Vite dei filosofi/Libro Sesto/Vita di Monimo

Questo testo è completo.

Diogene Laerzio - Vite dei filosofi (III secolo)
Traduzione dal greco di Luigi Lechi (1842)

Libro Sesto - Vita di Monimo

Informazioni sulla fonte del testo

◄

Libro Sesto - Vita di Diogene

Libro Sesto - Vita di Onesicrito

►

[p. 39 modifica]

CAPO III.

Monimo.

I. Monimo siracusano, discepolo di Diogene, fu, secondo Sosicrate, famigliare di un cambiatore corinzio. Venendo frequentemente da costui quel Seniade che aveva comperato Diogene, e raccontandone le virtù, sia d’opere che di parole, fece innamorar Monimo di quello. Il perchè ad un tratto fingesi pazzo; getta qua e colà le piccole monete e tutto l’argento ch’era sul banco; tanto che il padrone lo licenziò. Ed egli subito fu di Diogene. — Spesso accompagnava anche Crate, il cinico, e co’ siffatti bazzicava, onde il padrone, che lo vedeva, stimavalo pazzo tanto di più.

II. E divenne uomo celebrato a tale, che anche il comico Menandro fa memoria di lui. In qualche suo dramma pertanto, cioè nell’Ipponico, disse così:

     Sapient’uomo, o Filone, era un tal Monimo,
     Ma più oscuro; nè aveva una bisaccia,
     Ma tre bisacce. Pur costui, per dio,
     Non fea suonare alcun motto conforme
     Al conosci te stesso, o ad altri tali
     Romoreggianti. Sordido, mendico
     Tali cose ei neglesse; poichè quanto
     Noi concepiamo tutto esser fumo disse.

[p. 40 modifica]— Fu egli costantissimo nel disprezzare la gloria, e nell’eccitare con forza al vero.

III. Scrisse opere scherzose, mescolate ad un serio ascoso; due degli Appetiti, e un Esortatorio.