Vita di Esopo Frigio/Capitolo XLV

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Capitolo XLV

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Anonimo - Vita di Esopo Frigio (Antichità)
Traduzione dal greco di Giulio Landi (1545)
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C A P I T O L O   XLV.


CEssarono le risa de’ Samj, perchè ebbero udito il sentenzioso parlare di Esopo, e grande ammirazione presero della prudenza sua, e perciò umanissimamente pregarono, che volesse ciò, che di quel prodigio sentiva, esporre, e levar dalla Città tanto terrore, e spavento. Allora Esopo cominciò queste parole; Signori, voi dovete [p. 64 modifica]sapere, che quantunque la fortuna amica della verità, e delle contenzioni abbia tanto al servo; quanto al Signore proposto il premio della gloria, nondimeno se il servitore è buono, ed anco miglior del Signore, egli pur resta tuttavia servo e schiavo, e viene anco sovente battuto senza ragione. Se anco egli è cattivo, e di mala natura, parimente resta col giuogo della servitù al collo, avvenga che più spesso egli sia percosso, di maniera che dal buono al cattivo, e dal migliore al peggiore non vi fa differenza, o poca: il che veramente è cosa molto ingiusta: E s’io fossi più saputo, e dotto, che non è il mio Padrone, ragionevol non è, che la virtù; e la scienza mia stia soggetta, e soffocata dall’ignoranza sua; e ciò dico, perchè se voi (il che sia per umanità vostra) mi concedete, che io possa liberamente dire, ciò, che di quello augurio sento, promettendomi, che ’l Padrone mio più non mi tenga schiavo, e diami la libertà dovuta: io dichiarerò il prodigio, e da quel vostro anzioso timore libererovvi, chiaramente dichiarandovi il dubbio, che richiesto mi avete.