Vita (Alfieri, 1804)/Epoca I./Cap. II.

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Cap. II. Reminiscenze dell’infanzia

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CAPITOLO SECONDO.

Reminiscenze dell’ Infanzia.


Ripigliando dunque a parlare della mia primissima 1750 età, dico che di quella stupida vegetazione infantile non mi è rimasta altra memoria se non quella d’uno Zio paterno, il quale avendo io tre in quattr’anni, mi facea por ritto su un antico cassettone, e quivi molto accarezzandomi mi dava degli ottimi confetti, lo non mi ricordava più quasi punto di lui, nè altro me n’era rimasto fuorch’egli portava certi scarponi riquadrati in punta. Molti anni dopo, la prima volta che mi vennero agli occhi certi stivali a tromba, che portano pure la scarpa [p. 16 modifica]
quadrata a quel modo stesso dello Zio morto già da gran tempo, nè mai più veduto da me da che io aveva uso di ragione, la subitanea vista di quella forma di scarpe del tutto oramai disusata, mi richiamava ad un tratto tutte quelle sensazioni primitive ch’io avea provate già nel ricevere le carezze e i confetti dello Zio, di cui i moti ed i modi, ed il sapore perfino dei confetti mi si riaffacciavano vivissimamente ed in un subito nella fantasia. Mi sono lasciata uscir di penna questa puerilità, come non inutile affatto a chi specula sul meccanismo delle nostre idee, e sull’affinità dei pensieri colle sensazioni.

1754 Nell’età di cinque anni in circa, dal mal de’pondi fui ridotto in fine; e mi pare di aver nella mente tuttavia un certo barlume de’ miei patimenti; e che senza aver idea nessuna di quello che fosse la morte, pure la desiderava come fine di dolore; perchè quando era morto quel mio fratello minore, avea sentito dire ch’egli era diventato un angioletto.

Per quanti sforzi io abbia fatti spessissimo •per raccogliere le idee primitive, o sia le sensazipni ricevute prima de’ sei anni, non ho potuto mai raccapezzarne altre che queste due. La mia sorella Giulia, ed io, seguitando il [p. 17 modifica]
destino della madre, erano passati dalla casa paterna 1754 ad abitare con lei nella casa del patrigno, il quale pure ci fu più che padre per quel tempo che ci stemmo. La figlia ed il figlio del primo letto rimasti, furono successivamente inviati a Torino, l’uno nel Collegio de’Gesuiti, l’altra nel monastero; e poco dopo fu anche messa in monastero, ma in Asti stessa, la mia sorella Giulia, essendo io vicino ai sett’anni. 1755 E di quest’avvenimento domestico mi ricordo benissimo, come del primo punto in cui le facoltà mie sensitive diedero cenno di se. Mi sono presentissimi i dolori e le lagrime ch’io versai in quella separazione di tetto solamente, che pure a principio non impediva ch’io la visitassi ogni giorno. E speculando poi dopo su quegli effetti e sintomi del cuore provati allora, trovo essere stati per l’appunto quegli stessi che poi in appresso provai quando nel bollore degli anni giovenili mi trovai costretto a dividermi da una qualche amata mia donna; ed anche nel separarmi da un qualche vero amico, che tre o quattro successivamente ne ho pure avuti finora; fortuna che non sarà toccata a tanti altri, che gli avranno forse meritati più di me. Dalla reminiscenza di quel mio primo dolore del cuore, ne ho poi dedotta la prova [p. 18 modifica]
1755 che tutti gli amori dell’uomo, ancorché diversi, hanno lo stesso motore.

Rimasto dunque io solo di tutti i figli nella -CAsa materna, fui dato in custodia ad un buon Prete, chiamato Don Ivaldl, il quale m’insegnò cominciando dal compitare, e scrivere, fino alla classe quarta, in cui io spiegava non male, per quanto diceva il maestro, alcune vite di Cornelio Nipote, e le solite favole di Fedro. Ma il buon Prete era egli stesso ignorantuccio,a quel ch’io combinai poi dopo;e se dopo i nov’anni mi avessero lasciato alle sue mani, verisimilmente non avrei imparato più nulla. I Parenti erano anch’essi ignorantissimi; e spesso udiva loro ripetere quella usuale massima dei nostri nobili di allora; che ad un Signore non era necessario di diventar un Dottore. Io nondimeno aveva per natura una certa inclinazione allo studio; e specialmente dopo che usci di casa la sorella: quel ritrovarmi in solitudine col maestro mi dava ad un tempo malinconia e raccoglimento.