Annali d'Italia dal principio dell'era volgare sino all'anno 1750/333

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Anno 333

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Anno di Cristo CCCXXXIII. Indizione VI.
SILVESTRO papa 20.
COSTANTINO imperadore 27.
Consoli

FLAVIO DELMAZIO e ZENOFILO.

Quelle leggi e que’ fasti, ne’ quali in vece di Delmazio si legge Dalmazio, s’hanno da credere alterati dai copisti ignoranti ed avvezzi a chiamar Dalmazia quella che negli antichi secoli era appellata Delmazia, siccome apparisce da varie iscrizioni militari nella mia Raccolta3336. Nelle medaglie3337 poi troviamo conservato il di lui vero nome Delmazio. Alcuni han creduto questo Delmazio fratello di Costantino, ma di altra madre. Oggidì opinion più ricevuta è ch’egli fosse figlio di un fratello di Costantino, nè andrà molto che il vedremo decorato col titolo di Cesare. Nel dì 7 d’aprile fu conferita la carica di prefetto di Roma a Publio Optaziano3338 creduto dal Tillemont3339 quel medesimo Publio Optaziano Porfirio che compose in acrostici il panegirico di Costantino. Ma poco durò il suo impiego, perchè nel dì 10 di maggio gli succedette Ceionio Giuliano Camenio. Fra i tre figliuoli dell’Augusto Costantino, l’ultimo era Costante, nato circa l’anno 320. Al pari degli altri due fratelli fu anch’egli nel dì 25 di dicembre dell’anno presente creato Cesare3340. Nelle altre medaglie e nelle iscrizioni si trova chiamato Flavio Giulio Costante. Abbiamo da san Girolamo che terribilmente infierì nella Soria e Cicilia la carestia colla mortalità d’innumerabili persone. Di questa orrida fame, che afflisse tutto l’Oriente, parla anche Teofane3341, dicendo che un moggio di grano costava allora un’incredibile prezzo; e che in Antiochia e Cipri le ville altro non faceano che saccheggi sulle vicine, e buon per chi avea superiorità di forze. Racconta ancora Eunapio che in non so qual anno si patì penuria di grano in Costantinopoli, perchè i venti contrarii impedivano ai legni mercantili l’abbordare a quel porto. Trovavasi allora in gran credito alla corte di Costantino Sopatro, filosofo platonico, ito colà per frenare l’impetuosità di Costantino in distruggere il paganesimo. Ma, venuto un dì in cui mancò il pane alla piazza, infuriata la plebe con alte grida cominciò ad esclamare contra di Sopatro, con dire ch’egli era un mago, ed incantava i venti, affinchè non arrivassero i vascelli del grano. Zosimo3342 pretende che questa fosse una cabala di Ablavio prefetto del pretorio, al quale non piaceva tanta familiarità di quel [p. 1199 modifica]barbone coll’imperador Costantino. Nientedimeno si può credere che di gran conseguenza non fosse il favore goduto da costui; imperciocchè Costantino permise che l’infuriata plebe il mettesse a pezzi, forse, come vuole Suida, per far conoscere l’abborrimento suo al paganesimo. Si può anche riferire a questi tempi ciò che lasciò scritto Eusebio3343, cioè tanto essere salito in riputazione l’Augusto Costantino, che da tutte le parti della terra erano a lui spedite ambascerie. Ed egli stesso attesta d’aver più volte osservato alle porte del palazzo imperiale le varie generazioni di Barbari, fra’ quali specialmente i Blemmii, gli Indiani, gli Etiopi, tutti venuti per inchinare un così glorioso e temuto monarca. Il vestir loro, la capigliatura, le barbe, tutte erano diverse. Terribile il loro aspetto, e la statura quasi gigantesca. Rosso il colore d’alcuni, candidissimo quello d’altri. Portavano tutti costoro dei regali a Costantino, chi corone d’oro, chi diademi gioiellati, cavalli, armi ed altre specie di donativi, per entrare in lega con lui, e stabilir seco buona amicizia. Più era poi quello che il generoso principe loro donava, rimandandoli perciò più ricchi di prima, e contenti a casa. Oltre a ciò, i più nobili fra que’ Barbari soleva egli affezionarsegli, decorandoli con titoli ed ammettendoli alle dignità romane: dal che veniva che la maggior parte d’essi, non curando più ritornarsene alla patria, si fermava ai servigi del medesimo Augusto. E tale era la politica di Costantino, il cui cuore non si trovava inquietato dalla dannosa insaziabilità de’ conquistatori, ma bensì nobilmente bramava di far godere un’invidiabil pace e tranquillità a tutti i sudditi del suo vasto imperio: lode non intesa dal maledico Zosimo3344, che quasi gli fa un reato, perchè desistè dalle guerre. E di questa sua premura di far godere la pace ai suoi popoli un bel segno diede, allorchè Sapore re della Persia (se crediamo a Libanio3345), in occasione di inviargli una solenne ambasciata, gli dimandò una gran quantità di ferro, di cui niuna miniera si trovava in Persia, col pretesto di valersene per far guerra ai lontani. Tuttochè Costantino conoscesse che questo ferro potea un dì servire contro i Romani, pure, per non romperla con quel re, che parea disposto a far guerra, ne permise l’estrazione, assicurandosi coll’aiuto di Dio di vincere anche i Persiani armati, se l’occasion veniva. Della stessa ambasciata fa menzione Eusebio3346, siccome ancora della suntuosità de’ regali passati fra loro, e della pace di nuovo assodata fra i due imperii. Aggiugne che un motivo particolare ebbe il piissimo Costantino di mantener buona armonia con quel re, perchè la religione di Cristo avea stese le radici fino in Persia; ed egli, siccome protettor d’essa, non volea che i cristiani di quelle contrade restassero esposti alla vendicativa barbarie del re persiano. Anzi abbracciò egli questa congiuntura per iscrivere a quel regnante una lettera, a noi conservata da Eusebio e da Teodoreto3347, in cui, dopo aver esaltata la religion de’ cristiani, come sola ragionevole e protetta da Dio, raccomanda a quel re i fedeli abitanti nel di lui regno. Il Gotofredo3348 e il padre Pagi3349 mettono sotto quest’anno lo studio di Costantino, affinchè si distruggessero i templi e gl’idoli più famosi del gentilesimo, come si ricava da san Girolamo3350 e da altri antichi scrittori.