Vita di Esopo Frigio/Capitolo XXXVI

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Capitolo XXXVI

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Anonimo - Vita di Esopo Frigio (Antichità)
Traduzione dal greco di Giulio Landi (1545)
Capitolo XXXVI
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CAPITOLO XXXVI.


NArrasi anco questa bella sentenza d’Esopo ed invenzione veramente sottile, ingegnosa, e degna di maraviglia. Trovandosi Xanto co’ suoi discepoli in un convito, e quivi come che fosse loro costume invitandosi l’uno l’altro a vuotare i pieni bicchieri, e secondo il consueto loro proponendosi dubbj, e questioni; vide Esopo, per lo disputare, e per il caldo fumo del vino, che già troppo i cervelli riscaldava, che Xanto a tubarsi cominciava: per il che disse egli: Padrone io vi ricordo esser necessario, che il vino (acciocchè non levi altrui il vedere, ed il sapere) ebbe tre temperamenti. Il primo del piacere della gola: il secondo della ubbriachezza; il terzo della villania; da’ quali, come si preterisce il primo, gli altri due difficilmente osservare si possono. Però voi, che largamente bevuto avete, e con troppo piacere ribevuto, l’altre due discrezioni, e temperamenti agevolmente lasciar potreste. Quivi un discepolo di Xanto vedendo il Maestro già molto ben allegro, e fumante, addimandollo s’egli era possibile che un uomo tutto il Mare bevesse. Rispose il filosofo non solemente esser possibile, ma che il farlo agevole cosa fosse, e che a lui dava l’animo di beverlo tutto, talchè pur una gocciola non anderebbe a male. Il discepolo opponendosi a cotal proposta offerta, e il maestro ostinandosi di eseguire il suo detto; vennero alle scommesse. Xanto disse, che se ciò egli non faceva, voleva la sua casa perdere. Accettò questa condizione lo scolare, e quella con giuramento, e pegno insieme stabilirono. Venuto finalmente il fine del ben mangiare, e meglio [p. 51 modifica]bere, ciascuno come puotè meglio alle proprie abitazioni si condusse. Il dì seguente Xanto, dopo l’aver col dormire il vino digerito, levatosi dal letto, e secondo il costume lavandosi le mani, s’accorse non aver in dito l’anello, che portar soleva. Onde addimandò ad Esopo s’ei sapeva, che fosse del suo anello divenuto; il quale rispose: Padrone, l’aver perduto l’anello è nulla, il peggio sarà, che senza casa voi ve ne rimarrete. Allora Xanto, il quale delle cose intervenute della passata cena non si ricordava. Oh perchè? diss’egli, perciocchè, rispose Esopo essendo voi jersera molto ubbriaco, prometteste di bere tutto il Mare intiero, ovvero perdere la casa vostra, ed in fede della promessa per pegno deponeste l’anello. Ciò sentendo il Filosofo, fu preso di maraviglia. E come, diss’egli, potrò io mai mantenere quello, che è vieppiù grande della fede. Poi pensando, e ripensando al caso suo, nè metodo, nè via di salvazione trovandovi, voltatosi al prudente servo, disse: Pregoti, o mio caro Esopo, che in te essendo prudenza, e maravigliose invenzioni, e lo ingegno tuo avanzando la dottrina, e cognizione di qualunque altro saputo, e dotto mi voglia consigliare, e trovar modo, ch’io non perda la casa, e vedi far sì, che, io vinca il patto, e convenzione tra quello scolare, e me stabilita, e senza mia vergogna disciogliere, e rompere si possa. Allora rispose Esopo: Il vincer Padrone, non è possibile, se già tu, come promettesti, tutta l’acqua del Mare non bevessi; ma di rompere la convenzione, e partirti dal patto agevolmente mostrerotti il movo utile, ed onorevole. Attendi dunque bene a ciò, ch’io ti dirò; La prima cosa, non voglio, [p. 52 modifica]che oggi, quando a far l’effetto vi troverete insieme, tu mostri temer punto, anzi voglio, che tu sii allegro, senza in niun’atto smarrirti, e siccome ubbriaco jeri patteggiasti di sorbire il Mare, così voglio ora, che arditamente dichi. Venga la mensa, pongasi la tovaglia, rechensi i bicchieri, o tazze, e mostrinsi i coppieri, che l’acqua marina mi porghino; e quando tu vedrai già quivi molto popolo esser radunato a vedere tanto spettacolo, e già esser ogni cosa apparecchiata, allora tu, commodamente assettato, e comanda, che s’incominci a dar da bere; finalmente, avendo tu in mano il tazzone pieno, voglio, che a`d alta voce tu dichi, sì che ogn’uno ti senta, queste parole, volgendoti prima a colui, che tiene i pegni. Dimmi, che patti abbiamo fra noi? egli senza dubbio risponderà, aver patteggiato di bere tutta l’acqua del Mare. Allora voltati al popolo, e dì così: Gentil’uomini Samj, o voi altri uomini da bene, voi sapete, che nel Mare molti, e molti gran fiumi continuamente corrono, io solamente ho promesso di bere l’acqua del Mare, ma non già l’acqua de’ fiumi, che nel continuo entrano in esso, per tanto è cosa giusta, e convenevole, che cotesto scolare, con cui sonomi in questo modo convenuto, prima i fiumi, che vanno nel Mare divertisca, o fermi, e poi subitamente beverò quant’acqua il Mare contiene. Piacque a Xanto il partito e parvegli un sottilissimo, ed astuto rimedio, il quale era un ragiro a sciogliere i patti, ovvero, che colui accettasse un’impresa, come la sua impossibile; onde spogliatosi d’ogni anzioso affanno, che ’l cuore gli premeva, riempissi tutto di giojosa allegrezza. Or essendo a quel maraviglioso spettacolo, il popolo convenuto. [p. 53 modifica]Xanto disse, e fece quello che Esopo l’aveva consigliato. Per la qual cosa lo scolare, a mal partito preso, gittossi a’ piedi del maestro, umilmente supplicandolo, che volesse dal convenuto patto ritirarsi. Di ciò tutto il popolo cominciò a ridere, e ne fu il Filosofo molto commendato, il quale a gran preghiere di molti gentil uomini contentossi di far grazia allo scolare, e disfare, ed annullare la convenzione, ed il suo anello ripigliarsi indietro.