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Viaggio sentimentale di Yorick (Laterza, 1920)/LVI. Le dimanche

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LVI. Le dimanche

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Laurence Sterne - Viaggio sentimentale di Yorick (1768)
Traduzione dall'inglese di Ugo Foscolo (1813)
LVI. Le dimanche
LV. L'enigma LVII-LVIII. Il frammento

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LVI

LE DIMANCHE

PARIGI

Era domenica. E La Fleur, entrando a recarmi il caffè, il panetto ed il burro, mi s’affacciò cosí rabbellito, ch’io alla prima nol ravvisava.

S’era tra noi pattuito a Montreuil ch’io gli avrei dato un cappello nuovo con bottone e gancio d’argento e, come si fosse giunti in Parigi, quattro louis d’or pour s’adoniser; e, sia detto in sua lode, il povero giovanotto aveva fatto miracoli, perch’ei s’era comperato un buon abito di scarlatto lustro e vistoso, e calzoni consimili, portati: diceva egli: — Non però vagliono uno scudo di meno. — Lo avrei soffocato per turargli la bocca: avevano sí bella apparenza, ch’io (e sapeva che non poteva essere), ma io avrei lasciato che la mia fantasia credesse ch’io li avessi allora allora staccati dalla pezza per quel ragazzo, e dimenticarmi cosí che ei si fosse rivestito nella rue de la Friperie1.

Ma il cuore in Parigi non patisce di sí fatta delicatezza.

Inoltre, s’era comperato una bella sottoveste di raso ricamato con bizzarria, attempatella, per vero dire, ma ripulita con amore: e l’oro del ricamo spiccava tuttavia; e, perché il colore del raso teneva piú dell’aerino che dell’azzurro, s’accordava graziosamente alla tinta dello scarlatto.

Inoltre, aveva spremuto da quelle monete una borsa nuova per la sua coda col solitaire2; ed il fripier ha dovuto, volere o non volere, dargli per giunta un paio di cinturini d’oro pe’ suoi calzoni.

Inoltre (e questi con quattro lire di suo) s’era comperati de’ manichini di mussolino bien brodés, e, con altre cinque delle sue [p. 116 modifica] lire, un paio di calzette di seta periate; e diede l’ultima mano a questo corredo con un’aria avvenente datagli, e senza chiedergli un soldo, dalla natura.

Cosí in gala e ripettinato all’ultima foggia, mi si presentò con un bouquet galantissimo in petto: era insomma tutto festivo. E mi corse a un tratto nell’animo che era domenica; e, tra l’abito festivo e la festa, m’avvisai ch’ei volesse la sera innanzi pregarmi perch’io mi contentassi ch’ei si godesse tutto quel giorno, come ognuno suole in Parigi. Mentr’io ci pensava, La Fleur con umiltà modestissima e confidente, quasi che né egli dovesse chiedere né io potessi disdirgli, implorò per quella giornata la libertà, pour faire le galant vis-à-vis de sa maitresse; il che io per l’appunto intendeva di fare vis-à-vis de madame de R***: però io teneva noleggiata tuttavia la remise; e, se vi fosse salito dietro uno staffiere corredato al pari di La Fleur, la mia vanità lo avria vagheggiato. Onde allora il suo divertimento mi costava piú caro che mai.

Ma, in sí fatte perplessità, bisogna piú badare al cuore che all’aritmetica. I figliuoli e le figliuole della servitú rinnegano nel loro patto la libertà, ma non la natura, e sono di carne e di sangue, ed hanno essi pure le lor superbiette; e, mentre sudano nel lavoro, sentono anch’essi i desidèri quanto i padroni, da cui sono pagati. Ben è vero, non devono piú dir «voglio», nol nego; anzi le loro pretese mi paiono talvolta sí capricciose, ch’io le deluderei le piú volte: se non che il troppo poterlo fare, e la loro misera condizione, me ne sconforta. «Vedi, vedi, sono tuo servo»3, mi disarma a un tratto dell’autorità di padrone.

— Va’ pure, La Fleur — gli diss’io. — Ma, La Fleur! e che innamorata hai tu potuto beccarti in sí pochi giorni in Parigi? —

La Fleur si mise una mano sul petto, e disse ch’era una petite demoiselle di casa di monsieur le comte de B***.

La Fleur era bello e nato per la società; e, per non frodarlo del suo merito, dirò ch’egli in ciò somigliava al suo padrone. [p. 117 modifica] né si lasciava scappar mai le occasioni: onde, per un verso o per l’altro, ma il come sappialo Dio, egli, quando andai pel mio passaporto, s’era dimesticato con una demoiselle sul ripiano dello scalone presso la soglia dell’appartamento; e, mentr’io attendeva a farmi benevolo il conte, La Fleur si giovò del tempo a farsi benevola la fanciulla. La famiglia doveva quel giorno venire in Parigi, e credo ch’egli avesse concertata già la brigata con essa e con due o tre altri di casa B*** sui boulevarts.

Popolo avventurato! tu almeno una volta la settimana dimentichi in comune gli affanni, e, tra i canti, le danze, i sollazzi, ti sgravi della pesantissima soma che va perpetuamente opprimendo Io spirito d’ogni altro popolo della terra4.

Note

  1. Via de’ rigattieri [F.].
  2. Spillone con un berillo puntato nel cappio della coda [F.].
  3. «Ecce quia servi sumus et in servitute». Esdrae, lib. i, c. 9, 9 [F.].
  4. «L’allegria, amico mio, non va presa da burla. La è cosa seria, anzi la piú preziosa possessione dell’uomo: beato chi sa giovarsene! Ed è un secreto, questo, ch’io non ho potuto trovare nelle ricette tristamente prescritte dalla filosofia contro i morbi dell’anima. E credo e lo credo in coscienza, che Dio misericordioso, che ci creò, ami anch’esso la gioia, e che un uomo possa ridete, cantare e veder ballare, e guadagnarsi il paradiso... Lettere di Sterne.— E Yorick provò questa tesi a’ suoi parrocchiani nell’omelia che ha per titolo La casa del lutto e del piacere [F.].