono à Dio, che conducono à mille peccati, et à questo spetialmente delqual si tratta, dico à i latrocinii, et alla rapine, et non è ricchezza alcuna che possa supplire à tanta voragine. Quindi poi nascono i debiti, et gli interessi, et le grosse, et multiplicate usure, febre lenta et pernitiosissima, et non si può trovar peggior stato in questa parte di uno indebitato, che non è pur padrone del pane che mangia, ne vede frutto alcuno de le sue entrate, impegnate et divorate prima che naschino, ne può remediar ad un disordine senza un’altro maggior disordine, et all’ultimo và à precipitarsi in un misero, et ignominioso fallimento. Per tanto il nostro prudente padre di famiglia, abhorrisca il viver con debiti, et misuri le spese con la facultà, et più tosto come prudente riserbi qualche cosa, che ecceda le sue entrate, paghi prontamente i suoi creditori, almeno à certi tempi dell’anno, si che i debiti non s’ingrossino, et non imiti il costume d’alcuni padri, che par loro d’haver provisto à bastanza, con dir che i figliuoli pagaranno, che oltra che non si devono caricar i figliuoli di simili pesi, quando non la necessità, ma la disordinata vita del padre gli ha fabricati, avviene spesse volte, che il figliuolo seguitando le vestigia del mal esempio paterno, cumula novi debiti à i vecchi, tanto è lontano da pagarli, onde le grida de i poveri creditori ascendono al cielo, si fa iattura dell’honore, et della buona fama, et ne patiscono le anime nell’altra vita.