A Ggesù Ssagramentato

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Giuseppe Gioachino Belli

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La carità La cassa de sconto
Questo testo fa parte della raccolta Sonetti romaneschi/Sonetti del 1834

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A GGESÙ SSAGRAMENTATO

     Ggesù mmio, pe’ li meriti der pranzo
De le nozze de Cana, e in divozzione
De la vostra santissima passione,
Esaudite sto povero Venanzo.

     Date la providenza ar mi’ padrone,
E ffate, o bbon Gesù, cch’abbi uno scanzo,1
Da potemme2 pagà cquer che jj’avanzo
Pe’ èsse3 stato co’ llui troppo cojjone.

     Dateje la salute, o Ggesù mmio,
Acciò nun crepi cór mi’ sangue addosso,
Cosa da famme arinegacce4 Iddio.

     E ppe’ cquesta preghiera che vve faccio,
Dateje presto un cappelletto rosso,
Eppoi l’eterna grolia, o l’infernaccio.

1 dicembre 1834.

Note

  1. Abbia un propizio intervallo di tempo. [Da scanzà, scansare. E propriamente si dice di un breve intervallo tra il cessare e il ricominciar della pioggia. Largo o slargo nell’Umbria.]
  2. Potermi.
  3. Per essere.
  4. Da farmi rinnegarci.