Adiecta (1905)/III/XLI

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Hunyadi Jànos

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HUNYADI JANOS

Alla memoria del Signore

Andrea Saxlehner.

     Non più anelanti a i pascoli latini
le barbare cavalle Attila caccia;
rivisse il fior de gì’ itali giardini
          4su la sua traccia.

     Tacque indarno il deserto e crebbe l’erba
dove l’alta Aquilea fumando giacque;
da le fecondi ceneri superba
          8Venezia nacque.

     Il Danubio lavò le curve spade
grondanti di gentil sangue romano,
ma di quel sangue mai goccia non cade
          12versata invano,

     e con le stille che tingevan l’onde
de ’l pescoso Tibisco e de la Drava
di Roma il fato a fecondar le sponde
          16barbare andava,

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     e di messi la steppa e di vitigni
rise, ed a ’l sol che civiltà conduce
i biechi de i mongoli occhi sanguigni
          20vider la luce;

     né più l’Europa giudicò minaccia
ma baluardo de’ magiari il petto,
quando il Corvino alzò la spada in faccia
          24a Maometto;

     né più imprecò il latino in val di Pado
a i varchi onde calò di Dio il flagello,
ma l’unno che morì sotto Belgrado
          28disse fratello.

     Oh, benedetto il suol che trepidava
sotto il galoppo de la santa schiera
se il vincitor Giovanni alto levava
          32la sua bandiera!

     Oh, benedetto il suol che de la buona
ausonia civiltà reca le impronte
se de l’Unnìade in nome a noi sprigiona
          36salubre un fonte

     ne ’l cui salso licor Natura mise
le virtù sue più santamente buone,
se più genti salvò che non ne uccise
          40Napoleone.

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     Canti a gli sciocchi gli epinìci suoi
chi l’umile bontà sprezza e deride
o novera tra i grandi e tra gli eroi
          solo chi uccide:

     dica l’alta epopea le stragi orrende,
le città divampanti e combattute;
modesto io canterò l’acqua che rende
          vita e salute.

     Altri faccia sonar strofe ammirande,
ch’io dirò sottovoce il canto umìle
e il cantor degli eroi sarà più grande,
          io più civile.