Vita di Esopo Frigio/Capitolo LXVI

Da Wikisource.
Capitolo LXVI

../Capitolo LXV ../Capitolo LXVII IncludiIntestazione 1 gennaio 2018 100% Da definire

Anonimo - Vita di Esopo Frigio (Antichità)
Traduzione dal greco di Giulio Landi (1545)
Capitolo LXVI
Capitolo LXV Capitolo LXVII
[p. 90 modifica]

C A P I T O L O   LXVI.

ESopo, dolevasi della sua mala sorte, e cruciandosi del fals’inganno, e della ingiustizia fattagli, chiamava l’ajuto delli Dei. Ora in ogni luogo della Città ragionavasi della prigionia di Esopo: un amico il quale chiamavasi Damaso, venga a vederlo, e trovandolo così rammaricato, e sommamente maravigliatosi, come in carcere fosse posto, addimandolli di ciò la cagione, ed egli a lui disse. Deh caro fratello, tu puoi pensare, e credere, che senza mio demerito io sia in queste tenebre tenuto; nè ti maravigliare, che io mi dolga, e pianga, perchè io ne ho ben gran ragione; e voglio, che tu intenda un esempio a questo proposito. Egli avvenne, che una buona donna avendo sepellito con le debite, ed abbondevoli lagrime il morto marito suo, e perseverandole il cordoglio, ed il martello di lui, ogni dì givasene al sepolcro di quello, e di calde lagrime tutto bagnava. Quivi presso era un Contadino, il quale vedendo la dogliosa giovane così amaramente piangere il suo marito, venutagli di lei una amorosa compassione, incontanente innamorossene, laonde lasciato l’aratro, ed abbandonato i buoi andossene al detto sepolcro, là ove stavasi la donna lagrimando, e con essa lei misesi dirottamente a piangere anch’egli. E dopo un luogo pianto, addimandò al Contadino perchè egli ancora così lagrimasse. La cagione rispose egli, o bella, ma dolente donna, della mia passione è simile al caso tuo, perciochè tu piangendo chiami il perduto marito; ed io piango la [p. 91 modifica]morte della mia amata moglie: la quale poco dinanzi me misero, e sconsolato ha in questo Mondo lasciato solo; e parmi, che il lagrimare allegerisca alquanto il mio dolore. Ed ella così rispose: oimè fratello, che queste mie calde lagrime a me sono come una consolazione, ed un dolce sfogamento della mia acerba passione. Egli allora disse: Sorella mia, poichè la sorte d’ambedue ci ha posto in istato pari, e simile, e nelle miserie ci ha uguagliati, ed avendoci quì congiunti a lagrimare per grato isfogamento nel nostro acerbo infortunio; pare ancora che la bontà sua ci mostri un dolce rimedio di levarci in tutto e per tutto il grave, e l’amaro della nostra afflizione; e questo, che se ti piacesse accettarmi nel luogo del tuo desiderato marito, io per dolce moglie ti accetterò volentieri, ed amarotti non manco cordialmente, che la mia passata bella consorte amai, ed in questo modo ambedue contra questo nostro batticuore, e così fattamente fortificaremoci, mediante il nostro soave, e dolce amore, che nulla sentiremo di cotesta malinconia. Parve alla donna, che le parlasse bene, e con ragione il caso loro discorresse, e perciò ella a lui rispose così: Veramente, o caro giovane, tu molto ti assomigli a quello buon marito, e nel ragionare, e nella voce, e nella statura, e disposizione del corpo, così ben sei appannato, e sodo, e credo certo, che Iddio ti abbia quì mandato, acciocchè, facciamo quello, che proposto mi hai e però non potrei, se non alla tua proposta acconsentire. Con detto abbracciandosi insieme molte volte, e quivi sul monumento del morto si congiunsero più d’una fiata in stretto modo di maritale amore. Avvenne, che mentre i nuovi sposi con molta dolcezza si [p. 92 modifica]amavano tra di loro, vennero due ladroni, li quali veduti i buoi abbandonati, senza guardiano, rubarongli, e ben discosto li condussero. Il Contadino, isfogatosi del suo amoroso desio, ritornato all’aratro, lo trovò senza buoi: onde cominciò a pianger gridando quanto più poteva i miei buoi. La donna, che tutta consolata, e contenta a casa se ne ritornava, sentendo i dogliosi gridi del suo nuovo giovane, andossene a lui, e trovatolo così fortemente a piangere, addimandò di ciò la cagione, ed egli a lei disse: Deh maledetto sia questo mondaccio: io prima piansi teco quasi non sapendo il perchè, e senza alcuna cagione: ma ora ben piango da dovere, e maledico da senno, avendo perduto i miei gagliardi buoi, li quali sono certo, che non potrò mai ritrovare.