Versi di Luigi Plet/Nell'annuale ricorrenza della solennità in onore del Crocifisso di Poveglia
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NELL’ANNUALE RICORRENZA DELLA SOLENNITÀ
IN ONORE
DEL CROCIFISSO DI POVEGLIA
nella chiesa parrocchiale
DE’ SANTI APOSTOLI IN VENEZIA.
SONETTO.
Vuoi tu saper della tua colpa il peso?
Comprendere ne vuoi tu la bruttura;
E tuttavia quanto ami te l’offeso
4Perocchè sei la sua miglior fattura?
Qua! varca questa soglia! ecco: l’appeso
Simulacro il Creator tuo raffigura
Che il sangue tutto, che la vita ha speso,
8Impietosito della tua sciagura.
Dinanzi a Lui meco ti ferma alquanto —
Puoi tu non abborrirlo ora il misfatto?
11Sta duro il core? non irrompe il pianto?
Scuotiti! costa a te solo un desìo,
Miserabile verme, il tuo riscatto
14Che strazio tal costava all’Uomo-Dio.
- Anno 1853.
SONETTO
Apostrofe al bestemmiatore
Non era d’uopo ch’Ei morisse in croce:
Al tuo riscatto un prego suo bastava;
Pativa l’Uomo-Dio pena sì atroce
4Solo a mostrarti di che amor t’amava.
Dunque non sembri tu belva feroce
Pur mo sbucata dalla sozza cava,
Anzi demonio, de l’inferna foce
8Uscito a spander velenosa bava,
Quand’osi, nelle furie del tuo sdegno
E nell’ebbrezza di tue gioie ancora,
11Di contumelie l’Uomo-Dio far segno? —
Punisci le ree labbra, ingrato, e plora;
Stringiti confidente a questo Legno;
14Ma, bada, non tardar chè breve è l’ora.
- Anno 1854.
SONETTO.
Quel bene a cui tu aneli è ben fallace:
Inganno che succede ad altro inganno —
Là dove stimi più di trovar pace
4Trovi sorgente ognor di nuovo affanno.
Già muto sul suo crin passa fugace
Frattanto il tempo ch’anno aggiunge ad anno;
E tu, d’un’immortal gioia capace,
8La dimentichi e corri a eterno danno.
Misero! a consolar lo spirto afflitto
Da tante vanità deh! stacca il core
11E lo converti a quest’Uom-Dio trafitto,
Che, per aprire a te del ciel le porte,
Amando te d’un infinito amore,
14Durare pena tal volle e tal morte.
- Anno 1855.
SONETTO.
Mi sta dinante il mio fallo — non oso
Alzar la fronte — impallidisco, tremo,
Chè intanto, a gran giornate, minaccioso,
4Mi soprarriva a tergo il giorno estremo.
Di me che fia? qual mai sarà l’ascoso
Giudizio inappellabile supremo?
Avrò martoro o troverò riposo? —
8Traggo l'ore nel dubbio; e spero e temo.
Ma il combattuto cor sente conforto
Or che mi tengo stretto a questo Legno
11Donato a me perch’io guadagni il porto.
Enorme fu, lo so, la colpa mia;
Del perdono che invoco io sono indegno —
14Ma degno è Questi che per me la espia.
- Anno 1856.