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A vvoi de sotto

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Giuseppe Gioachino Belli

1837 Indice:Sonetti romaneschi VI.djvu sonetti letteratura A vvoi de sotto Intestazione 1 gennaio 2025 75% Da definire

Li scopatori imbrojjati Er padrone padrone
Questo testo fa parte della raccolta Sonetti romaneschi/Sonetti dal 1828 al 1847

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A VVOI DE SOTTO.[1]

     S’aricconta ch’un frate zzoccolante,
Grasso ppiù der compar de sant’Antonio,
Ner concrude[2] una predica incarzante
Sull’obbrighi der zanto madrimonio,

     Staccò er Cristo dar pùrpito, e ggronnante
De sudore strillò ccom’un demonio:
“Eccolo, e vve lo dico a ttutte quante,
Eccolo su sta crosce er tistimonio.

     Io mo lo tiro in testa inviperito
A cchi ss’è ppresa er bèr gusto, s’è ppresa,
De temperà ppiù ppenne a ssu’ marito.„

     A cquell’atto der frate ’ggni miggnotta...
’Ggni donna, vorzi dì,[3] cche stava in chiesa,
Arzò le mano[4] pe’ pparà la bbotta.

23 dicembre 1837.

Note

  1. [A vvoi d’avanti era il grido, oggi quasi del tutto fuor d’uso, col quale i cocchieri e i vetturini avvertivano la gente. Il Belli lo muta spiritosamente in ’A vvoi de sotto’, per adattarlo alla vecchia storiella, raccontata nel sonetto.]
  2. Non concludere.
  3. Volli dire.
  4. Le mani.